Quella volta che volevo essere Scrittore

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Inevitabilmente arrivò il momento in cui non mi accontentavo più di vendere le copie di Finché Piove agli amici e ai parenti - alcuni di essi pretendevano che gliele regalassi una. «Lo sconto famigliari», dicevano ridendo.

Io non ridevo. O meglio, improvvisavo una risatina e tra me e me pensavo che la copia in omaggio potessero ficcarsela in culo.

Le vendite scarseggiavano. Le librerie lasciavano il mio romanzo a marcire negli scaffali più remoti e polverosi, in attesa di ritornare nel magazzino e di venire usate a mo' di carta igienica.

L'effimero momento di gloria personale dovuto alla pubblicazione di un libro e di potermi definire uno scrittore era svanito. Il sogno di diventare il Bukowski del Ventunesimo secolo si era frantumato ed ero tornato nel fango in cui sguazzavo da tutta la vita.

I miei adorabili famigliari erano soliti chiedermi quante copie avessi venduto.

«Qualcuna», rispondevo facendo spallucce e cercavo un altro argomento di cui parlare per cambiare discorso. D'altronde, io non mi sarei mai permesso di chiedere loro a quanto ammontasse il loro miserabile salario come infermiera o magazziniere. Be', sicuramente guadagnavano più del sottoscritto: il loro ultimo modello di telefono cellulare ne era la prova.

«Perché non porti una copia di Finché Piove in biblioteca? Chissà, magari riesci a farti un po' di pubblicità col passaparola», mi suggerirono.

Lì per lì non ci diedi molto peso e mi limitai ad annuire. Ma le settimane passavano, e le copie in vendita di Finché Piove in libreria divenivano più uniche che rare. La mia carriera come scrittore stava andando a puttane ancora prima che era iniziata e stavo valutando l'idea di trovarmi un lavoro con uno stipendio fisso.

Ero disperato. Così disperato da prendere in considerazione l'idea di rendere Finché Piove accessibile a tutti e gratuito. Alla gogna pubblica, come si suol dire.

Alzai il culo dal divano, infilai una copia sottobraccio e andai in biblioteca pubblica. «Salve», dissi alla bibliotecaria al banco dei prestiti, «vorrei donare alla biblioteca questo libro».

La bibliotecaria lo prese e gli lanciò una rapida occhiata. «Columpsi? Chi è questo autore? Non l'ho mai letto».

«Ah, è solo un povero idiota. Ma forse a qualcuno potrebbe piacere».

Girovagai per gli scaffali, sezione letteratura inglese A-K, e ne estrassi un Hemingway. Presi posto a un tavolo nella sala lettura e sfogliai distrattamente il libro, mentre ero intento a scrutare la bibliotecaria che riponeva la mia creatura nella sezione narrativa contemporanea A-H, tra un Cohen e un Cummings. Ah, Finché Piove metteva in ombra i suoi due rivali.

Certo, come no.

Il tempo passava e le pagine di E il sole sorge ancora pure - ironia della sorte, stava calando la notte, erano quasi le sei di sera di una mite giornata novembrina, finché una ragazza varcò la soglia della biblioteca. Erano poche le persone che osavano mettere piede in biblioteca, e ancora di meno quelle che non avevano ancora i capelli bianchi.

Camminò spedita verso la sezione di narrativa - magari era attirata inconsciamente dalle centosettantotto pagine di Finché Piove, arte pura allo stato brado. Oh, sì, finalmente una persona che non fosse mia famigliare o mia amica stava per avventurarsi nel tetro e crudo mondo di Finché Piove. Lo vedevo, il mio omonimo Beckett che mi strizzava l'occhiolino dall'alto dei cieli.

Eppure la ragazza superò la sezione C. Oltrepassò la D, la E, l'F, finché oltrepassò l'A-H. Si addentrò nella L-R, poi nella S-Z.

Quella sconosciuta nonché potenziale lettrice mi aveva appena spezzato il cuore.

Si fermò alla T e passò un dito sui libri. Allora trovò quello che stava cercando e si diresse verso il banco dei prestiti.

«Prendo questo...» disse timidamente, con un filo di vergogna nella sua voce.

«Hai buon gusto, cara», la rincuorò la bibliotecaria. «È un libro stupendo. È proprio grazie alla Todd che ho scoperto il mio amore per la lettura».

La ragazza uscì dalla biblioteca con un After stretto in grembo e mi chiesi che cosa avessi fatto di sbagliato nella vita per meritare tutto ciò.

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