Capitolo 2

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"Allora amore come è andato il primo giorno?" chiede dall'altro capo del telefono mia madre, mentre io mi siedo nel mio confortevole divano dopo essermi lavata e aver indossato la mia mise da notte.
"È andato bene, ci hanno messo subito a lavoro, dopo aver fatto un discorso iniziale di.." mi fermo per versarmi un bel bicchiere di vino rosso per poi finire la frase "...incoraggiamento"
"E Kim?"
"Anche lei tutto bene, era molto tesa" scuoto la testa divertita, mandando giù un sorso.
"Non ridere" mi canzona "I tuoi superiori come ti sono sembrati?" la curiosità di mia madre non ha confini.
"È troppo presto per dare giudizi" dico sincera, non li conosco abbastanza per poter dare un giudizio.
"Va bene va bene, io vado, tuo padre sta aspettando in macchina. Ti voglio bene, a domani" mi congeda.
"Ti voglio bene anche io, salutami papà" detto ciò chiudo la chiamata.

Sbuffando, mi alzo con malavoglia e prendo i fascicoli dalla mia borsa, metto apposto tutto ciò che avevo abbozzato durante la giornata.
Continuo a scrivere e a bere il mio bicchiere di vino, decidendo di preparami un bel panino e una macedonia.
Il lavoro dell'avvocato si sa quando inizia ma non quando finisce...

Il suono della sveglia mi fa balzare in aria, cadendo quasi dal mio let.. ah no, sono ancora sul divano.
Cazzo, mi sono addormentata, qui non ricordo neppure che ore fossero. Ma devo comunque alzarmi..
Mi dirigo in bagno, per fare una bella doccia, lavare il viso e i denti, dopo l'igiene mattutino esco dal bagno e vado nella cabina armadio per scegliere cosa indossare. Opto per un abito longuette bianco e nero a strisce orizzontali, con scollo a barca e maniche a tre quarti, indosso le mie décolleté nere in pelle lucida e i miei orecchini di perle. Ritorno in bagno per truccarmi e mettere il profumo, afferro la borsa e il trench e finalmente scendo a fare colazione.

Devo dire che sto avendo una sorta di ansia inspiegabile, ansia che ieri quando sono stata nell'ufficio del Signor Louis non ho avuto.
Mi dò una sistemata al vestito faccio un respiro profondo e busso, dalla vetrata osservo il mio capo intento a scrivere qualcosa al pc..
Non ottenendo nessuna risposta decido comunque di aprire la porta.
"Buongiorno, posso entrare?" chiedo a bassa voce guardando la sua figura.
"È già entrata" mi fa notare seccato, non distogliendo lo sguardo dal suo portatile.
"Non voglio disturbarla, sono qui perché il Signor Williams mi ha detto che sono suoi clienti" detto ciò alza gli occhi passando lo sguardo da me al fascicolo a me, esitando un pò di più sulle mie gambe.
"Mi faccia vedere" dice poi dopo minuti che sembrano interminabili. E faccio come dice porgendogli il fascicolo, non appena ne legge il contenuto balza come una molla dalla sedia mettendosi in piedi.
"Le hanno affidato la fusione della Coastal Motors?" urla, passandosi più volte le mani al viso.
"Si" rispondo, ma questo a quanto pare lo fa alterare di più.
"Affidano uno dei più grossi clienti dello studio ad una pivella. Io sono basito" mi ha dato della pivella? Sono senza parole, ma come si permette neppure mi conosce. È vero è il mio secondo giorno d'avvocato, ma se sono qui è proprio perché tanto pivella non sono.
"La pivella sarei io?" domando acida, portando le braccia al petto e stringendo gli occhi a fessura.
"Mi sembra ovvio" alza le spalle con quel sorrisetto da strafottente sul viso.

Chiudo gli occhi per cercare di rimanere più tranquilla possibile e faccio un profondo respiro.
"Se questa fusione mi è stata affidata vuol dire che i suoi soci sanno che posso gestirla tranquillamente. Come si permette di parlarmi in questo modo?" la mia voce è così profonda e mi immagino dall'esterno con gli occhi iniettati di sangue. Se c'è una cosa che odio è che si mettano in discussione le mie capacità, sono nata per fare l'avvocato. Ho vinto tutti i processi simulati, sia civili che penali, ho fatto stage con i migliori avvocati e giudici dello stato e lui mi dà della pivella.
Ha proprio sbagliato persona, io non sono qui per leccare il culo di nessuno, altrimenti sarei andata a lavorare per mio padre e il padre di Kim.
"Io sono il SUO CAPO, posso parlarle come voglio" si avvicina a me, tenendo lo sguardo fisso al mio. Ma non cedo.

"È vero è il mio capo, è vero c'è il suo nome sulla porta, è vero la Coastal Motors sono suoi clienti, ma è pure vero che prima di essere un dirigente lei è una persona normale come me, e tra la gente ci vuole rispetto. Io rispetto lei e lei rispetta me. Non mi interessa se lei sta qui" mimo con la mano una posizione alta "e io sto qui" mimo una posizione bassa rispetto alla precedente "Lei non può trattarmi in malo modo senza un valido motivo." Lo vedo spalancare gli occhi, come immaginavo pensava di trovarsi dinnanzi ad una giovane associata affascinata dal bel capo. Povero illuso.

"Facciamo una cosa" dice poi "le propongo una cosa" sorride beffardo.
"Cosa?"
"Se la fusione va a buon fine e il mio cliente ne trae grossi benefici e di conseguenza anche lo studio, visto e considerato che parliamo di un mio cliente, la pagherò per bene. Se invece la fusione non dovesse andare bene allora lei dovrà occuparsi solo ed esclusivamente di stupide cause" faccio finta di pensarci, questo tizio non ha capito nulla.

"Può tenersi stretto i suoi soldi, può dormire come un bambino stanotte la fusione andrà per il meglio." Sto per andarmene quando mi ricordo della firma così ritorno indietro prendo una penna dalla sua scrivania e gliela porgo "metta una firma qui" i nostri occhi si scontrano e per un secondo mi sento strana, ho dei brividi lungo la schiena. Esagerata? Si, ma non ne capisco il motivo.
Anche lui rimane immobile, con penna in mano, ma un colpo di tosse ci sveglia da quel momento, facendolo firmare.

Dopo aver salutato il mio stronzo capo e la sua segretaria esco dalla stanza, sentendo le gambe di gelatina e la gola asciutta, sono stordita e non capisco perché...

I'm in love with my bossDove le storie prendono vita. Scoprilo ora