Sono le tre del mattino. Ho le gambe irrigidite dal freddo, i muscoli tesi, la pelle d'oca. Sono stanca, ma finalmente posso andarmene da questa casa senza essere fermata.
Lo zaino è ancora aperto sul mio letto, ci sto buttando alla rinfusa le ultime cose: qualche felpa per non morire di freddo, i miei documenti, dei soldi. Per ultima prendo anche una cornice con una foto: è di circa un anno fa, quando ero in vacanza a Londra con mia sorella e alcune sue amiche; io e mia sorella maggiore eravamo abbracciate e io avevo un sorriso enorme sulle labbra, nonostante la litigata della sera precedente. Mi mancherai, Sara. L'unica persona che mi mancherà in questo posto. Infilo la foto nello zaino, assieme alle poche altre cose che porterò con me, e mi asciugo una lacrima.Ci ho pensato veramente a lungo, ma è la scelta migliore che io abbia potuto fare. Non posso resistere in questa stupida città un giorno di più. Troppe facce conosciute, troppe persone che fingono che a loro importi qualcosa di me, che chiedono "come stai?" semplicemente per abitudine, che non mi hanno mai cercata.
Ma dopotutto chi è che cercherebbe un fantasma, una persona di cui nessuno si accorge, che passa inosservata in qualunque situazione?
Sono stanca di andare a scuola ed essere ignorata, di dover andare in bagno ad asciugarmi le lacrime. Sono stanca di essere quella che aiuta tutti. Sono stanca di non avere mai il coraggio di aprir bocca per dire ciò che penso.
Sono stanca di restare qui.
Mi sento soffocare, è da mesi che stavo aspettando la data della mia partenza. E adesso che finalmente è arrivata, perché non provo più niente? Mi sarei aspettata di essere felice, e invece eccomi qui a fissare il vuoto, quasi pietrificata. Non so neanche più distinguere le mie emozioni, non so neanche più se ne provo ancora qualcuna.Indosso un paio di leggings neri e la mia felpa preferita, aggiusto i lacci dei miei anfibi.
Ormai ho deciso: la lettera d'addio è sul tavolo all'ingresso, lo zaino sulle mie spalle, il biglietto del bus già pagato in mano.
Non riesco neanche ad immaginare la faccia di Sara quando domani si sveglierà: gli occhi celesti pieni di lacrime, le guance lentigginose e il naso sottile rossi dal pianto, i lunghi capelli corvini a coprirle il viso, cercando di nascondersi; probabilmente si chiederà cosa mi ha fatto mancare per permettermi di fuggire così. Ma la cosa peggiore è che lei non ha fatto proprio nulla, non è colpa sua. È l'unica persona che mi dispiace lasciare, è l'unica persona ad essermi stata accanto per quindici anni ed è l'unica che probabilmente distruggerei andandomene.Chissà cosa penserà di me quando scoprirà che l'ho lasciata da sola. Dopotutto sono sempre stata un appoggio per lei, quasi quanto lei lo è stata per me. Ho sempre provato ad aiutarla quando ne ha avuto bisogno, e così ha fatto lei.
Ho paura che si autodistrugga pensando di non aver fatto abbastanza per me, quando invece ha fatto fin troppo. Non è colpa sua, sono io che non riesco a sopportare di vedere ogni giorno facce conosciute, di essere guardata con indifferenza o, peggio, con pietà. Non voglio la pietà di nessuno, non me ne faccio niente, ho solamente bisogno di sparire.
A nessuno importerà, se non si considera mia sorella. Ma dopotutto ho aspettato troppo tempo, e l'ho fatto solamente per lei, per tenere quel sorriso meraviglioso sulle sue labbra ancora per un po'.È un fottuto anno che voglio lasciare tutto e tutti, e per questo motivo sono un'insulsa egoista, non merito neanche di rimanere ancora in vita. Abigail è solo un'egoista e non lo nasconde. Abigail è me.
Mi faccio alquanto schifo per questo, ma adesso non ce la faccio più, ho solo bisogno di abbandonarmi all'ignoto che mi aspetta la fuori.
Finisco di sistemarmi i capelli neri che a malapena mi sfiorano le spalle, con alcune ciocche che ricadono sul volto pallido e stanco, creando contrasto. Sono uguale a mia sorella, ma anche così diversa, non so spiegarlo.
Mi decido ad aprire la porta, le mani tremanti al contatto con la maniglia gelida. Esco di casa, fa più freddo di quanto mi aspettassi, ma non posso, non voglio tirarmi indietro. Non adesso.
La fermata del bus interurbano dista poco. Infilo le cuffiette alle orecchie e alzo il volume: non voglio pensare, non stanotte.Il bus si avvicina, riesco a scorgerlo a malapena a causa della poca luce prodotta dai lampioni lungo la strada. Mi tremano le gambe.
Il mezzo si ferma davanti a me, la porta si apre e non so come trovo il coraggio di salire. Prendo posto in fondo al bus, sul sedile vicino al finestrino.
Non so esattamente dove finirò, e ciò mi provoca un brivido lungo tutta la spina dorsale. Sono pronta.Mi mancherai, Sara.
Addio.Abigail.