Capitolo 4

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Amaya scese dal letto, si lavò la faccia, si preparò il caffè e accese la televisione per avere un po' di compagnia. La sua routine non cambiava mai.
Leggings, felpa larga ed era pronta per uscire.
Percorse la stessa strada di sempre, fino a quando vide un volto troppo familiare.
Amaya si bloccò, sperando di non essere notata,tirò sù il cappuccio della felpa per nascondersi.
"Amy, che piacere rivederti" disse Philip avendola riconosciuta ugualmente.
"Ciao" rispose lei
"Scusami Philip, sono in ritardo e devo andare"
"No, ti prego aspetta" e Philip fece un grosso sbaglio, le afferrò il braccio, per non farla scappare.

Un gesto che di per sé non era nulla di che le causò un brivido che le percorse la schiena. Di colpo la sua mente tornò a quella notte dell'anno precedente.

Agosto, torrido.
Una coltre di nubi faceva da cappa quel giorno, non un refolo d'aria soffiava.

Lei e Philip erano in macchina, erano andati a ballare con un paio di amici, sarebbe dovuta essere una serata amichevole, tranquilla, piena di risate. Invece, la serata si concluse in macchina, con Amaya che piangeva e con il mascara ormai sparso ovunque sul suo viso.
Philip,seduto sul sedile del conducente stringeva il volante come se fosse l'unica cosa che avesse potuto salvarlo in quel momento, con gli occhi puntati su un orizzonte ormai scomparso "Ma come puoi averlo fatto? Ballavi così solo perché qualcuno ci provasse con te, sei una puttana".

Le parole di Philip ci misero un istante in più ad arrivare al suo orecchio,come se si trattasse di un eco lontano, come se il cervello di lei cercasse di tradurre quelle parole.
Gelo. Lei pietrificata, immobile sul sedile anteriore.
Come poteva una persona essere così meschina?
Amaya lo guardò e un bruciore le percorse i polmoni,espandendosi ovunque.

Pianse, pianse per sé, per il commento e per aver capito che tipo di persona aveva condiviso la sua vita.Intanto l'incendio dentro di lei divampava,insieme alla rabbia, che però restava sepolta tra le lacrime amare.
Lui, nero dalla rabbia continuava ad urlare, a tremare, a sbattere le mani sul volante in preda a uno scatto d'ira.

"Ma lo capisci? Lo vuoi capire?" continuava ad urlare, sbattendo forte le mani, continuando a urlarle in faccia che avesse sbagliato.

Ad ogni battito Amaya si feceva sempre più picccola e si rifugiò dentro di sé, chiuse la porta del suo cuore a doppia mandata e lo lasciò fuori, rifugiandosi in un posto lontano. Amaya lo guardava terrorizzata e trattenne un respiro, sentendo dentro di sé un vecchio istinto "Combatti o fuggi"; ma non c'era nulla da fare, lei sarebbe dovuta scappare, ma la paura la pietrificava.
In brivido le scivolò dietro la schiena "E se mi picchiasse?" si disse.
"No, Philip non lo farebbe mai" ma lui non era più Philip, era una persona sconosciuta .
La rabbia trasformò il suo viso e lei attese lo schiaffo che tardò ad arrivare.
Lei di ghiaccio, troppo spaventata per muoversi, per respirare scelse di chiudersi in un mondo inesistente e sparire, perché quella sensazione di terrore l'aveva già provata da piccina, quando suo padre sbatteva i pugni sulla porta urlando, mentre sua madre stava accasciata dall'altra parte della porta. Mai più, si era detta.

Un'ultima lacrima le scese lungo la guancia.

Mai più.

Nel segno del capricornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora