Capitolo 7

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I giorni seguenti passavano senza che nemmeno me ne accorgessi, i ricordi erano sfocati e il dolore era sempre maggiore.
Ero stata imbottita di antidolorifici, mi sentivo stanca e costantemente avvolta dalla nebbia.
Ogni movimento che facevo sembrava fosse rallentato.
Mi risvegliai per la quarta volta in 5 giorni. Questa volta mi sentivo meno stanca, non ero più dormi veglia e i miei sensi sembravano tornati alla normalità.
"Aisaka buongiorno, in questi ultimi giorni faticavi a restare sveglia ma oggi ti vedo meglio!"
Un'infermiera, gentile, con un sorriso dolce, mi spiegò cosa era accaduto in questi 5 giorni.
"Abbiamo fatto delle analisi e ti abbiamo indotto in un coma, nulla di grave, tranquilla..."
Sapevo mi stesse solo rassicurando.
"...avevamo bisogno di capire cosa non andava nel tuo corpo, con il tuo chakra..."
Vedevo che nascondeva qualcosa, mi sorrideva ma era un sorriso quasi di pietà.
Mi guardai le mani, avevo varie fasciature su tutto il corpo.
"Aisaka!"
Rin entrò nella stanza d'ospedale con le lacrime agli occhi seguita da tanti altri del gruppo.
"O cielo temevo non ti saresti più ripresa!"
Mi abbracciò così forte che non riuscivo a ricambiare. Sghignazzai e l'abbracciai debolmente.
"Rin è bello vederti!"
Komuro la spostò e si avvicinò il suo viso al mio abbracciandomi e affondano la testa nella maglietta bianca come i miei capelli.
Gli accarezzai i capelli sorridente, ero contenta di vederlo.
Appena si allontanò da me si tolse velocemente delle lacrime da sotto gli occhi. La sua armatura era sempre scintillante e ogni giorno più forte. Guardai gli altri, mi avevano portato un mazzo di fiori che Gai teneva trionfante.
"Non è leggermente esagerato?"
Era decisamente esagerato, gli copriva il viso ma appena li posò sul comodino scoprì il suo viso coperto di lacrime.
"Gai ma non c'è bisogno!"
Allargai le braccia per farmi abbracciare da un Gai coperto di lacrime.
"Sono cosi felice di vederti!"
Disse lui in preda alle emozioni.
Passammo delle ore a parlare, era da tanto che non ci riunivato tutti insieme, era commovente.
Mentre raccontavano le cose accadute in quei 5 giorni, incrociai lo sguardo di Kakashi. Imbarazzato mi salutò debolmente facenco oscillare lentamente la mano con un dolce sorriso, sempre coperto dalla sua mascherina.
A mia volta sorrisi timidamente ricambiando il suo saluto. Ero contenta di rivederli, ero contenta di vedere Kakashi.
"Comunque ci dispiace per quello che è successo..."
Tutti abbassarono gli sguardi verso il pavimento, Asuma posò la sua mano sulla mia spalla sorridendo anche lui come aveva precedentemente fatto l'infermiera.
"Tranquilli, non fa niente..."
Non ero sicura di quello di cui stavano parlando.
"Oh mia madre! Devo chiedere all'infermiera come sta, io devo... devo..."
Mi fermai, in un secondo ricordai tutti dettagli di quella notte.
Mi portai una mano tremante davanti alla bocca, mi ricordai l'energia che avevo scatenato e il suo corpo inerme a terra per colpa mia.
"Oh mio dio... L'ho uccisa..."
Bisbigliavo e non pensavo più alle persone che mi circondavano.
Ero terrorizzata da me stessa.
"Aisaka aspetta ti sei solo difesa!"
Cercò di rassicurarmi Rin, Komuro si posizionò davanti a me cercando il contatto visivo. Ma io ero ormai sicura che in fondo quello che aveva sempre detto di me era vero.
"Angelo, ti stava strangolando. Hai solo reagito"
Non riuscivo a vederla in quel modo. Mi stavo agitando, sentivo il respiro tagliato.
"Hanno detto che è morta prima che il tuo chakra esplodesse... aveva preso troppe pillole e..."
Le parole di Kurenai erano vane, non la ascoltavo non riuscivo a togliermi quell'idea dalla testa.
Si zittì da sola, si strinse le spalle, non riusciva a guardarmi in quello stato.
"Komuro..."
Cominciai a singhiozzare tanto che non riuscivo a parlare.
"... l'ho uccisa, Komuro l'ho uccisa è colpa mia... aveva ragione sono un'assassina..."
Si arrampicò ai piedi del letto per venire ad abbracciarmi.
Era sempre stato cosi, ogni volta che stavo male mi abbracciava o mi faceva i grattini. Era un ragazzo che amava il contatto fisico, amava gli abbracci e cercava di farmi sempre sentire protetta.
Mi aggrappai a lui in cerca di affetto, lo strinsi a me afferrando la sua felpa tra le dita. Lo stringevo cercando di tranquillizzarmi e di togliere quel dolore straziante dal mio petto.
Continuai a singhiozzare non sapendo dove sbattere la testa. La mia mente era ai confini della sopportazione.
Komuro mi staccò da lui e si avvicinò agli altri prendendoli in gruppo, forse avevano qualcosa in mente o cercavano una soluzione. Mi chiusi a riccio tirandomi i capelli.
"Aisaka..."
La sua voce che tanto amavo ascoltare, non alzai lo sguardo e cercai di chiudermi e diventare ancora più piccola. Non volevo mi vedesse in quello stato.
"Aisaka guardami"
Posò le sue mani sulle mie accarezzandole.
"Perchè ti copri?"
Parlava con tono basso, la voce era rauca, voleva che lo sentissi solo io.
"Non voglio che gli altri mi vedano piangere..."
Mi alzò delicatamente la testa prendendo le guance tra le mani e constringendomi a guardarlo.
"Non dovresti vergognarti"
Tirai su con il naso asciugandomi poi le lacrime con i palmi delle mani.
"Invece si..."
Sembravo una bambina, io ero tornata la bambina disattenta del fiume e lui il bambino perfettino che non voleva bagnarsi.
Lo guardavo e vedevo lo stesso bambino di qualche anno fa.
"Siamo solo noi due. Io e te. Ti ho già vista piangere, sei bellissima."
Imbarazzata cercai di coprirmi il volto affondando il viso nella sua maglietta dandogli un pugno sul petto. Non dissi nulla, mi era bastato quello che aveva detto lui.
Nel buio finalmente ecco una piccola luce, come solito veniva da lui.
Sentì un bacio sulla mia guancia e poi le sue braccia circondarmi. Si sedette davanti a me sopra il morbido materasso portando le sue gambe attorno a me e incrociandole dietro la mia schiena per potermi cingere completamente.
Mi strinsi a lui con le lacrime che non smettevano di sgorgare.
Se ne andarono tutti, impossibilitati a fare qualsiai qualcosa visto che avevo altre visite, mi chiedevo chi mai potesse essere visto che avevo perso tutto.
"Tu non mi conosci ma vengo dalla okiya della sorella di tua madre. Dati i trascorsi, non hai altri parenti a cui essere affidata se non tua zia Yoshiwara, visto che sei ancora minorenne verrai trasferita all'okiya domani mattina. La famiglia Nohara si è presa la responsabilità di ospitarti per questa notte"
Era una donna elegante, posata, con un kimono molto costoso che portava con nobiltà. Si distingueva dalla massa, era una donna che raramente poteva essere vista a Konoha.
D'altronde era una geisha. Una donna attraente, colta e raffinata. Un'intrattenitrice capace di cantare, danzare e altre arti oltre quelle musicali.
Di mia zia, sapevo solamente che era la Madre geisha, o okaa-san, di un okiya molto popolare, appunto l'okiya Yoshiwara.
L'okiya è la casa delle geisha. Eppure ancora non sapevo di preciso cosa fosse una geisha.
Sapevo solamente che le geisha erano le donne delle arti, venivano considerate libere ma spesso le raffiguravano come prostitute, avevo le idee confuse a riguardo.
"Lascerai la scuola ninja ed entrerai a far parte dell'okiya di okaa-san, dove lei ti educherà e ti farà diventare una geisha."
"Aspetta aspetta. Che cos'è una geisha?"
Vedevo che il mio modo di risponderle l'aveva infastidita.
Provó a nascondere il suo disappunto, sembrava in disaccordo con le parole di mia zia. Anche quando nominò la scuola ninja non sembrava esaltata.
Aveva un trucco pesante, gli occhi contornati da trucco rosso che faceva da eyeliner, aveva qualche sfumatura arancione che rendeva il suo sguardo tagliente, labbra sottolineate dal rosso del rossetto e pelle chiara.
Si potevano intravedere dei disegni rossi sulla sua pelle sotto il kimono.
Sembrava una fenice.
Era la donna più bella che io avessi mai visto.
Prese fiato e cominciò a parlare.
"Le geisha sono donne elegati, posate, belle"
Fece una piccola pausa, alzò il mento guardandomi dall'alto verso il basso.
"Capaci di togliere il fiato con un solo sguardo. Capaci, al loro passaggio, di far girare sia uomini che donne"
Le descriveva con molto rispetto, vedevo quanto fosse onorata ad essere una delle donne di cui parlava.
"Abili nelle arti musicali e nelle arti del tè se non nelle arti tessili. Sono intrattenitrici. Da non confondere con le prostitute."
Rimasi in silenzio a riflettere. Io volevo diventare un ninja, non una geisha. Volevo combattere, non ballare.
"E se io non volessi venire...?"
"Non hai scelta."
Rispose subito, forse aveva già messo in conto questa domanda. Si girò e si avviò verso la porta.
Un grande fiocco sulla schiena che esaltava il suo punto vita, gli strati del kimono che si sovrappone amo sembravano pesanti e leggeri. Sopra questi tessuti c'erano ricami e disegni precisi uno più spettacolare dell'altro. Era fatto tutto a mano.
I capelli acconciati in modo quasi folle, data la particolarità di ogni forcina e ogni fiore o perla incastonato tra i capelli a formare un insieme straordinario.
Non potevo negare che, come aveva detto lei, le geisha toglievano il fiato.
Appena chiuse la porta alle sue spalle entrò Rin insieme ai suoi genitori.
Almeno avrei passato l'ultima notte con lei.

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