Frederick si lasciò alle spalle la griglia di strade che costituiva il centro della città, per inoltrarsi nel labirinto di vicoli gotici. Passò davanti a un jazz bar, occhieggiando le scure figure dondolarsi al ritmo ipnotico della musica. I passi risuonavano fiochi sull'acciottolato.
Il suo obiettivo era il pub, tra Bank Place e Mitre Lane: il locale degli aviatori, come lui. Sperava in un ingaggio commerciale ma, soprattutto, amava l'atmosfera cameratesca che vi regnava.
Quando spinse la porta, l'accolse una grande stanza rettangolare dalle luci offuscate dal fumo di sigaretta. Sul soffitto, un vecchio ventilatore a pale. Le risate e le voci maschili risuonavano. Le donne erano poche, per lo più compagne occasionali di quegli uomini vagabondi e sarcastici. Una delle pareti era tappezzata di foto di aerei, ritagli di articoli celebrativi e qualche vecchio poster di pin-up. Il calendario della Saint Francis Church completava l'immagine, scaramantica e picaresca, dei lupi dell'aria.
Al bancone era il turno di Aidan. Tra i baristi che si davano il cambio, era il suo preferito. Era il più anziano e aveva delle basette allungate verso le guance che gli affilavano il viso leggermente squadrato, sviando l'attenzione dagli occhi acuti e gentili.
Frederick si piazzò su uno sgabello e ordinò una stubby. Bionda e fresca.
– Il prossimo volo, Fred?
– Mah. Resto un po' coi piedi per terra. Il 172 mi ha dato problemi al timone a freccia. Niente di grave, ma i due soldi della Jetstar non valgono il rischio.
– Potresti affittare il mezzo e portare i turisti sulle isole. Guadagni e intanto ti fai il nome. Magari becchi qualche ricca americana! – aggiunse storcendo la bocca in un sorrisetto ammiccante.
– No, mate! Meglio una piccola italiana come Concetta! Vero, bambolina? – accanto aveva una donna formosa, con grandi occhi allungati che probabilmente non capiva una parola del graffiante accento strine: annuiva e sorrideva, guardandosi attorno e sorseggiando uno shiraz dozzinale. Dopo un istante, l'uomo si era già voltato.
– Dammi un'altra stubby, man – sospirò – Non è una cattiva idea, potrei fittare un 182 e cominciare a mettere da parte qualcosa.
– Non mi dire che vuoi anche tu una proxy bride! – Rise Aidan, in una bonaria presa in giro.
Frederick sorrise, spavaldo.
– Sono bello, non ne ho bisogno! – e buttò giù una lunga sorsata – Faccio un giro fuori, man!
Uscì, la testa piacevolmente ovattata e calda. Il fresco della notte lo avvolse nel suo abbraccio, facendolo rabbrividire. Alzò gli occhi alle stelle. Quella sera, il cielo era particolarmente terso e lo scorcio che riuscì ad ammirare tra gli alti palazzi che circondavano il pub gli sembrò di una bellezza unica. Poteva tornare a piedi lungo Bank Place verso Little Collins Street oppure andare dalla parte opposta. Inspirò profondamente per sentire meglio il dolce, strano aroma che aleggiava nell'aria. Si voltò verso destra e fu proprio in quel momento che la vide. Era appena sfilata davanti all'ingresso del Mitre e si stava dirigendo verso Collins Street. Era di spalle. I capelli lunghi, biondi, ondeggiavano al ritmo dei passi. Provò una strana, violenta attrazione: non l'aveva vista in volto e non la conosceva ma, al tempo stesso, sembrava familiare. Non era la sua silhouette ad attrarlo. Né il modo in cui era vestita, non molto appariscente. Stava provando qualcosa di cui non si capacitava. Con le ragazze era spavaldo e le avrebbe gridato: "Hey! Bella bionda!", seguito da un fischio di apprezzamento. In quel frangente però, gli parve che avrebbe sciupato qualcosa di prezioso. Incurante che fosse di spalle, disse:
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Cape Otway
Science FictionEra sé stesso, era completo, era felice. Traccia, FUORI GARA, composta per la terza prova dei "Cinque sensi senza un senso" del Cappellaio Matto: senza udito. Scritto a quattro mani con @secretmephoeinx, cui spettano, insieme a me, i relativi diritt...