17 Agosto 1987.
Mi svegliai nella mia casa di Los Angeles avvolta nelle lenzuola osservando i raggi del sole disegnare giochi di luce sul soffitto, filtrando attraverso le persiane socchiuse; rimasi stesa così nel letto per qualche minuto, poi mi alzai e mi feci una doccia veloce. Decisi allora di andare a fare colazione fuori casa, nella mia caffetteria preferita in centro, prima di andare a casa di David, il mio ragazzo. Eravamo rimasti d'accordo che sarei passata da lui per parlare, anche se ancora non sapevo di cosa. Al pensiero di cosa volesse dirmi, un brivido che non aveva nulla a che fare con la fredda acqua della doccia mi percorse la schiena.
Io e David stavamo insieme da sei mesi, nonostante fossimo innamorati ero sicura che presto ci saremmo lasciati: non facevamo altro che litigare per stupidaggini, ma il vero problema era la sua scarsa capacità di gestire la rabbia. Ero molto preoccupata che, il giorno in cui avessimo chiuso, lui potesse farmi del male.
Recuperata la mia borsa preferita dalla mia stanza, mi diressi verso l'ingresso passando davanti alla stanza di Sarah. La porta era socchiusa, il letto rifatto: nessuna traccia di lei. Nell'ingresso gettai una rapida occhiata all'orologio appeso al muro. Erano quasi le undici, perciò si spiegava la sua assenza: era sicuramente a lezione, dovevo ancora abituarmi ai suoi nuovi orari universitari americani. Provai subito un moto d'orgoglio al pensiero dei risultati che aveva raggiunto: appena laureata in Arti e scienze dello spettacolo a Roma ed ora studentessa di Sceneggiatura alla UCLA TFT! Non potevo sperare di meglio per lei, era riuscita ad ottenere ciò che aveva sempre sognato ad appena ventun' anni. Più di quanto avessi ottenuto io, che bruciavo il mio talento e i miei anni di studio lavorando come cantante pianobar in uno squallido locale quattro sere a settimana per mantenerci. Non ho mai voluto far altro se non la cantante, è vero, ma sentivo questo sogno allontanarsi con lo scorrere degli anni. Inforcai gli occhiali da sole prima di spalancare la porta d'ingresso, preparandomi ad uscire nell'arsura estiva.
Finito quello che ormai si era trasformato in un brunch, corsi da David, super emozionata di raccontargli ciò che mi era appena accaduto. Salii i gradini che portavano alla porta d'ingresso del suo attico e bussai mestamente un paio di volte. Il portone si spalancò dopo poco e David comparve sulla soglia.
«Ma hai idea di che ore sono?!» urlò appena mi vide. Il sorriso che avevo sul volto scomparve.
«Buongiorno anche a te, David. Io tutto bene, grazie per averlo chiesto.» risposi sarcasticamente.
David fece dietro front e tornò in casa, lasciando la porta aperta. Lo presi come un invito ad entrare e lo seguii, chiudendo il portone dietro di me. Lasciai cadere la borsa sul divano e mi accasciai in parte. Aspettai che mi dicesse qualcosa, ma continuava a correre da una parte e dall'altra della stanza.
«Non mi volevi parlare?» gli chiesi, quando non riuscii più a trattenermi.
«Non adesso! Fra un'ora inizia il mio turno a lavoro. Se ti fossi degnata di farti vedere prima-»
«Se mi fossi degnata?!» lo interruppi «Conosci benissimo i miei orari! Lo sai, sai che smetto di lavorare al mattino. Quando dovrei dormire, secondo te?»
«Nessuno ti costringe a farlo. Potresti anche cercare un altro lavoro!»
Come se non ci avessi provato!
Mi alzai dal divano, provando a trattenere una risatina nervosa, aprii la bocca per rispondergli a tono, ma considerai più prudente tenere per me i miei pensieri. Feci un respiro profondo e iniziai ad arrotolare delle ciocche di capelli tra le mani, l'unico gesto che poteva evitare di farmi dire parole di cui mi sarei pentita.
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•Falling In Love Wasn't My Plan•
Fanfiction**IN CORSO** Cloe Isabella Willick è alla soglia dei suoi 21 anni quando lei e la sua migliore amica partono da Roma per tornare nella loro città natale, Los Angeles. Cloe scrive da quando era bambina e sogna di diventare cantante. Negli anni succes...