25. Meno di un metro e sbadigli

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Non esistono bugie bianche. Non esistono bugie a fin di bene, niente può correlare una bugia al bene; niente giustifica le bugie, se non l'egoismo. E' troppo difficile ammettere, confessare e fare da parte l'orgoglio: le bugie consentono di nascondersi, di costruire ulteriori bugie, di crearsi un alter ego che non ha problemi, che vive tranquillo, privo di pensieri. Ma la propria coscienza? Come mettere da parte la consapevolezza, la responsabilità, quel senso di bilico? E' come se si decidesse, nella più maniera più masochista possibile, di vivere per un secondo serenamente e poi con il costante terrore della scoperta, ma la mente per qualche assurdo motivo ci convince che niente sia più semplice, neanche la bianca verità.

Peggio delle bugie, però, è nascondere verità. Nascondendo si mente due volte: agli altri e a sé stessi, pensando di poter ignorare completamente il problema, come se non esistesse. Come fronteggiarlo? Come comportarsi se la persona che ci è di fronte non è minimamente preoccupata dalla nostra verità, perché non è a conoscenza dell'alternativa? Non si può, si sopravvive, finché dura.

Dal compleanno di Jared, le cose fra me e Harry erano decisamente cambiate. Ciò che all'inizio era una banale conoscenza, si era rivelata più profonda, un investimento di emozioni comuni talmente importanti da portare Harry a rivelarmi tutto: la gravidanza della sua ex fidanzata, "l'adozione" di suo figlio, le sue paure; nonostante non avessimo raggiunto un livello completo di intimità, era chiaro che lui non si sarebbe mai messo più a nudo di così, perché era impossibile farlo. Si era aperto, come un libro; pagine, fiumi di parole, di confessioni, di liberazione erano fuggiti dalla sua mente e era stato chiaro nelle settimane successive, mentre spensierato viveva il nostro rapporto.

Io d'altro canto, silenziosamente e senza che lui potesse accorgersene, mi ero pentita di averlo forzato a quella confessione: avrei, da un lato, preferito non raggiungere quel livello di intimità, di certezza, di fiducia totale, perché in cuor mio sapevo di non meritarla. Non che volontariamente volessi non meritarlo, ma non avevo ben calcolato il coinvolgimento che avremmo raggiunto, il rapporto e le emozioni.

Rosie sollevò appena gli occhiali da sole quando un ragazzo si schiarì la voce accanto a lei, richiamando anche la mia attenzione e quella di Delilah. Lui ingoiò un boccone vuoto, lasciando trapelare il suo nervosismo, sotto l'occhio stranito, e a tratti indagatore, di noi tre, prima di fingere di ignorare la presenza mia e di Delilah e rivolgersi solo a Rosie.

"Rose, giusto, ti ricordi di me?" chiese titubante, mentre sul volto di Rosie si apriva un'espressione confusa e a tratti infastidita, dovuta all'interruzione di una, per lei, più importante conversazione con le sue amiche.

"Dovrei?" chiese, stizzita, facendo sì che mi portassi la mano alla bocca per coprire il sorriso spontaneo che vi apparve, prima di prendere il mio bicchiere di tè freddo e berlo per non dare nell'occhio, scambiandomi un'occhiata eloquente con Del.

"Sono Jeremy, andavamo alle medie insieme" disse, quasi a voler rimarcare l'importanza di un legame che agli occhi di Rosie era evidentemente inesistente.

"Sono stati anni non degni di nota, forse non ti ricordo per quello" disse infatti, forse un po' in malo modo, ma ormai seriamente infastidita da quel ragazzo, ai suoi occhi, sconosciuto e l'espressione del povero Jeremy cambiò, di fronte ad un chiaro muro davanti a lui.

"Oh" esclamò infatti, sconfitto "volevo solo salutarti perché ti avevo riconosciuta, ma ora tolgo il disturbo visto che sei in compagnia" e rivolse per la seconda volta lo sguardo a noi due, che lo guardammo comprensive.

"Grazie" disse lei, rimettendo gli occhiali da sole, per decretare fine a quello strano scambio di battute "quindi va bene così, andrò avanti e lui può fare ciò che vuole" disse poi, tornando a parlare di Jared.

CANTHARIDE- [H.S. AU]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora