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Mi svegliai. Quella era una mattina d'estate normale, di un giorno normale, di una settimana normale, di un mese normale, di un anno che presto sarebbe diventato unico.

Aprii le tende e spalancai la finestra per far prendere aria alla stanza. Mi cambiai e feci colazione con latte e cereali, nonostante la mia età quella rimarrà per sempre la mia colazione ideale. Lavai i denti e mi sedetti sulla poltrona in soggiorno a leggere un libro.
Starnutii dopo poco. Quel libro era pieno di polvere perché tenuto sulla mensola per troppo tempo.

«Salute.»
«Grazie.», risposi alla voce che aveva parlato.

Passarono alcuni secondi prima che mi rendessi conto di ciò che era appena successo.
Alzai lo sguardo dal libro e trovai una figura vestita di nero che mi osservava da un angolo della stanza.

«Salve», salutò l'uomo.

Ci fu un attimo di silenzio che precedette la mia corsa in cucina nella speranza di trovare un arma.
La figura mi seguì tranquilla, ed io feci solo in tempo ad afferrare una padella prima che lui mi raggiungesse.

«CHI SEI?! COSA CI FAI IN CASA MIA?! Rispondimi o chiamo la polizia!», dissi con la stessa tranquillità di quando vedo un ragno sul mio letto.

Senza fare caso alla padella e al mio tono di voce, rispose: «Il mio nome è...», e poi disse una parola che ancora oggi fatico a capire.
Assomigliava molto al rumore prodotto dallo scartavetrio di una carta da caramella schiacciata dalla ruota di una bicicletta.

«Cosa hai detto?», domandai confusa.
«È una parola incomprensibile per voi terrestri, ma essenzialmente equivale al vostro termine " carneficina".»

«Oh, capisco, certo, quindi tu non sei un terrestre... E cosa saresti?», chiesi.
«Sono un...», e anche qui non capii bene, ma qualsiasi cosa avesse detto aveva tutta l'aria di essere importante.

«Esattamente... Che cosa significa?», domandai più impaziente che curiosa.
«Nella vostra lingua significa essenzialmente " dominatore ".», rispose cordialmente.

Osservai l'uomo che avevo di fronte. Alto, capelli neri, occhi rossi nascosti dietro un paio di occhiali dalle lenti squadrate, e vestito con un'elegante smoking nero. In un'altra occasione avrei pensato lavorasse come avvocato o fosse un'importante uomo d'affari, ma data la situazione si potevano facilmente escludere queste opzioni.

«Come hai fatto ad entrare in casa mia?»
«Sarei passato dalla finestra. Spero di non averle causato qualche problema.», rispose.

«Ok, ricapitolando, tu sei un dominatore, ti chiami Carneficina e hai fatto irruzione in casa mia passando dalla finestra.»
«Detto così sembra che io abbia fatto qualcosa di grave.», disse lui.

«Facciamo una cosa, lei mi dia il numero del manicomio da cui è scappato e io le prometto di dire al suo psichiatra che si è comportato bene.»

Lui mi squadrò dalla testa ai piedi e disse: «Non provengo da alcun manicomio né tanto meno ho uno psichiatra.»
«In questo caso sarà meglio procurargliene uno al più presto.», e detto questo mi affrettai a comporre il numero della polizia e attesi.

Non l'avessi mai fatto, Carneficina estrasse dalla tasca una pistola e me la puntò contro.

«Se non posa subito quell'oggetto sarò costretto ad ucciderla.», disse lui con quella tranquillità che iniziava a spaventarmi.

«OK, Ok, VA BENE», urlai io spaventata. «MA TU METTI VIA QUELLA PISTOLA.»

Lasciai la telefonata in corso e posai il cellulare dalla cover rossa sul tavolo lì vicino, mentre lui abbassava e rimetteva in tasca la pistola.

«Mi perdoni per i miei modi bruschi, ma preferirei non far sapere a nessuno della mia attuale posizione.»
«Che cosa vuoi da me?», dissi io cercando di mantenere il controllo.

Con un po' di fortuna qualcuno dall'altro capo del telefono avrebbe risposto alla chiamata capendo la situazione.

«Ospitalità.», rispose Carneficina.

«Vuoi che io ti ospiti a casa mia? Per quanto?», chiesi.
«Fino a quando non saprò tutto di questo pianeta. A quel punto riuscirò a vivere da solo e potrò decidere se rimanere o se distruggere questo posto.», rispose lui.

«Distruggere?!», domandai incredula.
«Sì, proprio come gli altri pianeti che non mi sono piaciuti.»

«Ahah, divertente questo scherzo, mi ha fatto perdere tempo prezioso. La prossima volta fatelo ai carabinieri, loro sicuramente ci cascano.», disse la voce dall'altro capo del cellulare.

Si senti il suono della telefonata interrotta, e poi silenzio.
Mi si gelarono le interiora.

«Lei mi crede un pazzo giusto?», domandò lui, e io annuii.

«È convinta che io sia venuto qui per farle del male, ed è ovvio che sia spaventata», continuò. «ma deve credermi signorina Silvia, con me non avrà nulla da temere.»

«Come sai il mio nome?», chiesi io.
«Me lo disse anni fa vostra madre.», rispose lui.

«Non ti sei informato molto bene, mia madre è morta quando ero ancora piccola.»
«No, sua madre è morta cinque anni fa sul mio pianeta natale. Fu lei ad insegnarmi il vostro linguaggio e tutto quello che so su di voi.»

«Come posso crederti»
«Non deve farlo per forza se non vuole, a me basta poter stare qui.», disse. «Le assicuro che non le procurerò alcun problema, se non per fraintendimento.»

«Mia madre si fidava di te? Ho bisogno di una prova che mi garantisca che quello che stai dicendo è vero.», insistetti io cercando di guadagnare tempo nella speranza che un'idea per la fuga mi venisse in mente.

«Mi disse che se fossi andato da sua figlia lei mi avrebbe creduto e sarebbe stata felice di conoscermi.», continuò. «A meno che, certo, lei non sia effettivamente la figlia della signora Yuanfen.»

«Il fatto che tu sappia il cognome di mia madre non prova nulla.», risposi freddamente.

«Ma volete fare silenzio? Sto cercando di dormire io!», sbraitò qualcuno.

«C-Chi ha parlato?», domandai cercando la nuova persona con lo sguardo.
«Sono stato io.»

Carneficina iniziò a cambiare aspetto. Lentamente il nero dei capelli fu sostituito con l'arancione e il rosso degli occhi con un verde acceso. I tratti del viso si fecero più morbidi e l'uomo si rimpicciolì fino ad arrivare alla mia altezza.

«Che hai da guardare?», domandò quella nuova figura.

«Oh, ho capito, questo è un sogno.», esclamai riuscendo finalmente a capire qualcosa.

«Ma sei pazza? Non lo è.»

Provai a volare, a volte lo facevo quando stavo nella dimensione onirica, ma non ci riuscii. Probabilmente la mia mente non era ancora del tutto cosciente di trovarsi in un sogno.

«Le persone non cambiano aspetto.», gli feci notare per sottolineare la cosa.
«Gli umani non lo fanno.», ribatté lui.

«Ok, come vuoi tu.», scacciai via la questione. «Dato che è un sogno puoi rimanere qui quanto ti pare.»

Tornai in soggiorno e ripresi tranquillamente la lettura del libro, aspettando di svegliarmi. Rimasi così per qualche ora, finendo con la lettura per dimenticare l'uomo nell'altra stanza.

"Dio esiste, ma non ti ama.", recitava il grosso libro polveroso che stringevo in mano.

Questa è una delle frasi più fredde che io abbia mai letto. Non credo in nessuna divinità, ogni evento ha una spiegazione scientifica. Nonostante questo, io, leggendo questa frase sento dentro di me un vuoto tale da farmi dubitare che prima ci fosse effettivamente qualcosa a colmarlo.

Forse questo sogno ha un qualche significato profondo, il mio subconscio ha deciso di pensare a quella frase, di mettere su questa recita. Magari questo mi aiuterà a liberarmi del mio blocco di scrittura.



Mi sarebbe molto di aiuto se commentaste durante la lettura dei capitoli, così saprò la vostra opinione e come potrei migliorare il modo di scrivere.☆

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