E' tempo di brillare

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“Aly, Alyssa, svegliati!” Sento qualcuno strattonarmi per una spalla.
Riluttante apro gi occhi e i raggi del sole mi illuminano fastidiosamente la vista.
Apro e chiudo questi per verificare dove mi trovo. Una stanza all’apparenza sconosciuta si estende attorno a me, ma questo arredamento mi sembra di averlo già visto.
Sento qualcuno appoggiarmi la mano sulla spalla desta e rabbrividisco al contatto. Girandomi mi accorgo che Eloise ha una faccia spaventata.
“Che è successo?” Domando con voce biascicata, mettendomi a sedere.
“Non ti svegliavi. Mi stavo preoccupando”
La testa mi scoppia, continua a battere a suon di tamburo e la sento pesante.
“Ho mal di testa” Spiego, portandomi una mano alla fronte che scotta.
“Vuoi tornare a casa?” Domanda lei apprensiva.
“Si, mi sembra anche di avere qualche linea di febbre”
Lei subito si alza, come se fosse stata punta da uno spillo invisibile e si avvicina alla porta.
“Chiedo in prestito ad Harry qualche vestito” Detto ciò, si catapulta fuori alla porta lasciandomi sola.
Frastornata mi getto nuovamente sul letto.
Mi sento in una bolla ovattata, come se rispondessi ai comandi del cervello a scoppio ritardato. Che cosa fastidiosa, so che ovviamente, avere la febbre per me non è solo la temperatura alta, ma ne comporta tante altre conseguenze.
Bussano timidamente alla porta.
“Avanti”
Un ciuffo biondo entra in stanza, avvicinandosi con una tazza in mano.
“Hei, ho sentito che non stai bene” Spiega Niall porgendomi la tazza e sedendosi accanto a me sul letto.
“Solo un giramento di testa” Sdrammatizzo, accettando di buon grado il caffè.
“Sei riuscita a dormire?”
Deglutisco impacciata, ricordandomi quello che è accaduto ieri notte con Liam.
“Abbastanza”
Rimaniamo in silenzio, mentre giocherello con il liquido nero rimanente.
Considero Niall, ormai, come una persona importante. Un amico e credo di potermi fidare ciecamente di lui, ma l’unica cosa che vorrei fare al momento è riflettere un po’ sulla serata passata. Capire che strada proseguire.
“Se c’è qualcosa che non va me lo diresti vero?” Domanda lui, guardandomi.
Prima che io possa dare una risposta, vera o falsa che sia, Eloise piomba in camera con della roba tra le mani, seguita da Louis.
“Stiamo dando un festino qui?” Domanda lui sorridendo.
“Stavamo giusto per invitarti” Sorrido, mentre mi alzo dal letto.
Ma la mia testa cede e un capo giro mi fa perdere l’equilibrio, mentre chiudo gli occhi per la fitta lancinante alla tempia.
“Hei…” Mi afferra Niall prontamente accanto a me.
Appoggio la testa sul suo petto, mentre la mano destra punta alla tempia, come per trattenere quel demone che vorrebbe uscire e presentarsi alla vista di tutti qui, dentro questa stanza.
“Dio, Aly, forse dovremmo…” Si affretta a proporre Eloise, ma la blocco prontamente.
“No El, sto bene” Dico io, cercando di allontanarmi dalle braccia forti di Niall.
“Non esiste. Non ti muovere. Louis, prendi la mia giacca dalla mia camera, le accompagno io”
Ancora con gli occhi chiusi, sento prendere il mio braccio sinistro e farlo intrecciare al collo del ragazzo, mentre sento sollevarmi le gambe.
“Sei troppo magra Alyssa” Decreta lui, uscendo dalla camera.
Veniamo subito raggiunti da Louis che mi appoggia sulle spalle la giacca di Niall, mentre il suo profumo mi invade le narici.
Facendo forza su me stessa apro gli occhi, mentre lui scende le scale che ci portano all’ingresso.
Passiamo per la cucina, mentre tutti gli altri stanno facendo colazione.
“Accompagno le ragazze a casa” Spiega Niall, aprendo con una mano la porta.
“Che è successo?” Sbotta Liam, correndo accanto a noi.
“Non sta bene”
Eloise ci segue a ruota, salutando con una mano gli altri.
Appoggiata con la testa nell’incavo del collo di Niall, guardo dietro di me, quei quattro sulla porta. Uno più preoccupato dell’altro. Ma come un richiamo, come una cosa ormai famigliare, lo sguardo di Liam si incrocia con il mio.
I miei occhi diventano liquidi e le lacrime vorrebbero spuntare fuori.
Il mio richiamo di aiuto ha il suo nome, me ne accerto solo ora.
 
“Ho chiamato tuo padre, è in ospedale e ho lasciato un messaggio alla segreteria. Quando si libera passa subito di qui” Mi spiega Eloise, rimboccandomi le coperte.
Niall è andato via, sotto mia minaccia.
Non voglio che mi veda così, non voglio che nessuno mi stia vicino quando sono vulnerabile.
“Grazie El, va a casa, i tuoi saranno in pensiero”
“Posso rimanere Aly, vuoi parlarne?” Domanda sedendosi accanto.
“I-io non ce la faccio El” Riesco a biascicare, finalmente, scoppiando a piangere.
“Perché piangi?”
La guardo, e vedo allarme nel suo sguardo. Forse lei è l’unica che mi legge dentro, come nessuno ha mai fatto. Forse può vedere la mia paura, quella dannata paura di andare via senza aver pienamente vissuto, quella paura di lasciare il mondo avendo tante cose in sospeso.
“Ho paura”
“Di cosa? Che è successo ieri?”
Faccio un sospiro e decido di aprirmi e spiegare quello che è accaduto. Sono stanca di mentire, a me stessa in prima battuta, sono stanca di portarmi dentro quel macigno da sola.
“Io, io credo di essermi innamorata”
Lei strabuzza gli occhi e per una volta, vorrei essere io a leggere nel suo animo.
“Come? E di chi?”
“Non lo so, cioè so di chi io mi sia innamorata, ma non so perché. Dio, non volevo che accadesse e invece, è successa proprio la cosa che temevo. Io non posso innamorarmi El, lo capisci?”
Lei mi sorride, come se tutto fosse facile, come se fossimo nati per provare queste emozioni.
“Non possiamo decidere chi amare e non possiamo nemmeno decidere di non farlo. È successo, non puoi prendertela con nessuno”
“Invece posso, diamine, è tutta colpa mia” Dico, sollevandomi sui gomiti e mettendomi seduta con le spalle sulla testiera del letto.
“Mi vuoi dire chi è il fortunato?”
Silenzio. Un silenzio invocato, come se potessi ancora fuggire dal pronunciare quel nome.
“Liam” Sussurro guardandola, per non perdermi la sua espressione.
E quello che ho in cambio è l’ultima cosa che mi sarei aspettata.
Lei si alza, fruga nella mia borsa e quando trova l’oggetto del suo desiderio, torna da me con un braccio puntato sul fianco e l’altro che mi tende il mio cellulare.
“Chiamalo” Dice seria.
“Come?”
“Chiamalo ho detto”
“Chi?”
“Come chi! Liam, deve saperlo”
“No, no, no, no! Tu non hai capito niente. È sbagliato El, in che lingua te lo devo dire? Non ci potrà mai essere qualcosa. Lui ha già Sophia”
Lei scoppia a ridere e lascia il telefono sul comodino, mentre si siede al suo posto di prima.
Lascio un sospiro di sollievo, captando lo scampato pericolo.
“Ma chi? Quella bambola di porcellana?”
“El!” La richiamo.
“Santo cielo Aly, ti sei innamorata del suo ragazzo e la difendo anche?”
“In verità abbiamo parlato in bagno ieri sera, io e lei e mi ha detto di allontanarmi da Liam”
“E chi è lei? La regina indiscussa? Ma per favore…”
“Poi ieri, quando voi dormivate, sono scesa per prendere un bicchiere d’acqua e ho parlato con Liam, non capisci El, per il mio bene devo troncare questa cosa sul nascere”
Lei non ribatte, probabilmente starà pensando al da farsi, cosa che spero non avvenga. Non c’è alcuna cosa da evolvere, bisogna cancellare tutto. Mettere un bel punto e cambiare pagina.
“Ne vale la pena? Dico, troncare?”
“Si” Rispondo flebile.
Nel mentre la porta di casa, giù al piano di sotto sbatte e subito si sentono salire i gradini della scala.
“Aly, come stai?” Domanda mio padre, entrando come una furia dentro la stanza.
“Meglio papà, molto meglio”
“Mi sono preoccupato tantissimo, ti ho comprato del brodo di pollo, lo vado a riscaldare se lo vuoi”
“Grazie”
“Aly, dobbiamo fare quelle analisi” Mi rimbecca lui severo.
“Dopo il diploma” Gli ricordo.
Dopo il diploma sarò pronta per il verdetto che mi attende. Saprò se l’inferno ha preso possesso completamente del mio corpo.
 
Passo la settimana in casa, sospendendo gli incontri con la psicologa, con il corso di pianoforte e con i ragazzi.
Mi costruisco una mia fortezza, incurante del tempo che passa fuori le mie mura.
Cerco di scrivere il famoso pezzo per il progetto e mi accorgo di metterci dentro un pezzo per ogni componente del gruppo, da quello che ho conosciuto, da quello che sono riuscita a vedere. E, strano ma vero, riesco a inserire anche un mio piccolo pezzo, che parla di me.
Ma la situazione è più dura del solito, non sapendo cosa scriverci di mio. Se mai sarà all’altezza.
Picchio quei tasti come se potessero darmi delle idee, come se potessero scrivere loro il mio destino.
 
“Aly, manca mezz’ora! Ci dobbiamo muovere” Urla Eloise, forti dal bagno.
Mi guardo allo specchio. Tunica blu che nasconde i miei vestiti al di sotto, cappello dei maturandi in testa con il ciuffetto giallo alla sinistra, per simboleggiare il non ancora completo percorso di studi.
Tra poco sarà spostato a destra, come per porre un punto a questo percorso.
Mi guardo allo specchio e trovo la me di sempre. Forse un po’ più provata, un po’ più stanca.
Ma quel leggero filo di trucco, può dare la falsa speranza che tutto vada bene.
Chiudo gli occhi e faccio un respiro per tranquillizzarmi.
“Aly! La prof ti sta cercando” Urla ancora lei da dietro la porta.
Quando l’apro la trovo con il pugno alzato, pronta per picchiarlo sul freddo legno.
“Finalmente, pensavo che il water ti avesse risucchiata”
“Spiritosa. Dov’è quella donna?” Domando scendendo nel corridoio.
La scuola è piena di genitori e studenti che si scattano foto e insieme si avviano nel grande auditorium per prendere posto alla cerimonia.
“Signorina Miller. Finalmente!” Sento chiamarmi da dietro le spalle.
La mia professoressa di lettere, stretta nel suo completo color cenere, colei che mi ha trascinata nell’abisso della vergogna, mi detta le disposizioni per salire sul palco e parlare a nome di tutti gli studenti.
Ma chi me l’ha fatto fare?

[Se gradite, ho scritto questa parte ascoltando Right now, ascoltatela] 

“E ora, per chiudere in bellezza questo cammino, quest’anno per i senior, chiamo sul palco una studentessa portavoce di tutti voi, date il benvenuto ad Alyssa Miller”
Ecco, ci siamo, la preside ha sganciato la bomba e ora tocca a me lanciarla il più lontano possibile.
Tutti applaudono e io con un sospiro e un sorriso sulle labbra, mi alzo dalla mia poltroncina di velluto rossa, per dirigermi sul palco.
Solo un mese fa ho fatto la stessa cosa, sono andata su quel palco e ho affrontato le mie paure, che mi hanno portato, nel bene o nel male, alla me di ora.
Ho suonato e cantato davanti a quei cinque, che ora, anche se non lo voglio ammetterlo a nessuno, sono diventati così importanti per me.
Saluto con una stretta di mano la preside che mi lascia posto sul pulpito, al centro del palco.
Prima di iniziare a parlare, guardo quel pubblico, ci sono tutti.
Genitori contenti per i propri figli, mio padre orgoglioso stretto nella sua cravatta grigia che tanto adoro, i miei compagni di studio tutti nelle prime file, Eloise che mi fa segno che tutto andrà bene.
Già, tutto andrà bene.
Faccio un respiro e inizio a parlare, probabilmente con impaccio, ma non importa. Perché sono orgogliosa di trovarmi qui, per tutti loro, vergogna a parte.
“Salve a tutti maturandi. Questo è un giorno così importante per noi. E sono orgogliosa di portare la voce di tutti voi”
Tutti quanti ascoltano interessati e questo, se da una parte mi mette ansia, dall’altra mi rende ancora più decisa a continuare, incurante, per la seconda volta nella mia vita, di prendere l’armatura e scendere in battaglia, affrontando le mie paure.
“Il giorno del diploma è il giorno in cui si esce ufficialmente dal rifugio della scuola superiore per iniziare una vita reale. Ma che ne sarà delle nostre vite? Cosa conta di più, secondo voi, mentre facciamo il nostro ingresso nel mondo? Conta ciò che abbiamo creato? Ciò che abbiamo ottenuto? Cosa conta di più? Ciò che siamo diventati? Bhè non so darvi una risposta, so solo che noi ora navighiamo in un mare aperto. Dobbiamo prendere la corrente finchè è a nostro favore. So che la vita è breve, so che è difficile e le opportunità sono rare ma noi dobbiamo essere pronti ad afferrarle. Dobbiamo essere sempre pronti a ridere, a vedere le meraviglie del mondo, dobbiamo essere pronti a… Vivere! Perché la vita non ci deve nulla”
Guardo quel pubblico, guardo Eloise che trattiene le lacrime e guardo mio padre asciugarsele quelle lacrime.
Sorrido, perché probabilmente stanno pensando a quello che ho in mente.
Sono orgogliosa, di me, di loro, di tutti quanti li dentro. Perché in questi anni, difficili, non ci siamo mai abbattuti e ora i sacrifici ci vengono premiati.
Non piangere per me papà, io sono contenta per  me, indipendentemente da quello che mi accadrà.
“Ora è il momento di brillare, il momento in cui i nostri sogni sono raggiungibili e le possibilità sono immense. Ora è il momento per tutti noi di diventare le persone che abbiamo sempre sognato di essere. Questo è il nostro momento, voi siete qui, voi siete importanti e il mondo ci sta aspettando. Auguri classe 2013”
I ragazzi si alzano e applaudono, facendomi rimanere a bocca aperta, ma subito dopo faccio un passo indietro, sorrido e applaudo anche io.
Perché tutto quello che ho detto è vero.
Si, credo che per la prima volta, la mia psicologa sarebbe contenta per me. Anche una cinica come lei.

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