Prologo

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"Sono morta. Mi guardi: cammino, parlo, cucino, ballo...ma c'è davvero vita in me? Sono diventata un automa, una lastra di ghiaccio, inanimata. La gente mi guarda, mi commisera, mi osanna per la persona che sono o mi disprezza per quello che ormai sono diventata. Sono tutti bravi a giudicare, a puntare il dito, a dare la colpa. Tutti bravi a mentire e ad apprezzare il falso. Il buono, il giusto è sempre disprezzato. Ma dovrebbe interessarmi? Sono vuota, non ho una ragione per vivere, o almeno, non ce l'ho più. Mi sveglio la mattina e mi chiedo che cosa ci faccia io in questo mondo, mi alzo e mi dirigo sempre verso la sua camera pronta a svegliarlo, ma lui non c'è. Non c'è mai!" Urlo.

"E questo come la fa sentire?" Mi chiede garbata la psicologa.

"Morta. Da quando lui non c'è più io non sono più me stessa. Mi guardo allo specchio ma non mi vedo. Non mi vedo perché non c'è lui accanto a me." Spiego con voce tremante. "Ma io voglio tornare a vedere, voglio tornare a cantare, voglio tornare a ballare come prima. Voglio riuscire a farcela da sola, sono già sopravvissuta ad un abbandono, ce la farò anche stavolta." Affermo sicura.

"Il punto è - parla lentamente - non è di un abbandono che stiamo parlando, ma della morte. Charlotte, lei è qui perché deve riuscire a guardare in faccia la realtà, perché non comincia a dirmi il nome della persona che ha perso?" Mi chiede con sguardo criptico.

La guardo esitando, sposto lo sguardo sul soffitto bianco, chiudo gli occhi e non trattengo più le lacrime. È inutile.

"Luke - dico con voce spezzata - il mio piccolo Luke."

"Ecco, chi era per lei?"

Trattengo il respiro, e lo rilascio piano.

"Mio figlio."

Scared to be lonelyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora