9. In ginocchio davanti al nemico

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"Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battagia ." 

Sun Tzu - L'arte della Guerra


Come un bravo combattente pianificai il mio attacco perlustrando, per prima cosa, l'area per conoscere il mio nemico e poter dare inizio alla battaglia. Il fatto che fossi una vecchia compagna di scuola di Ethan, mi portava parecchi vantaggi anche tra i dottori perché potevo ricavare facilmente le informazioni che mi sarebbero servite.

All'inizio avevo pensato di affrontarlo all'aperto, magari nel giardino dell'ospedale dove andava spesso, ma dovetti lasciar perdere, era sempre accompagnato dal fisioterapista. Secondo il parere dell'ortopedico che seguiva il suo caso, un'ulteriore piccola operazione chirurgica sarebbe stata necessaria per ridurre la pressione sulla vertebra schiacciata; mi aveva confidato che era molto fiducioso. Gioii quando mi disse che se Ethan avesse avuto la volontà necessaria, sarebbe riuscito a camminare nuovamente. La speranza crebbe dentro di me anche quando, nonostante la sua espressione estremamente seria, mi disse che Ethan avrebbe potuto condurre una vita del tutto normale, pur con le disfunzioni che sarebbero rimaste.

Non avrei potuto desiderare di più, Ethan stava guarendo e aveva l'intera vita davanti a sé; intendevo lottare usando tutti i mezzi che avevo a disposizione per farglielo capire.

La scuola e il lavoro mi tenevano la mente costantemente occupata, ma ogni singolo momento libero era dedicato al mio piano, perciò lo preparai curandolo nei minimi dettagli.

L'occasione per affrontarlo si presentò un pomeriggio alla fine del mio turno; avevo finito di cambiarmi e mi stavo preparando per tornare a casa.

Come d'abitudine, appena uscivo dall'ospedale e mi dirigevo verso il parcheggio o la fermata del pullman, il mio sguardo involontariamente cercava il terzo piano, la seconda finestra sulla sinistra dell'enorme vetrata, quella del corridoio che portava agli ascensori.

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Era raro che finissi il mio turno a quell'ora, a metà pomeriggio. Appena fuori dall'ingresso principale feci gli stessi ed esatti passi, quelli che ripetevo quasi ogni singolo giorno e poi, come d'abitudine, guardai in alto. Quasi inciampai sui miei piedi quando vidi una sagoma ferma dietro alla finestra. Era impossibile affermare con certezza se fosse veramente lui, probabilmente era solo un disperato desiderio del mio cuore. Anzi, sicuramente era lui, doveva essere lui.

Lo osservai per avere la conferma e rimasi lì, ferma, come pietrificata, l'andirivieni di persone sbiadì intorno a me, i rumori, gli odori, tutto quanto si gelò, la mia attenzione era rivolta alla sagoma seduta su una sedia a rotelle dietro a una finestra al terzo piano. Era assurdo quello che stavo per fare e lo sapevo, ma nel momento in cui mi parve che il suo sguardo scese su di me, alzai la mano in un timido saluto. Come risposta, restò fermo ancora qualche istante, poi girò la sedia e si allontanò, lasciandomi in mezzo alla strada, con uno stupido sorriso sulle labbra e il braccio ancora alzato. Provai a tranquillizzarmi, a convincermi che non fosse Ethan, ma una cosa era certa: i capelli rossi e la divisa verde acqua della persona accanto alla figura, erano quelli del suo fisioterapista.

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Il telefono suonò nel momento in cui aprii la macchina. Riconobbi immediatamente il numero dell'ospedale e decisi di tornare sui miei passi. Probabilmente avrei dovuto sostituire qualche collega malato o forse era in arrivo un grave incidente e avevano bisogno di rinforzi. La voce che mi salutò, non era quella della Meier, il capo reparto.

Il confine dell'amore - Un Romanzo bestseller New AdultDove le storie prendono vita. Scoprilo ora