18. NON HAI PAURA? (REV)

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Quando Ariel tornò in camera sua, aprì le ante dell'armadio e fissò le mensole semivuote, andando alla ricerca di un vestito adatto al luogo in cui avrebbe dovuto sedurre ma non essere sedotta.

Fece un lungo sospiro portando il dorso della mano sulla sua fronte umida di un sudore provocato da sentimenti di ansietà e paura; non era certo uno scherzo stare di fronte a colui che spesso l'aveva manipolata per produrre male a se stessa e a coloro che amava, ma, in quel momento, le lancette dell'orologio da polso correvano veloci; quindi si scrollò di dosso quei pensieri con un rapido gesto del capo e prese di scatto un vestito nero appeso in fondo al guardaroba per poi gettarlo sul letto ordinato.

Ancora con il telo avvolto in vita, si diresse verso la cassettiera per cercare dei trucchi adatti alla serata; per entrare alla festa del Dark Lithium vi era un'unica via: possedere il prezioso invito e presentarsi vestiti e truccati di nero. Chiunque non avesse rispettato una delle prerogative avrebbe perso l'occasione di introdursi alla festa più esclusiva della città.

Così Ariel si guardò a lungo allo specchio posto all'interno dell'anta, mentre si spruzzava un eccessiva quantità di profumo dall'aroma speziato e floreale; il suo sguardo era scurito dalla polvere di kohl e le labbra erano messe in risalto da un rossetto dalla tonalità scurissima ma lucida.

Dopo un'ultima pennellata di fard uscì di corsa da quella camera con l'incedere di un soldato che sta per andare in trincea.

In quel momento Nathan e Simon si trovavano insieme nello studio e non potevano non accorgersi dei tacchi rumorosi che percorrevano le scale.

«Così, l'hai lasciata andare...» commentò Nathan con aria perplessa, posto con i gomiti sulla scrivania del padre e il mento tra le dita intrecciate.

«Nostro Padre è così che si muove:» spiegò, posto in contemplazione di fronte all'ampia finestra del suo studio, che mostrava il cortile del Centro e la ragazza che lo stava percorrendo di corsa «ci lascia liberi di sbagliare, di fare le nostre esperienze e, a volte, muta le nostre azioni sconsiderate in opere buone, per la nostra salvezza».

«Però...» sospirò il ministro dal capo riccioluto «Quell'invito è stata un'autentica dichiarazione di guerra!»

Simon rise sotto la folta barba, disegnando tre curve ai lati degli occhi, poi roteò il busto nella sua direzione, fissando amorevolmente lo sguardo sul viso turbato di Nathan e gli disse: «Come ben saprai: se le tenebre scatenano l'inferno, io sono pronto a scatenare il paradiso!»

***

Ariel aveva dovuto prendere due autobus per arrivare al Lungomare che percorreva la costa cittadina, con non pochi disagi dovuti alla sua figura vestita di un abito nero lungo fino ai polpacci, con una spacca centrale che arrivava a metà coscia; il tessuto morbido le fasciava il busto e lasciava poco spazio all'immaginazione della sua fisicità; la scollatura disegnava una "V" sul suo petto e le spalline erano fili finissimi che si intrecciavano nella schiena nuda in un reticolo sinuoso.

Percorrendo la via marina della piccola città di Filadelfia, con la brezza salmastra che le scompigliava i capelli ondulati e sotto lo sguardo voglioso di alcuni passanti, Ariel si dirigeva a passo spedito verso il Dark Lithium, che faceva brillare rami di luce purpurea verso il cielo scuro, ben visibili già da molto lontano, reggendo solo una pochette nella mano sinistra, incurante dei fischi che alcuni ragazzi le riservavano senza alcun ritegno.

Gli occhi bassi scrutavano la pavimentazione lineare e biancastra del Lungomare, facendo attenzione a non inciampare rovinosamente su qualche chewingum appena gettato da qualche passante incivile.

Pian piano, la tipica musica latino-americana aumentava di volume, accompagnando le estati dei maturandi e le sessioni estive degli universitari che si concedono la dolce euforia di una notte di balli e nuove conoscenze.

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