Capitolo 10: Dolci Dolori.

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Pov Giada

La mia mente, dapprima ricolma d'ira e angoscia, ora viene completamente sgombrata da un turbine improvviso di mille emozioni che spazzano via tutte quelle emozioni negative che mi hanno oppresso il cuore.
Socchiudo gli occhi e mi lascio trasportare dai movimenti dolci delle labbra del ragazzo il quale, durante il dolce bacio, allunga le braccia e mi stringe a sè facendo così in modo che i nostri petti si tocchino ed i nostri corpi si cerchino.

È stato del tutto improvviso per me, non avrei mai creduto che Jimin provasse quei sentimenti nei miei confronti...

Il ragazzo allontana leggermente il suo viso angelico per guardarmi dritta negli occhi:
"Non te ne andare. Ti prego"

All'udire quelle parole, pronunciate con così tanto sentimento, non faccio altro che rimanere impietrita.
È come se improvvisamente il tempo si fosse fermato giocando un brutto scherzo alla mia mente, ancora confusa e frastornata dalla tempesta di emozioni che ha invaso il mio cuore pochi istanti fa.

"Io... Non saprei" ecco le uniche deboli e tremolanti parole che riescono ad uscire dalla mia bocca "Sento di non essere la benvenuta in questa nuova vita, e poi Jin..."

"Chissene fotte di Jin. Giada, tu sei perfetta così come sei, non devi farti minimamente toccare dalle parole di uno sconosciuto!"

Al chè chino il viso verso il basso e stringo saldamente il portafogli nella mano:
"... ho bisogno di tempo per riflettere. Le parole possono ferire più di una lama di una spada".

Colta da una profonda malinconia, guardo Jimin in viso per qualche istante per poi allontanarmi dal ragazzo percorrendo il viottolo che anticipa l'abitazione.
Dai miei occhi iniziano a sgorgare come fiumi lacrime fredde che gelano le mie guance; l'aria è intrisa della tipica umidità autunnale mentre col cuore duro come la pietra  imbocco una strada che conduce ad una sauna.

"Per stanotte me la cavo con qualche spicciolo dormendo qui, è più sicuro" dico tra me osservando triste la luminosa insegna intermittente dell'edificio.

All'interno della struttura mi viene offerto un materassino, un pigiama ed un durissimo cuscino, nonchè una salvietta da indossare in testa.

Mi sistemo in un angolo, a pochi passi da un gruppo di signore che discutono e criticano chiunque passi davanti ai loro sguardi attenti come quelli di un cane da caccia.
Poi i loro sguardi cadono su di me, ed io cerco di ignorarli girando dall'altra parte, ma la sensazione di essere continuamente osservata mi da sui nervi.
Serro dunque gli occhi e cerco con tutta me stessa di addormentarmi sebbene nella mia testa regni una guerra di mille pensieri.

Sono stata ingaggiata in una squadra di criminali, ho lasciato casa e pure la lussuosa residenza in cui soggiornavo, Jimin mi ha dichiarato i suoi sentimenti e sono odiata da alcuni suoi compagni. Ho lasciato a casa loro i miei averi e ora non ho neppure una casa in cui dormire dal momento che il mio appartamento è ora in affitto ad un gruppo di stranieri. Direi che la situazione è piuttosto di merda, se non fosse per Jimin...

Già, da quando mi ha dichiarato i suoi sentimenti non faccio altro che pensare a lui. È un pensiero constante, una presenza continua: Jimin si sta lentamente impossessando della mia ragione e questo mi preoccupa molto.
Nessuno prima d'ora aveva mai confessato tali sentimenti nei miei confronti, e non ho mai neppure baciato.
È tutto così nuovo per me: è come se fossi stata improvvisamente catapultata in un mondo nuovo in cui devo ancora trovare un modo per abituarmi.

Stanca dalla snervenante serata che ho trascorso tra ira, rabbia e tristezza, mi addormento riscaldata solamente dal timido tepore che invade il mio petto ed il giorno non tarda ad arrivare.

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