8. Assassinio sull'Arusha

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Ah come mi infastidisce aver ragione! Alla fine mi vendettero a un ricco mercante di nome Kamiramu e venni portato nella sua lussuosa abitazione. Mi lavarono (non riuscivo a crederci!), mi tagliarono barba e capelli, mi profumarono e mi diedero un vestito pulito. Ero risorto letteralmente e fisicamente: mi diedero da mangiare del vero cibo (il cuoco del mio padrone era abilissimo e generoso nelle porzioni) e ben presto scoprii quale era il mio lavoro: avrei servito il mio capo nella sua nave preferita: la Arusha!

***

Era passata già una settimana da quando salpammo. Il sole picchiava forte quel giorno e mi passai le dita sul cranio lucido: il caldo era quasi asfissiante. Avevo preso dimestichezza come maggiordomo del mio padrone: non ero l'unico ma quello che badava a lui quando usciva dalla cabina. Se chiedeva un cocktail dovevo portarglielo, se voleva cambiarsi lo accompagnavo in cabina e lo aiutavo a vestirsi, se voleva farsi il bagno gli preparavo tutto l'occorrente e via dicendo. Eravamo in viaggio verso una città in cui avrebbe dovuto fare dei nuovi acquisti e incontrare nuovi possibili clienti. Egli commerciava principalmente in spezie (le più pregiate a dire il vero) e, come potei osservare in quel viaggio, anche in armi. Quella maledetta mattina, quando avvenne l'assassinio, mi trovavo a poppa della nave alla sinistra del mio padrone, il quale stava sdraiato a prendere il sole e a bere del succo d'arancia. Avvenne precisamente alle 10 del mattino: emise un piccolo urlo, si buttò per terra e morì sul colpo. Per fortuna a bordo vi era un ispettore di polizia che si prese subito l'incarico delle indagini per scoprire cosa fosse avvenuto al mercante. Egli si chiamava Mr. Trocklop e portava dei baffetti buffi e un paio di occhiali belli tondi.

- Dalle mie prime osservazioni potrei dedurre che si sia trattato di avvelenamento, visto che è deceduto con gli occhi sbarrati e ha quella bava verdastra che gli esce dalla bocca! – affermò l'ispettore arrotolandosi i baffetti. Ha scoperto l'acqua calda, pensai irritato. Essendo il mio padrone un mercante d'armi, sicuramente aveva anche molti nemici nel mondo. Ma chi lo ha colpito era certamente ancora a bordo della nave, e per questo fui sollevato quando l'ispettore, come se mi avesse letto nel pensiero, fece bloccare tutti i passeggeri e si fece dare una lista con tutti i nomi, incluso il mio. Fu nel pomeriggio che egli radunò le persone che, dopo una lunga sessione di interrogatori, secondo lui erano quelle più sospette: un mercante di Bordin, tale Markus, ex operaio del mio padrone; Miss Dry, bellissima ragazza nubilana e stretta sua amica; il conte Tacos, suo socio d'affari; Clara, la sua cameriera personale; padre Pepos, suo confidente spirituale ed infine Morgana, la sua ex moglie. Il mio istinto mi indirizzava verso la sua ex ma, come si sa, alla fine potrebbe essere stato anche il maggiordomo! L'ispettore li fece accomodare tutti insieme nella sala da tè, forse anche per studiare le loro espressioni facciali. Io fui escluso dai sospettati perché tutta la mattinata ero stato accanto al mio padrone e non avevo avuto accesso alle cucine, tutte cose che l'ispettore aveva scrupolosamente controllato (anche perché vari testimoni avevano confermato la mia onnipresente presenza).

- Benvenuti e scusate questo piccolo incomodo ma, come potete ben capire, bisogna trovare il colpevole dell'assassinio. Ebbene, dopo aver ben perquisito le vostre cabine ed avervi ascoltato, credo di essere giunto a un verdetto: ma prima, se l'omicida ha il coraggio di farsi avanti e confessare, sono a sua disposizione. - disse l'ispettore con uno sguardo fermo e serio. Ci fu un silenzio plateale mentre lui continuava a passeggiare lentamente e ad osservare tutti i volti dei presunti colpevoli. Le tre donne si erano sedute sullo stesso divano e restarono con le tazzine del tè ferme a mezz'aria, mentre gli uomini stavano all'impiedi sul bancone del bar, anche loro titubanti e confusi. Devo ammettere che la cosa mi divertiva, se non fosse che il mio padrone era stato assassinato. Ma cosa dico? Questo voleva dire che ero libero! Beh quindi alla fine dovevo essere felice di quello che era accaduto, no? Questo evento doveva sicuramente rivoltarsi a mio favore, almeno lo credevo. In realtà il mio unico scopo era, dopo l'assassinio, tentare di fuggire da quella maledetta nave, solo che non ne ero in grado vista la situazione e vi ricordo che tutte le entrate erano state bloccate. Ma la sfortuna che ho potuto avere in quel frangente? Beh, non voglio anticiparvi nulla ma, visto che sto scrivendo queste mie avventure molto tempo dopo i fatti accaduti, avrete capito che in un modo o nell'altro sono riuscito a salvarmi.

L'ispettore aveva scoperto quindi il vero assassino di Kamiramu? Egli estrasse un pacco dalla carta verde e una delle donne, a quella vista, lanciò un colpo di tosse sospetto: era stata la sua cameriera ed infatti dentro vi era una sua spilla. - Signorina Clara conferma che questa spilla è la sua? - le chiese Trocklop inarcando un sopracciglio. La ragazza divenne rossa e assentì con la testa, tornando a sedersi. L'ispettore sorrise, mostrò la spilla a tutti quanti, poi la richiuse lentamente nella scatoletta. - Bene, stia serena, non abbiamo trovato le sue impronte sul bicchiere di aranciata, era per fare un po' di atmosfera. Ma delle impronte, in realtà sono state trovate: quelle di uno di voi. - rivelò sempre con fare sornione e prendendo in mano un referto medico: vi era il nome dell'assassino? Osservai che il mercante Markus si era avvicinato all'uscita della sala e sudava copiosamente, cosa che notò anche l'ispettore che subito aggiunse: - Amico, l'atmosfera si sta riscaldando troppo per i suoi gusti? Su, si avvicini e legga il nome scritto su questo pezzo di carta.

L'uomo obbedì e tirò un sospiro di sollievo nello scoprire cosa ci fosse scritto: era il nome di padre Pepos! Il sacerdote era stato l'assassino? A me pareva impossibile, anche perché era l'unico dentro la sala, oltre alla signora Morgana, ad indossare un paio di guanti. Particolare che sicuramente aveva notato lo scaltro e, diciamocelo, un po' fetente, ispettore goliardico.

- Mi spiace deludervi ma neanche il padre qui presente è stato colui che ha tolto la vita al nostro caro mercante. Signora Morgana, per cortesia, ci dica dove si trovava questa mattina! - dichiarò scandendo bene il "signora" e guardandola con occhi cupi. Avvenne tutto in pochi secondi: ricordo il suo movimento fulmineo quando si tolse uno degli orecchini (tutti quanti eravamo stati perquisiti precedentemente l'interrogatorio) e lo sparo che partì da esso verso l'ispettore. Lo colpì? Beh, se non vi siete distratti avrete capito che non era facile mettere nel sacco lo scaltro poliziotto occhialuto e baffuto e infatti egli sorrise: il proiettile si disintegrò di fronte a lui. Egli aveva tenuto acceso, per tutto il tempo in cui ci eravamo riuniti nella sala, uno scudo invisibile inceneritore che si attiva solo in caso, appunto, di spari verso di lui. Dovevate vedere la faccia della signora: era sconvolta e irritata, tanto che stava tentando, dopo l'agguato, di gettarsi dal parapetto della nave ma venne prontamente bloccata dai poliziotti che vigilavano all'esterno. L'ispettore disattivò lo scudo, si accarezzò i baffi e si rivolse a noi con tono amichevole: - Visto? Il colpevole, prima o poi, reagisce quando viene smascherato!

Ci avevo visto giusto: era stata proprio la ex moglie del mio ex padrone. Dopo che venne arrestata, mi dissero quale sarebbe stato il mio destino: sarei stato portato dal fratello del mio padrone e avrei svolto i lavori da schiavo a casa sua. Quando attraccammo al porto ero triste: pensavo di tornare di nuovo libero e il cielo grigio e tuonante sottolineava precisamente come mi sentissi in quel momento. Iniziò a piovere e sentii le gocce d'acqua bagnarmi il viso già rigato dalle mie calde lacrime. Venni scortato fino a una casetta dove mi rinchiusero assieme ad altri schiavi e vi passai tutta la notte. Eravamo vigilati da un obeso nero che ci aveva appestato l'aria di cipolla cruda, evidentemente il suo snack preferito. Continuava a ruttare e bere vino e a cantare nella sua lingua stridula. Accanto a me stava anche Clara, la cameriera, e notai quanto fosse bella, di una bellezza candida e semplice. Gli altri schiavi stavano dormendo, beati loro, incuranti di tutto il resto. Fu in quel momento che compresi che quella era l'unica possibilità di scappare via da quella ingiusta prigionia e ne parlai, sottovoce, con lei. Così Clara iniziò a lamentarsi e a contorcersi per terra, toccandosi lo stomaco. Lo stratagemma sembrò funzionare visto che la guardia si avvicinò verso di noi e disse: - Che le prende? Ha mangiato pesante la signorina? Eppure la mia zuppa mista di legumi è ottima, nessuno si è mai lamentato!

Egli si era avvicinato quanto bastava perché potessi tirargli un calcio nelle parti dove non arriva il sole e farlo piegare dal dolore e, in un attimo, riuscii a rubargli la chiave della porta che gli pendeva dalla cintura. Usciti fuori, per sicurezza, gli tirai un bel pugno sullo stomaco e lo misi a riposare. In silenzio riuscimmo a salire sul tetto della prigione e corremmo a perdifiato nel paese sconosciuto. La pioggia continuava a scrosciare intorno a noi e raggiungemmo una locanda dove, camuffandoci come se fossimo due vagabondi, ci sedemmo a un tavolo (prima di sgattaiolare via avevo rubato il sacco di monete al nostro carceriere!) e ordinammo del cibo vero. Fu quando stavo per dare la prima forchettata al dolce che lo riconobbi: era proprio lui, il mio fido guerriero immortale Lu!

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