Accidia

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Penny Wright camminava avanti e indietro per il lungo balcone che collegava le camere dei nostri protagonisti, mentre ragionava su chi avesse mai potuto avere il tempo materiale di uscire dalla propria stanza, percorrere la balconata e raggiungere il letto di Ashton e Raphael per poi sparare nell'ombra e sparire nel buio della notte.
- È stato per forza Edward, a questo punto - ipotizzò la signorina Evans, guardando la segretaria perplessa.
- Certo, potrebbe anche essere. Ma perché l'avrebbe fatto? Quale motivo lo avrebbe spinto ad uccidere il signor Lewis? Per quanto ne sappiamo, non si conoscevano nemmeno. Inoltre, ricordatevi che, se avesse ucciso lui Lewis e se accettassimo il fatto che non ci sia nessun altro a parte noi qui dentro, saremmo costretti a ritenere che sia stato uno fra noi a uccidere Edward.
Eppure, eravamo tutti assieme e siamo venuti a soccorrere Raphael così velocemente che dubito egli avrebbe potuto fare in tempo a cercare una statuetta, trovarla e lanciarla contro Edward, anche se fosse stato mosso da un immediato e istintivo sentimento di vendetta.
- E se non fosse stato Edward? - chiese Amy fissando gli occhi di Penny.
- Perché guardi me, Amy? Noi tre eravamo assieme tutto il tempo.
- Dobbiamo setacciare di nuovo il castello da cima a fondo: ci dev'essere qualcuno. Deve esserci! - esclamò infervorato il signor Wayne.

D'un tratto la loro accanita discussione si placò bruscamente a causa di una risatina sommessa che proveniva dalla camera di Sothe Lewis.
Era stato proprio quest'ultimo, mentre sedeva rilassato sul letto della sua camera.
- Trova tanto divertente la situazione in cui ci troviamo?! - esplose la signorina Evans, entrando dalla porta-finestra del signor Sothe.
- Molto. Davvero molto. Vedere delle deficienti che si dimenano rincorrendo il nulla. Andate, prego. Andate a setacciare da cima a fondo questi bei tre corridoi lunghi un chilometro ciascuno.
- Cosa suggerisce di fare?!
- Io non suggerisco nulla. Io affermo.
E quel che affermo è un piccolo dettaglio che vi è sfuggito completamente, anzi due.
- Di cosa sta parlando? - chiese irritato Raphael.
- Numero uno: la pistola. Era mia. L'avevo portata per auto-difesa.
- Non mi dica che è stato Lei!!!
- NUMERO DUE: noi tre eravamo assieme, sì. Ma dormivamo. Io perlomeno dormivo; non so voi due.
E così concluse agitando il dito contro le due signorine.
- Ci sta minacciando?! - sbottò Penny.
- Potete negare ciò che ho detto? Non credo.
- Può sempre essere stato il signor Gray, tutto sommato - suggerì Raphael.
- No, signor Wayne. Edward dev'essere stato ucciso prima del suo scopamico.

Il ghigno sulla faccia di Sothe Lewis stava diventando sempre più insopportabile, soprattutto per il signor Wayne, che non riuscì a resistere all'improvviso impulso di dargli un pugno dritto contro il labbro.
Tuttavia quel ghigno non scomparve dal suo volto.
- Faccia così, bravo. Lo faccia ancora. E ancora, fino a che il mio riso non grondi sangue attraverso i denti. Tanto io la verità la so.
- Ce la dica!!!
- Credevo voleste sentire una mia testimonianza prima.

La calma con cui pronunciava quelle parole era straziante per gli altri tre: sentivano che non stava mentendo; avevano capito che poteva saperne qualcosa in più. Tuttavia non potevano ancora conoscerne i dettagli.
Dovevano attendere.

E così l'Accidia parlò.

Io sono Sothe Norman Lewis, e non avete la benché minima idea di quanto questo cognome mi porti impotenza e disonore e desiderio di vendetta verso il mondo.
Credo di non esagerare per nulla nel dire che, fin da quando sono uscito dall'utero materno, sono sempre stato costretto a obbedire a regole e a divieti che mi sono stati imposti dall'alto.
"Non fare così"."Devi imparare a vestirti bene"."Comportati come la famiglia a cui appartieni"."Non dobbiamo mischiarci con i poveri".
Ma soprattutto, "Non chiedere da dove provenga il nostro patrimonio" e "Non parlare a nessuno dei nostri segreti".
Facile, penserete voi: una delle cose che dovrebbero essere logicamente più facili per una persona è tacere; basta non muovere la bocca.
Ma non è così: godevo di una vita costruita su anni di corruzione e di distruzione delle altre persone attorno a me. Perché dovrei vivere, ostacolando gli altri nel vivere?
Questa sensazione, l'essere di troppo, è sempre stata in me.
Fin da quando conobbi lui: quel bastardo, quella sanguisuga, quella fragile bestiola appena nata attorno alla cui culla tutti si fermavano ad esclamare con ammirazione "Ma che carino","Il nuovo successore di Casa Lewis": Ashton Lewis, ben sedici anni più giovane di me. Avete sentito bene: sedici.
Sono io il primogenito! Io il successore! Io, io, io!
"No, Sothe, non tu; hai voluto innamorarti di quella povera ragazza di campagna che, chissà come, ha avuto un incidente inspiegabile nella stalla della sua fattoria? Bravo! Adesso ti fermi ad ammirare il tuo fratellino che diventa primogenito".
Tutto mi ha rubato. Tutto! L'amore della famiglia, il rispetto della gente, persino la Ferrari di mio padre...
Pensate un po': non ho nemmeno dovuto chiedere per lasciare la Casa una volta compiuti i diciotto anni; mi hanno cacciato loro, considerandomi lo schifo della famiglia.
Non dimenticherò mai lo sguardo di mia madre: quegli occhi di ghiaccio parevano urlare "Quanto avrei voluto abortire".
Ma va bene così. Mi va bene tutto. Accetto che mi si dica sempre cosa fare. Accetto l'idea di essere una persona che davanti alle difficoltà non fa nulla. Io mi lascio trasportare. Mi lascio trasportare dal mondo che mi gira attorno; mi lascio trasportare dalla gente che crede di sapere che cosa sia meglio per me e che cosa non lo sia.
Non fui io a scegliere di avere uno studio in centro Londra, non fui io a scegliere la segretaria, non fui io a scegliere come guadagnarmi da vivere.
Lasciavo tutto nelle mani degli altri: il primo fu un certo Albert Cromwell, che mi aveva inserito in uno studio legale importante; in seguito spettò al mio anziano titolare decidere di affidarmi il suo studio dopo la sua morte; infine fu Penny Wright a presentarsi alla mia porta in cerca di lavoro.
Ero diventato pigro, ma questo mi andava bene. Anche perché le uniche volte, in cui avevo preso un'iniziativa di mia spontanea volontà, non avevano portato a nulla di buono: e non mi riferisco soltanto all'andare contro la mia famiglia, allo scegliere volontariamente una giovane di un ceto sociale molto più basso del mio, ma soprattutto mi riferisco ai Delitti Montgomery.
Volete sapere la verità sull'assassinio della famiglia Montgomery? Non ho ucciso nessuno io, sarei troppo pigro per farlo. Ma non sono così pigro da allungare il braccio per consegnare dei soldi a chi fa le cose per me.
Non datemi del mostro: so di esserlo e non mi interessa. Volevo il loro denaro; ma soprattutto volevo dimostrare alla famiglia Lewis che bastardo era diventato il loro vero primogenito, per colpa di ciò che mi avevano fatto.
Ma non c'erano più i miei genitori ad ascoltare questa notizia: c'erano soltanto mio fratello Ashton, assetato di vendetta per avere macchiato la perfezione della sua famiglia adorata, e dei dannati giornalisti, assetati della fama che sarebbe scaturita dallo scoop del secolo.
Presto iniziarono a girare voci sul mio conto e si iniziò a investigare sulla mia famiglia. La parola "Lewis" era sulla bocca di tutti.
"Lewis quelli della Villa?"."Lewis quelli mafiosi?"
L'avevo fatta grossa, a pensarci bene. E me ne sono accorto soltanto poco tempo fa, notando quanto fosse genuinamente perfetta la mia segretaria: non un difetto, né per quanto concerne la professione, né considerando il carattere e il comportamento con gli altri.
Perché io ero così scontroso, invece? Perché io ero così stanco della vita, stanco di fare ogni cosa?
Più ci pensavo e più avevo intenzione di cercare qualche scappatoia per rimediare a ciò che avevo commesso.
Il nome mi apparve come un miracolo: Antony Gray.
Contattai subito la Gray Brothers Society di Glasgow per avere un colloquio urgente.
Tra i vari segreti della mia famiglia che dovevo tenere nascosti, ce n'era uno riguardante il metodo a cui alcuni malavitosi benestanti fanno affidamento per sbarazzarsi dei loro problemi, di ciò che può rivelarsi scomodo. Esistevano, sparpagliate per il Regno Unito e non solo, alte società imprenditoriali di strozzini e uomini malavitosi che si occupano di risolvere problemi, con ogni stratagemma che possa essere necessario.
Fu così che decisi di nascondere "sotto il tappeto" tutti i miei problemi e i miei passati errori.
Il colloquio con i due fratelli Gray fu alquanto imbarazzante: mentre esposi loro le mie "difficoltà", essi ascoltavano impassibili, esattamente come un medico quando deve conoscere i sintomi di una normale malattia.
"Devo ripulirmi dall'affare dei Delitti Montgomery"
Antony guardò Edward con la coda dell'occhio, e tramutò velocemente il suo sguardo freddo e inespressivo in un sorriso gentile e caloroso verso di me: "Non si preoccupi, pensiamo a tutto noi, signor Lewis."
E voi non avete idea di quanto mi sentii d'un tratto un brivido lungo la schiena, dopo aver sentito da lui pronunciare il mio cognome. Sembrava sapere esattamente chi fossi e da dove provenissi, ogni cosa di me e della mia famiglia. Tuttavia mi fece lo stesso delle domande a cui io risposi senza nascondere nulla.
"La contatteremo più avanti, una volta che avremo organizzato il tutto; solo un'ultima domanda: Lei è pronto a tutto, pur di essere scagionato?"
"Sono pronto a rischiare ogni cosa"
"Strano che lo dica uno come Lei"
"Come dice, scusi?!"
"Non si preoccupi, signor Lewis. Non si preoccupi..."

- E poi? Non ha nient'altro da aggiungere? - chiese spazientita Penny Wright.
- Cos'altro devo aggiungere?
- Non lo so... per esempio, chi è stato a uccidere Ashton?! Ha detto che lo ipotizza. Ce lo dica. Lo deve fare!
- Io non vi devo nulla. Sono qui solo per un'orrenda macchinazione di quei due bastardi.
- Ma sbaglio o Lei non ha appena detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa?
- Non di certo essere rinchiuso in un hotel con dei cadaveri sui letti delle camere!
- Signor Lewis, ci dica chi è stato - disse sommessamente il signor Wayne.
- Credo, anzi su questo ne sono certo, che l'assassinio di mio fratello sia profondamente legato a quel messaggio sulla mannaia che stava per colpirLa, signor Wayne.
- Come?! Quella mannaia era indirizzata a me, non ad Ashton.
- Io non Le dico altro. Faccia girare il criceto che ha nella sua testolina.

Detto ciò il signor Sothe fece allontanare i tre per rimanere da solo.
- Ma, signor Lewis! È pieno giorno. Non può chiudersi in camera.
- Sì che posso. Non mi fido più a stare con voi. Preferisco rimanere intrappolato qui in eterno!
- Ma signor Lewis! E io dove dormirò? - chiese Penny preoccupata.
- Deficiente. Hai un hotel a tua disposizione! Scegli la stanza che più ti aggrada.
- Almeno si ricordi di prendere le pastiglie della pressione, dato che è talmente pigro e menefreghista da non badare nemmeno a se stesso!

♤♡◇♧

Penny Wright, Amy Evans e Raphael Wayne si spostarono in soggiorno: ormai era giunta l'ora di pranzo e, malgrado la precaria posizione senza eguali in cui si trovavano, non avevano ancora abbandonato i loro più profondi istinti primordiali, come la fame, la sete, ma soprattutto la paura o, come ci ha dimostrato Sothe Lewis, l'istinto innato di sopravvivere.

- Io non ho paura di voi due - diceva fermamente Penny Wright - ma di quello stronzo del mio titolare comincio a dubitare la sanità mentale.
- Non curarti di lui, Penny - rispose Amy con tono amorevole - non è altro che un assassino senza scrupoli. L'ha saputo fare una volta in passato. Non credo ci abbia messo molto a decidere se sparare al suo odiato fratello e a colpire mortalmente quello schifoso di Edward Gray. Tu cosa ne pensi, Raphael?

Raphael Wayne era appoggiato alla ringhiera del grande balcone che dava sullo strapiombo. Guardava passivamente la neve sciogliersi lentamente sotto i raggi del sole, mentre il vento di montagna gli tagliava la pelle delle guance.
- Lui non aveva ucciso la famiglia Montgomery; ha fatto solo da mandante. Non avrebbe il fegato di fare quello che dici lui abbia fatto.
- E se avesse mandato un sicario qui? - chiese Penny, sentendo che la sua idea di un'altra persona nascosta nell'albergo non poteva ancora essere scartata.
- Dovremmo ancora investigare.

♤♡◇♧

- Come ha fatto ad entrare?
- Si era dimenticato di riprendersi la chiave che mi aveva dato.
- Non importa. Tanto dovevo parlarLe.
- Di cosa?
- Come si chiamava il suo fidanzato?
- Perché me lo chiede?
- Me lo dica e basta.
- ...Josh Pettegrew...
- Figlia di puttana...

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