Persa e ritrovata

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Dean... Svegliati Dean.
Aprii gli occhi.
C' era luce, tanta luce.
Pensai di essere morto...
Una parte di me era felice, niente più battaglie, niente più dolore, morte, lacrime...
Ma poi divenni triste, perché non avrei più potuto rivedere Castiel.
Cercai di mettere a fuoco, sopra di me c' era un soffitto azzurrino.
Mi voltai a destra, e vidi un viso famigliare.
Era Castiel, che dormiva, appoggiato ad una sedia.
Aveva il viso stanco, gli occhi solcati, i capelli arruffati.
Lentamente, mi accorsi che la mia mano era calda e sudata, e quando la mossi, scoprii che le sue dita la stavano circondando.
Sorrisi.
"Ben svegliato, soldato!"
Girai il viso, e mi accorsi che non eravamo soli.
C' era una ragazza, avrà avuto la mia età.
Era bella, aveva i capelli rossi e mossi, occhi nocciola, labbra sottili che sorridevano appena.
Mi mise la mano sulla fronte, e disse che ero ancora un po' caldo.
"Aveva ragione il tuo amico alla fine." Esclamò guardandolo riposare.
"Eravamo tutti convinti che non ce l' avresti fatta, ma lui... Non si è arreso neanche per un momento. Diceva che dio aveva altri piani per te."
"Si, è da lui." Risposi, accarezzandogli delicatamente la mano.
"Ma dove sono?" Chiesi confuso.
"All' ospedale di Sant Nicholas. O meglio, in quello che ne rimane. Ti ha portato in spalle fino a qui, sai? Io sono stata la prima ad arrivare... Eri conciato proprio male accidenti, non respiravi nemmeno. Ma lui, sa essere convincente direi. Così ci ho provato. Sembravi un bel ragazzo, sarebbe stato un peccato lasciarti morire. E così ci ho provato."
"Allora grazie, per non esserti arresa... Qual è il tuo nome?"
"Charlie. Charlie Bradbury."
"E' un bel nome... E cosa ci fa qui una ragazza giovane come te? Non hai una famiglia?"
Lei spostò lo sguardo, malinconica.
"Non più." Disse alla fine.
"Mi dispiace... La guerra?"
Lei annui. "Eravamo nella nostra casa, a Londra, quando dal cielo sono cadute le bombe e in un' attimo..." Non riuscì a continuare.
Non sapevo cosa dire. Ne avevo sentite tante di storie così negli ultimi mesi.
Tutti, in un modo o nell' altro, avevano perso qualcuno.
Stesi sul campo di battaglia, seppelliti sotto le loro case, tramutati in cenere dal fuoco...
"Non sono mai stato a Londra, mi sarebbe piaciuto vederla... E' un viaggio lungo, fino a qui. Cosa... Cosa ti ha spinto a venire nel posto più pericoloso del mondo?"
"Penseresti che sono una stupida se te lo dicessi." Rispose lei, arrossendo un poco.
"Mettimi alla prova. Abbiamo tutto il tempo..."
Lei sorrise, poi guardò fuori dalla finestra.
Stava piovendo, e le goccioline battevano sul vetro appannato.
Poi si sedette accanto a me, e mi guardo per qualche minuto.
"Mio padre mi leggeva sempre una storia prima di andare a dormire. Storie di pirati, di principesse dai lunghi capelli dorati, storie di animali enormi e feroci che vivevano nella foresta. Ma le mie preferite erano quelle dei cavalieri. Cavalieri coraggiosi, che sfidavano eserciti, draghi terrificanti, che si sacrificavano e lottavano, per il bene degli altri. E quando... Quando rimasi sola, decisi che sarei diventata uno di quegli eroi. Non potevo combattere, ma potevo aiutare gli altri. Potevo fare la differenza, essere coraggiosa. E l' ho fatto. Sono qui..."
"Non penso che sia stupido, Charlie. Penso ci sia una grande forza in te. Che tu abbia un gran cuore... I tuoi sarebbero felici, se potessero vederti."
"Grazie, Dean... Spero che sia così."
Iniziai a sentirmi stanco, affaticato, e gli occhi iniziarono a chiudersi di nuovo.
Strinsi la mano di Castiel, mi confortava sapere che era li con me.
"Raccontami una storia Charlie... Come faceva tuo padre con te."
Lei rise. "Va bene, Dean Winchester."
"C' era una volta, in una terra molto lontana..."

Il giorno dopo, mi sentivo più in forze, riuscii perfino a mangiare qualcosa,
così decisi di fare qualche passo per l' ospedale.
Castiel mi camminava vicino, con le braccia tese, come se dovessi cadere da un momento all' altro e volesse essere pronto a prendermi.
C' erano molti feriti, soldati e civili, in quel piccolo ospedale.
Ogni tanto Castiel si fermava a benedire un ragazzo, o a confortare una madre.
E ogni volta sorridevo.
Nonostante mi avessero sempre insegnato a credere in dio, da quando era iniziata la guerra mi era sempre più difficile farlo.
Ma credevo in Castiel, nella sua forza, e in qualche modo la sua fede dava forza anche a me.
Mentre camminavamo, vidi in lontananza qualcosa che sulle prime, non mi sembrò possibile.
Ma più avvicinavo, più mi resi conto che lo era.
La riconobbi per il suo cappottino verde, usurato dal fango e dal sangue.
Era china su una donna bionda, la stessa a cui l' avevo affidata.
E come il giorno in cui la vidi per la prima volta, piangeva sul corpo di una madre morente.
Erano cose come queste, a rendermi difficile credere in dio.
Mi avvicinai lentamente, finchè lei si voltò un attimo, ed i suoi occhi azzurri catturarono i miei.
Aveva ancora la catenina con l' uccellino che le avevo donato, luccicava sul suo maglioncino rosso.
Mi guardò a lungo, prima di riconoscermi.
Poi saltò giù dal letto, correndomi incontro.
Mi inginocchiai, e la presi tra le braccia, tenendola stretta, come quel giorno lontano.
"D-Dean..." Disse lei, balbettando.
Aveva gli occhi gonfi dal pianto, così puri e profondi da sembrare un lago.
Le diedi un bacio sulla fronte, e facendo un grande sforzo riuscii ad alzarmi in piedi.
La riportai sul letto, e lei si sedette accanto alla donna, che debolmente aprì gli occhi, cercando il suo corpo con le braccia tremanti.
Quando lo trovò, fece un respiro di sollievo.
La piccola la scuoteva, dicendo qualcosa che non riuscivo a capire, ma riconobbi il mio nome, tra le tante parole senza senso.
La donna aprii di più gli occhi, mettendomi a fuoco.
Dall' espressione che fece, sembrò che avesse di fronte un fantasma.
"Dean... Dean Winchester. Sei qui." Sussurrò a fatica.
Annuii, prendendole la mano.
I suoi occhi si velarono di lacrime.
"Mi dispiace... Non ho potuto... Proteggerli. I miei bambini... I miei poveri bambini."
"Va tutto bene." Risposi, stringendole di più la mano. "Hai fatto tutto quello che potevi, so che è così."
"Non è bastato..."
Si mise a tossire con forza, e dalla sua bocca iniziò ad uscire del sangue.
"Abigail..." Mi disse. Poi guardò la piccola, mentre le accarezzava il volto bagnato.
"Devi pensarci tu adesso. Io non ho più la forza, per proteggerla..."
Abigail. Era questo il suo nome...
Per tanto tempo, mi ero chiesto quale fosse.
Avevo un nodo alla gola.
Non sapevo cosa fare... Avevo istaurato un legame con quella bambina, anche se non ne capivo il motivo.
Sentivo di doverla proteggere...
Ma come avrei potuto fare? Non potevo certo portarla con me.
E sapevo cosa facevano ai disertori.
"Io... Io devo combattere..." Balbettai, con le lacrime agli occhi.
"E chi combatterà per lei?"
Ricominciò a tossire con più forza, mentre il sangue usciva copiosamente, macchiando i vestiti.
Fermai un dottore con il braccio, e gli urlai di fare qualcosa.
Lui la guardò e scosse la testa.
"Non c'è più niente da fare, purtroppo. Le sue ferite sono troppo gravi. Le abbiamo dato della morfina per il dolore, adesso possiamo solo lasciarla andare..."
Mi diede una pacca sulla spalla, e se ne andò.
Rimasi fermo, senza sapere cosa fare.
Lasciarla andare... Fu allora che capii.
Chiamai Castiel.
Gli chiesi di benedirla, affinchè morisse in pace.
"Vai dai tuoi figli adesso... Penserò io ad Abigail, in un modo o nell' altro."
La vidi sorridere, mentre i suoi occhi si chiudevano.
Castiel le disegnò con le dita una croce sulla fronte, e disse una preghiera per lei.
Non riuscivo più a credere in quelle parole, ma speravo che lei lo facesse.
Aveva già perso tutto in vita, meritava almeno di morire serena, con una speranza a cui aggrapparsi.
Morì qualche istante dopo.
Presi Abigail tra le braccia, e aiutato da Castiel, tornai nel mio letto.
Lei piangeva, e non avevo parole per alleviare la sua pena.
Era troppo piccola per capire, qualcosa che nemmeno io riuscivo a comprendere.
Come si può perdere due madri in così poco tempo?
Come si può soffrire così tanto, in vita così breve?
Feci l' unica cosa che mi sembrò giusta, la stessa che faceva mia madre con me...
La cullai fra le braccia, baciando le sue lacrime.
Le cantai una vecchia ninna nanna, e le rimboccai le coperte.
Ero così stanco, così stanco della sofferenza, e soprattutto di non poter fare niente per fermarla.
Ci vollero alcune ore prima che la piccola si addormentasse, sfinita dal pianto, cullata dalla mia voce.
Castiel ci teneva stretti entrambi, come a volerci proteggere, e per un attimo, le sue grandi braccia sopra di noi mi sembrarono due ali...
Mi alzai molto dopo, quando Abigail ormai dormiva serena.
Andai verso la finestra, a guardare la pioggia che scendeva, costante e leggera, indifferente a tutti i nostri problemi.
Castiel mi seguii, e si appoggio con il volto alla finestra.
"Stai bene kansas?"
"No... Sono stanco Cas, così stanco. Tutto questo dolore che mi strazia il cuore, questo peso enorme nel petto, che sembra debba schiacciarmi... Spariranno mai? Finirà mai tutto questo?"
"Un giorno... Un giorno la guerra finirà, ed il sole sorgerà di nuovo, sui campi di casa tua, e tu sarai li. So che è così."
"Come fai a saperlo?"
"Perché l' ho visto, in un sogno..."
"Vorrei che fosse vero Cas... Non sai quanto. E vorrei che tu potessi essere li con me."
"Ci sarò. In qualche modo."
"Cosa vuoi dire?"
"Non ha importanza adesso... Non è ancora finita. Dovremmo combattere ancora tanto, prima che lo sia."
"Lo so... Vorrei solo un segno Cas, una speranza a cui aggrapparmi, per andare avanti. Qualcosa di bello, in cui rifugiarmi quando tutto il resto crolla."
Castiel mi guardò a lungo, sospirando.
Aveva lo sguardo malinconico, ma carico di dolcezza, e un sorriso che scaldava il cuore.
Si avvicinò lentamente a me, prendendomi il viso tra le mani.
"Possa questo accompagnarti, nei momenti più bui." Disse.
Poi si chinò su di me, baciandomi sulle labbra.
Mi sentii travolgere da un' emozione indescrivibile, forte come la corrente del fiume che ti trascina via.
Avevo baciato in kansas, ed ero stato baciato, ed ogni volta era stato bello. C' era stata tenerezza, e passione, risate in estate ed abbracci d' inverno.
Ma questo era... Luce pura.
Una luce accecante che squarcia il buio.
Le sue labbra così morbide e calde, che si chiudevano sulle mie, restando appoggiate ad esse, come se ci fossero sempre state.
Come se dovessero rimanerci per tutta l' eternità.

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