Capitolo 1

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Quando sollevai lo sguardo dal libro, notai che fuori il cielo stava iniziando a diventare blu e la prima stella era già spuntata. Erano solo le tre del pomeriggio quando avevo iniziato a leggere e adesso, era già quasi ora di cena. Mi capitava spesso di immergermi così nei libri, mio padre mi ripeteva sempre che leggere per piacere era uno spreco di tempo e che avrei fatto meglio a studiare. Non che io andassi male a scuola, al contrario, prendevo sempre voti alti. Ma per mio padre non era mai abbastanza, neanche la perfezione in realtà lo era. Alzandomi dal letto andai a riporre il libro sullo scaffale e nel frattempo, qualcuno bussò alla porta della mia stanza.
«Avanti...» dissi girandomi verso la porta che si aprì l'istante dopo rivelando Marisol, la domestica.

«Signorina Isabel, i suoi genitori sono tornati e la cena verrà servita tra cinque minuti.»

«Grazie, scendo subito allora.» Accennai un sorriso che ricambiò, prima di uscire dalla stanza e richiudere la porta dietro di se. Andai a cambiarmi e dopo essermi legata i capelli, rendendomi presentabile, scesi al piano di sotto dirigendomi alla sala da pranzo. I miei genitori erano già lì, seduti al loro posto in attesa della prima portata che stava per essere servita in quell'esatto momento.

«Buona sera Isabel, com'è andata oggi a scuola?» Mio padre mi guardò solo qualche istante, concentrato a spostare il tovagliolo sulle ginocchia per prepararsi a mangiare. Era sempre questa la domanda che mi poneva appena mi vedeva. La scuola per i miei era importante, a volte anche troppo.

«Bene, ho preso il massimo nell'ultimo test.» Risposi sedendomi prima di mettere anche io il mio tovagliolo sulle ginocchia e iniziare a mangiare.

«Molto bene, continua a studiare e ti diplomerai con la lode.» Disse mia madre soddisfatta nel sentire quella notizia.

Il solito silenzio piombò nella sala da pranzo. Non si faceva mai molta conversazione, di solito se si parlava era per qualcosa riguardante la scuola o il lavoro. Mia madre Rose, aveva abbandonato la carriera da avvocato, ora faceva l'arredatrice e ogni tanto organizzava eventi in città come: New York, Washington, Brooklyn e anche qui. Mio padre invece era il proprietario della banca più importante della nostra città e non solo. Qui a Everside tutti conoscevano il suo nome, Mark Evans era anche più ricco del sindaco, un pezzo grosso, e probabilmente era per questo che veniva rispettato da tutti. Con il potere e i soldi si può fare qualsiasi cosa, o quasi.
«Domani sera organizzerò una festa, io e tua madre abbiamo invitato già un po' di persone, verrà anche il sindaco accompagnato dalla moglie. Tu Isabel, potresti invitare Andrew e la sua famiglia.» Sorseggiò un po' di vino e nel mentre, sollevai lo sguardo domandandomi perché avrei dovuto invitarli proprio io. Anche la famiglia di Andrew era ricca, erano proprietari di due locali e tre ristoranti di lusso in città. Il figlio era un ragazzo egocentrico e menefreghista, mi cercava solo per i compiti. A scuola era il più popolare e aveva anche lui tanto potere di cui approfittava. Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli, ma non eravamo mai riusciti ad andare d'accordo.

«Non parlo molto con Andrew, forse è meglio se inviti tu i signori Larson.» Proposi.

«Bene allora, li chiamerò io domattina.»

Dopo cena mi ritirai nella mia stanza, lasciando i miei discutere sugli ultimi preparativi per la festa. Mi sfilai il vestito mettendo finalmente il mio comodo pigiama, dopodiché mi infilai sotto le coperte, ma non ebbi il tempo di poggiare la testa sul cuscino che il cellulare suonò segnando l'arrivo di una notifica. Non avevo idea di chi potesse scrivermi a quell'ora, così, allungai la mano e presi il cellulare guardando il messaggio. Era da parte di Andrew: "Isabel, mi serve una mano con il compito di letteratura, tu te la cavi in quella materia."
Parli del diavolo e spuntano le corna, come dicevo, mi cercava solo quando aveva problemi con i compiti. Scossi la testa rispondendo al messaggio: "Non so se te ne sei accorto... ma si è fatta una certa ora."
La sua risposta non tardò ad arrivare: "Quindi? Come se tu non passassi le notti suoi libri a studiare. Aiutami con questo compito, devo consegnarlo domani alla prima ora. Mi sdebiterò poi, promesso."
Alzai gli occhi al cielo e andai a cercare i miei appunti di letteratura, gli mandai le foto di cui aveva bisogno e misi il cellulare in modalità silenziosa. In questo modo, forse, nessuno mi avrebbe più disturbata.

•••

Quella mattina mi svegliai con la solita poca voglia di vivere, per qualche ragione non volevo vedere nessuno. Ma era venerdì e questo voleva dire che dovevo andare a scuola, il lato positivo però era che il giorno seguente sarei stata libera.
Sistemai la cravatta della divisa scolastica e uscii alla ricerca del mio autista, ma lui non era lì e nemmeno l'auto.
«Se cerchi Ronald, tuo padre gli ha chiesto di portarlo a fare delle commissioni. Ti porto io a scuola oggi, ma dobbiamo fare in fretta... ho tanto lavoro da fare.» Mia madre mi fece cenno di sbrigarmi e corsi con lei alla macchina. «Per stasera ti ho già fatto preparare dei vestiti, quando torni da scuola li troverai in camera tua.» Annuii distrattamente controllando l'ora sul cellulare nella speranza di non arrivare tardi a lezione. Durante il tragitto non smise un secondo di parlare e io cercai di assecondarla annuendo a tutto quello che diceva. «E niente brutte figure davanti al sindaco. Appena arriva, devi andare a salutarlo mi raccomando.»

«Mamma, so cosa devo fare tranquilla. Andrà tutto bene, ora vado, buon lavoro.» Scesi velocemente dall'auto ed entrai a scuola prima del suono della campanella. Non facevo mai ritardi o assenze, per me era una fissazione tenere ordinato e pulito il mio spazio sul registro.
Andai velocemente all'armadietto per lasciare alcuni libri, in modo da alleggerire lo zaino. Le prime due ore avevo letteratura, quindi non mi sarebbe servito portare altre materie. Appena chiusi l'anta, sussultai nel ritrovarmi qualcuno di fronte.

«Isabel, oggi sei senza autista? Potevi chiamare, ti facevo venire a prendere da uno dei miei...» Andrew mi prese in giro guardandomi con un sorrisino stupido stampato in faccia per poi poggiare un braccio attorno alle mie spalle come se nulla fosse. «Tuo padre ha chiamato il mio stamattina presto, ci ha invitati alla festa.»

«Lo so...» affrettai il passo verso la classe ma Andrew restò comunque accanto a me, a quel punto sospirai cercando di trattenermi dall'alzare gli occhi al cielo.

«Ci sarà da divertirsi immagino, hai bisogno di qualcuno accanto durante la serata?»

«No tranquillo, non serve.»

Prima di entrare in classe sentii una forte stretta al braccio, Andrew mi bloccò alla parete e si avvicinò in modo che solo io potessi sentire. «Già una volta abbiamo avuto questa discussione se non sbaglio. Dimmi allora, quante volte vuoi che ti ripeta di comportarti bene con me? Devi portarmi rispetto. Non vogliamo far arrabbiare paparino dicendogli che la sua cara figlia è maleducata, vero?»
Alzai gli occhi al cielo liberandomi dalla sua presa e senza dire nulla, entrai in classe.
Parlare con Andrew Charles Larson era inutile, lui credeva di essere il padrone della scuola e delle persone che lo circondavano. I suoi lo avevano viziato per bene e il danno ormai era fatto... poteva cambiare? Non lo sapevo, nessuno lo sapeva. Mi misi seduta al solito posto e con sorpresa, lui decise di sedersi dalla parte opposta alla mia. Mi lanciò un'occhiata fulminea prima di passarsi una mano tra i capelli neri scompigliandoli leggermente. Non si poteva negare il fatto che fosse un bel ragazzo, ma il carattere rovinava tutto.
Nel posto accanto al mio si mise seduta Megan che continuò a smanettare sul cellulare concentrata senza far troppo caso a me. Megan Wolgren era mia amica da diversi anni, era tra le ragazze più popolari della scuola, nota anche per la sua bellezza. Aveva lunghi capelli biondi e occhi di un castano chiaro, molti ragazzi pendevano dalle sue labbra e la cosa la divertiva.

«Scusami Bella, stavo cercando di prendere un appuntamento dall'estetista.» Mise il cellulare nella borsa incrociando poi le braccia sul banco. «Allora, sei pronta per la festa di stasera? Mia madre ha detto che forse ci sarà anche il sindaco! Dice la verità?»

«Sì ci sarà. Perché sembri tanto emozionata per la sua presenza?» Domandai aprendo nel frattempo il mio libro.

«Beh, perché presto ci saranno le nuove elezioni e mia madre aspira a quel ruolo... o almeno, ci sta pensando. Stasera pensava di fare due chiacchiere con lui... ma la cosa migliore è che se mia madre si candida e io la aiuto con la campagna e il resto, mi prende l'auto nuova, parole sue.» Megan fece spallucce guardandosi le unghie perfette prima di riportare la sua attenzione sul professore appena entrato in aula. Ciò che aveva detto, ad ogni modo, mi aveva fatto pensare. E se mio padre avesse organizzato la festa per questo motivo? Forse aveva qualcosa in mente... forse anche lui aveva preso in considerazione l'idea di diventare il nuovo sindaco e la cosa non mi avrebbe sorpreso.

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