Il suo nome era Sophie Moore

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Adventure of Revolution

[Capitolo 1 - Il suo nome era Sophie Moore]

[21 Dicembre]

In quella notte gelida del mese di dicembre, in una piccola casa situata nella periferia della città di Porto di Vitalis, una giovane ragazza se ne stava seduta sul suo letto a fissare il buio della stanza.

I capelli corti biondi cenere appena arruffati che faticavano ad arrivare alle spalle, gli occhi color cioccolato fissi sulla parete opposta alla sua figura e le labbra carnose in una smorfia a causa della noia.

Anche quella sera non riusciva a chiudere occhio.

Non che fosse una novità in realtà. Aveva sempre faticato ad addormentarsi da quando era successo quel fatto con la sua famiglia.

Famiglia che per fortuna sua si era crepata e sbriciolata lentamente davanti ai suoi occhi.

Anche se non erano morti fisicamente per lei lo erano mentalmente.

Mai una volta che vagasse per le mura della casa in cui ora viveva ,in compagnia di altre tre ragazze, e le venisse spontaneo cercare la mamma, il papà o il fratello più grande.

No. L'unica cosa che veramente desiderava era continuare a vivere con quella poca serenità che le era rimasta e che aveva ritrovato nello sguardo delle sue coinquiline.

Si alzò dal morbido materasso e si diresse verso la cassettiera in legno di noce scuro alla ricerca di un qualsiasi vestito che avrebbe poi adoperato per uscire.

Che senso aveva rimanere lì se tanto non riusciva ad addormentarsi?

Dopo essersi preparata a dovere raggiunse lo specchio alto che teneva proprio all'angolo della sua camera.

Si riflesse in quello digrignando i denti e stringendo le mani a pugno talmente forte che le nocche le diventarono bianche.

La vista di quel tatuaggio le faceva sempre salire una rabbia incontrollabile.

Tanto che quando era sola si metteva addirittura a piangere al solo pensare al perché avesse sulla pelle del corpo quel segno disgustoso.

Un segno che non avrebbe voluto e nemmeno vissuto.

Ancora si ricordava quando il padre, ubriaco fradicio come al solito, a suo rientro in casa le aveva annunciato senza tante cerimonie che l'avrebbe iscritta all'accademia di magia della città. Una scuola dove ti “aiutavano” ad incrementare con una percentuale più alta in tuoi poteri magici.

“Sei speciale” le aveva detto poi pulendosi le labbra umide dalla birra che aveva appena finito di bere prima di stapparne un'altra e fermarsi all'udire dei passi della moglie che stava scendendo dalle scale che portavano alle camere da letto.

“Lo facciamo per il tuo bene, tesoro” aveva dato man forte all'uomo la donna stringendosi lo scialle sulle spalle prima di dirigersi verso il marito e affiancarlo.

Non aveva potuto dire niente e tanto meno fare niente.

Aveva sempre rispettato la parola “famiglia”. Da quando era venuta al mondo aveva sempre creduto e pensato che la famiglia fosse tutto.

Non avrebbe trovato la forza di ribattere a quelle persone ,che seppur male, l'avevano data alla luce e poi cresciuta.

Si era limitata ad annuire ,con lo sguardo fisso sulle piastrelle del pavimento, a dar loro la buona notte e salire il più velocemente possibile in camera sua.

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