"Coraggio"

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Doveva averlo capito, ormai, che c'era qualcosa che mi turbava in quel periodo.

Magari mi avrebbe dato l'occasione giusta per confessarlo, una volta per tutte.

Dovevo solo...aspettare. Aspettare che fosse lui a chiedermelo.

Dove lo avrei trovato il coraggio, altrimenti?

Io non ho mai avuto coraggio.

...

La sua figura - in genere così rassicurante, ed ora così...diamine, come poteva LUI rendermi nervosa?! - era lì.

Era seduto sul letto accanto a me, gli occhi fissi sui miei in uno sguardo serio e preoccupato.

Aspettava. Aspettava una risposta da poter leggere nella mia espressione fintamente confusa.

Fintamente, sì, perché la verità è che sapevo benissimo cosa stava per chiedermi.

Ugualmente, sapevo anche cosa avrei dovuto rispondere.

Ci avevo pensato per giorni, come avrei potuto non saperlo?

Ma forse era proprio quella risposta a preoccuparmi.

"Ultimamente..." iniziò lui, interrompendo la serie pensieri spezzati che stavano ambiguamente tentando di calmarmi. 

Lo incitai a continuare con un'occhiata curiosa.

Mi prese le mani fra le sue, più grandi, in una stretta leggera, quasi come fossi fragile al tocco.

"Ultimamente mi sei sembrata sempre più presa dai tuoi pensieri e...non mi sembravi felice. Tesoro, ti prego, dimmi: c'è forse qualcosa che non va?" esordì infine, supplice.

In un modo in cui solo un padre potrebbe apparire.

Una lacrima scendeva lenta sul suo volto.

Ma ero più interessata a bloccare le mie.

Sapevo cosa dovevo dire.

Io avrei tanto, con tutto il mio cuore, voluto dirlo.

Papà, sono lesbica.

Una semplice frase, chiara e coincisa.

Facile, no?

Lo era così tanto nel mio immaginario.

Eppure in quel momento si rivelava tremendamente difficile.

Tremendamente audace.

Ma l'avevo aspettato da tempo, quel momento.

Quindi perché?!

Perché non riuscivo comunque a parlare?!

No...

La domanda più giusta sarebbe come avrei mai potuto anche solo sperare che qualcuno mi comprendesse e mi accettasse, se nemmeno io ci riuscivo?

Il punto è che avevo appena realizzato che non ci fosse niente da dover accettare in me.

Lo avevo capito solo nel momento in cui mi era stata messa davanti l'opportunità di dichiararlo.

Non mi sarei dovuta preoccupare di accettarmi.

Bastava non farlo.

Ma restava il fatto che avrei davvero voluto dirlo.

"Papà, io sono..." 

E quindi ci provai.

E magari, se ce l'avessi fatta, sarebbe tutto andato meglio.

"...sono solo stressata dalla scuola, siamo a maggio dopotutto" 

Ma non ce l'ho fatta.

Ma non importa.

In fondo, io sono sempre scappata.

Ora anche da me stessa.

Ci sono abituata.

Io non ho mai avuto coraggio.



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Angolo autrice:

Buongiorno a tutti! Questa è la prima storia che decido di pubblicare, prendetela più come un esperimento (how to pararsi il culo in caso di misero fallimento, lol). Specifico che la storia non parla di me, né di qualcuno che conosco, ma è solamente il risultato di un momento di riflessione fine a sé stesso.

Vi prego di farmi notare tranquillamente ogni tipo di errore, grammaticale o checchessia.

Grazie per aver letto! Alla prossima, se ci sarà c:

-Var_G_as

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