Capitolo 5 - Al limite della sopportazione - Hyss

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Hyss

Ormai sapete quanto stavo a cuore agli abitanti di quell'insignificante paesino di New Harmony,  quanto avrebbero voluto non vedermi più. Qualcuno desiderava persino la mia morte, ma ci pensate? Stupidi, ciechi zoticoni.

Ah, non ve l'ho detto? Penso che quel buco di paese dimenticato dall'intera umanità sia tra i più arretrati e rozzi dell'intero pianeta. Non dovete immaginarvi la tranquilla e serena cittadina baciata dalla luce del Sole, entusiasta e attiva, equilibrata e mentalmente dinamica. La modernità, l'industrializzazione, le nuove idee, tutto ciò non è giunto fino a noi, e anche fosse stato avrebbe migliorato alcuni e peggiorato molti altri, come succede con qualsiasi nuovo pensiero che per la prima volta si fa strada nelle menti delle persone. Qualcuno ne rimarrà scosso, qualcuno inizierà a riflettere, qualcuno cambierà persino opinione; qualcun altro, invece, vedrà questo nuovo come un pericolo, si immaginerà uno scenario insopportabile in cui la propria idea, fino a quel momento condivisa e accettata da tutti, svanisce nel nulla. Vedrà l'estinzione del proprio modo di pensare. E cosa farà? Affonderà gli artigli nelle proprie opinioni per paura che scappino via, diventando completamente sordo. Ne farà una questione di vita o di morte, troppo spesso letteralmente.

Comunque, quel branco di capre, da settimane ormai, era dominato dalla rabbia per gli scarsi raccolti e intristito dalla pioggia torrenziale; erano tutti più insofferenti, e indovinate chi vinse il premio per il capro espiatorio più odiato dell'anno? 

Una mattina mi svegliai e, non appena guardai fuori dalla finestra, vidi una versione enorme della mia faccia dipinta su un muro, sbarrata da una grossa X rossa. Minaccia davvero velata, non trovate? Mio padre dimostrò la propria delusione e rammarico a tal proposito, ma ciò non fece che alimentare la fiamma: cominciò ad essere visto come un uomo corrotto, "incapace di vedere il male che risiede nell'anima della figlia", aveva detto qualcuno.

Pochi giorni dopo, quando mio padre andò nel nostro orto, gli si presentò davanti un genocidio vegetale, decine di verdure in tanti pezzi sparpagliati qua e là a formare un insieme confuso di colori e consistenze diverse. Un vero disastro. Decise di non farne una questione e lasciò correre, ma fu lancinante da mandare giù.

Il paese si stava spazientendo, mi vedeva come un pericolo sempre più incombente, anche se non avevo più dato spettacolo da parecchio tempo.

Erano terrorizzati, era insopportabile per loro andare a dormire ogni notte sapendo che, a poca distanza da loro, la malvagità in persona se ne stava tranquilla a confabulare chissà quale diavoleria. Tutto ciò era divenuto assurdo e intollerabile persino per me.

Il culmine non si fece aspettare, anzi: lo feci giungere di mia spontanea volontà, dovevo dare una bella lezione a quegli squilibrati.  

Erano le 6 di sera del 21 Luglio e mio padre era in chiesa a concludere la messa per lui e per il suo pubblico che, ormai da qualche tempo, faceva fatica ad ascoltarlo, vedendo in quel volto gli occhi di un traditore. Sarebbe dovuto tornare a casa alle 8.

Alle 7:30 un fiume di persone avrebbe percorso il sentiero che, dalla chiesa, giungeva sulla strada principale e, dopo saluti e abbracci, ognuno sarebbe tornato a casa propria.

Ebbene, quella sera non andò proprio così.

Uscendo dalla chiesa i loro occhi avrebbero visto nient'altro che oscurità puntinata di stelle, ma lo spettacolo che si mostrò loro davanti fu ben diverso: al centro del prato subito di fronte all'edificio c'era un palo da impiccagione, e un qualcosa di indefinibile a causa dei buio stava dondolando lentamente, mosso dal vento. Non era un cadavere.

Ci furono le prime urla, alcuni coraggiosi ebbero la volontà di avvicinarsi alla massa penzolante. Tutti tacquero, l'atmosfera era bloccata e sospesa, nessuno riusciva a parlare.

Che cos'era? Oh, è così semplice e sciocco: un grosso sacco che dal fondo trasudava un fluido che, colpendo ritmicamente il terreno, stava scandendo quei momenti di silenzio con un ticchettio snervante.

Il sacco fu tirato giù da un omone grande e grosso, che ebbe il privilegio di aprirlo. Le lanterne illuminarono il suo viso che si contorse dal disgusto e dall'orrore.

"Che cos'è? Diccelo! Diccelo!" la mandria stava scalpitando.

Silenzio. Il suo volto era paralizzato, impallidì in un attimo.

"Dicci cos'è!"

L'uomo prese quel sacco e lo scaraventò in mezzo alla folla, che scattante si aprì colta da un istintivo senso di repulsione. La bisaccia, incontrando violentemente il terreno, si squarciò e mostrò il contenuto: pezzi di corpi animali tra cui pecore, cani, gatti, un insieme di zampe e teste grondanti di sangue puzzolente. Un lago rosso stava espandendosi, le grida terrorizzate e i gemiti schifati crearono un unico boato generale. Gente rimase immobile a bocca aperta, gente scappò via, qualcuno si prese la testa tra le mani incapace di distogliere lo sguardo. A molti venne da vomitare.

Si udì un forte cigolio e tutti piegarono la testa verso l'alto. Dal cielo nero cadde la carcassa di un maiale senza vita con inciso New Harmony  sulla sua grossa pancia, squartata da un coltello affilato.

Fu il caos.

Ci furono altre urla, bambini che piangevano terrorizzati, qualcuno svenne.

Vi posso assicurare che quella scena, vista dal tetto della chiesa, era esilarante. Tante formichine spaventate che si scontravano l'una contro l'altra, che avevano perduto il senno.

Mio padre si perse l'intero avvenimento che, alla fine, non durò più di 1 minuto. Uscì dalla chiesa per capire cosa fosse quel trambusto ma, non appena la folla lo vide, tutti gli occhi furono puntati su di lui. Occhi che piangevano, occhi furenti di rabbia, occhi stralunati per ciò che avevano appena dovuto vedere.

"E' stata tua figlia! Che sia maledetta!"

"Ci vuole tutti morti!"

"E' l'inferno la sua vera casa!"

Qualcuno, finito il repertorio di insulti, mi chiamò anche strega, fiero di aver colto nel segno con la propria inesauribile originalità. Ciò che vidi subito dopo non fu più così esilarante. Mio padre si inginocchiò a terra implorando perdono, sopraffatto dal dolore. Lo presero per le braccia e fu travolto dal branco inferocito, per poco non soffocava. Io rimasi immobile, per un millesimo di secondo mi pentii delle mie azioni. Fu picchiato e lasciato lì, a terra, sporco del suo sangue e di quello animale, inerte. Tutti scapparono a casa tralasciando saluti e baci, quella notte fu tra le più silenziose.

Aspettai che tutti se ne fossero andati per poi scaraventarmi da mio padre che, ammaccato e sanguinante, mi rivolse uno sguardo in cui tutti i peggiori sentimenti vi erano concentrati: frustrazione, vergogna, rimprovero, delusione, avvilimento e, la più semplice ma la più distruttiva di tutte, la più profonda e sincera tristezza.

Non vi racconto come trascorsi i giorni seguenti, fui praticamente trattata come una bestia indemoniata, nel viso di mio padre non scorgevo più un minimo barlume di dolcezza.

New Harmony aveva ricevuto un forte scossone, e la reazione non tardò ad arrivare.

La mattina seguente le strade del villaggio erano cosparse di volantini con la seguente scritta:

PAESE IN PERICOLO

Cari compaesani, la sera del 25 Luglio ci riuniremo nella cappella di Sant'Agata.

Faremo convergere le forze verso ciò che è diventato

nemico dichiarato della nostra sacra e umile comunità

-         New Harmony, 22 Luglio 1851


Ho già parlato abbastanza, la morale della favola è che dopo quell'assemblea mio padre fu costretto dall'intero vilaggio ad "esiliarmi". Quel termine confortava gli abitanti che, finalmente, avrebbero dormito sonni tranquilli.

Ed ora eccomi qua.

Nebbia e folliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora