@Mary_crovets
Parole utilizzate 1294Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha avuto un sogno, un sogno che ha rincorso con tutto se stesso, un sogno forse proibito, un sogno meraviglioso, ma che rimarrà tale. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha visto il proprio sogno frantumarsi davanti agli occhi, davanti alla cruda realtà che è la vita.
Ognuno di noi, almeno una volta nella vita ha corso per riprendere quel sogno infranto, perché non si era arreso subito, si era fermato un attimo per prendere fiato, perché aveva corso troppo forte, poi aveva ripreso la sua folle corsa verso l'inarrivabile, ma ancora non lo sapevamo che era tutto inutile.
Ognuno di noi, almeno una volta nella vita ha pianto, perché quel sogno infranto era rimasto tale.
Sono le sei del mattino, sono davanti alla banca ad aspettare non so chi, ma so il perché, sto sognando ad occhi aperti, rivivendo brutti ricordi, ad accompagnarli, brividi lungo la schiena per il freddo... o forse altro, ma preferirei non ammetterlo neanche a me stesso.
Sono Eren Jaeger ed oggi sono qui per compiere il mio dovere: prendere il giovane marciapiede.
Mi sono presentato, ho narrato i miei pensieri: ma a chi, se non a me stesso? In fin dei conti sono stupidi pensieri di un tipo amante del monologo, che rimangano tali. Pensieri infimi nella mia mente cercando una via di fuga, ma non la troveranno mai, non vedranno mai la luce, i miei stupidi pensieri.
Sono le sei e cinque: è in ritardo.
Odio aspettare, e odio essermi dovuto svegliare troppo presto; forse odio troppe cose, mia madre me lo diceva spesso, delle volte anche mio padre, ai miei amici sembrava non importare, forse era meglio così: nel caso non l'avesse intuito, odio anche parlare: perché farlo, se a quella persona non importa e mai importerà di te?
Sei e sette: mi sto irritando.
Ora come ora potevo essere nel mio letto a contemplare la mia vita che soddisfazioni non mi ha mai dato, pensando a quello che non ho mai potuto fare, fissando il soffitto che mi ripara da ciò che accade fuori, ma non da quello cui dovrei essere sul serio protetto: me.
Autocommiserarmi mi riesce bene, ed ormai lo sto facendo da ben nove minuti: sono le sei e nove.
Sento dei passi, passi lievi che strascicano pigri sull'asfalto, alcuni sassolini sfuggono da esso colpendo tutt'attorno. Ma non è questo ad attirare la mia attenzione, è una voce, roca e profonda, l'unica cosa che vedo ora di lui, quest'ultimo richiama il mio nome e cognome, a mo di saluto: questo è tutto ciò che sa il giovane marciapiedi, invece, di me.
"Eren Jaeger in carne ed ossa, il detective più rinomato della stazione di polizia giapponese. Quale onore."
"Potrei dire lo stesso, peccato di te non veda nulla, se non un misero cappotto di seconda mano ed un cappello a coprirti il viso; e poi incontrarti non è un onore, per me."
"Simpatico Sherlock, davvero: in fin dei conti è ciò che più stimo di te."
"Certo, e smettila di chiamarmi Sherlock, mi irrita."
"Uhuh, ci siamo svegliati con la luna storta stamane."
"Non è il fatto di essermi svegliato troppo presto, ma doverti incontrare, a rendermi nervoso, nanetto."
"Nanetto? Guarda che ho un nome."
"Nome che io non conosco."
"Tsk. Non importa. Senti, finiamo in fretta questa pagliacciata, voglio andarmene da qui: cosa vuoi, anzi, cosa volete?"
"Vogliono il tuo aiuto."
"Da me, un ex criminale? Non sapevo che voi della polizia foste così idioti ed incoscienti: cosa vi fa pensare che io lo farò. Premetto non mi venderò per soldi, meglio che lo sappia tu e la tua squadretta da quattro soldi."
"Squadretta che mesi fa ha impedito il disastro che stavi per causare."
"... sentiamo cos'hai da dirmi, allora."
"La storia è lunga, e qui si gela: vieni, ti offro qualcosa la bar all'angolo."
"Non essere troppo cortese che poi mi commuovo."
"Smettila di fare il coglione, anche io voglio finirla in fretta."
Così, entrambi, l'uno di fianco all'altro, ci incamminammo: io stringendomi nella mia giacca per non rischiare l'ipotermia, e lui, con semplicemente le mani in tasca.
Mentre lo guardavo pensavo a quanto adorassi soffermarmi a mirare e rimirare chiunque mi passasse davanti, non che fossi un maniaco o chicche sia, semplicemente penso che gli occhi vedano più in profondità, scoprendo cose che, neanche parlando con la persona in questione potremmo scoprire.
"Hai finito di guardarmi in quella maniera? Mi sembri un maniaco."
Appunto.
Abbasso il capo, un po' per vergogna dell'essere stato colto con le mani nel sacco, ed un po', ma non lo ammetterò mai, nemmeno a me stesso, di essere arrostito nel vedere i suoi occhi grigi scrutarmi.
Il fatto che non possa vedere nulla, se non quel colore indecifrabile nei suoi occhi, è dovuto alla massima segretezza della nostra missione, soprattutto se si viene poi a conoscenza dell'alleato in questione, ciò vi spiegherebbe anche l'orario improponibile.
Poco importa raccontarvi ora della missione a cui dovrò convincerlo a partecipare: quello che veramente meriterebbe un qualche tipo di considerazione è lui stesso.
Di lui non so il nome, né cosa faccia, cosa gli piaccia, della sua vita privata. Nulla di nulla.
Ma so per certo che l'uomo che ora siede dinanzi a me, che ora come ora sta scrutando il menù con quello splendido e concentrato sguardo, vorrei guardasse me, come poco prima, in quei pochi secondi mi sentii pervadere da una scossa di piacere. Vorrei provarla ancora, quella sensazione.
I miei pensieri suoneranno confusionari, lo so, è solo che è a causa sua se non esiste un nesso logico tra i miei flussi di pensiero; è colpa del suo fascino virile, del suo viso mascolino e così attraente, delle sue sottili labbra che mi prendono e rendono loro schiavo appena la lingua leggermente ci passa al di sopra, rendendole lucide, delle sue mani che vorrei stringessero il mio corpo, reclamandone la possessione, della sue sopracciglia che, corrucciate, stringono il suo sguardo, divenuto più scuro e seducente, i suoi capelli corvini che, sicuramente morbidi al tatto, carezzerei fino a mai stancarmi.
Non credo sia conscio di essere praticamente la perfezione ai miei occhi, la sua scarsa altezza non gli fa perdere valore, il suo caratteraccio è praticamente l'ultimo dei problemi quando attira sguardi solo la sua presenza.
"Sherlock? Cosa ordini?"
La bolla che era il mio sogno ad occhi aperti, scoppia.
"Caffè."
"Bene, io prendo del tè."
"Ti piace il tè?"
"Mi sembra ovvio, o non lo prenderei."
Ora so qualcosa in più di lui. Ottimo.
Amo conoscere tante cose di lui, nonostante è palese che non mi piaccia: semplicemente voglio placare della semplice curiosità nei suoi confronti. È un bell'uomo, ma non il mio tipo.
"Hai detto che qui nel bar siamo al sicuro?"
"Sì, i proprietari e i camerieri non faranno trapelare nulla."
"Bene, volevo solo esserne sicuro... allora, cosa dov-"
"Come ti chiami?"
"Cosa? Che centra Jaeger?"
Semplice curiosità.
"Sono curioso, è normale esserlo, no?"
Perché ora sta ghignando?
"Levi. Levi Ackerman."
Perché ora sono così felice?
"Ora che ho placato la tua curiosità, posso sapere cosa dovrei fare?"
Sono così felice che potrei mettermi a correre per tutta la città, oppure potrei anche scalare una montagna. O... aspetta.
"Cosa dovresti fare? Quindi accetti? Senza che ti abbia detto o proposto nulla? Ma perché?
"Perché sei interessante, Jaeger: e sarà un piacere e un onore lavorare con te, di qualunque cosa si tratti."
Perché ora sto arrossendo? Perché la prospettiva di lavorare con lui mia alletta così tanto? Cosa mi sta succedendo?
Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sentito il proprio cuore battere, e le farfalle nello stomaco.
Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è innamorato.
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one shot ~ereri~
FanfictionOgnuno di noi, almeno una volta nella vita, ha passato momenti bui. L'amore è solo la luce che ha abbagliato il nero che ci ha circondato finora. *Storia NON di dominio pubblico*