7 - I GIOCHI PRIMAVERILI DI SCOZIA

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L'inverno era agli sgoccioli e si cominciava udire il canto degli uccelli che riemergevano dal tepore dei nidi per assaporare la primavera.

In Irlanda, quello era il periodo in cui la tribù dei Daoine Sidhe — o Corte Contenta, come la chiamano in Scozia — percorreva le nostre terre e i sentieri battuti dei boschi, intonando canti propiziatori per la nuova stagione. La marcia della tribù non raggiungeva le Alpi, ma Whiffle e i suoi compagni del Piccolo Popolo si riunirono in un corteo festante e in più di un'occasione li vidi andarsene in giro a toccare i rami spogli degli alberi per far germogliare le primizie.

Mancavano meno di due settimane al novilunio e avevo decisamente affinato la mia capacità di padroneggiare la magia e invocare il favore della Dea.

La barriera si era indebolita ancora ed ero sicura che fosse prossima alla disintegrazione. Alcuni spiriti dell'inverno erano stati in grado di attraversarla: per lo più mi ero imbattuta in gnomi pasticcioni, goblin e dame verdi, ma nulla avrebbe vietato a qualcosa di più potente e dalle intenzioni meno amichevoli di guadagnare lo stesso privilegio.

Con tali pensieri percorrevo il sentiero in un pomeriggio inoltrato, con la cesta di vimini che oscillava al mio fianco. Avrei continuato indisturbata se non avessi captato un bisbiglio in quella lingua dei Sidhe a cui mi stavo abituando: «È lei».

Mi fermai.

«Lei chi?»

«Come chi? La ragazza rapita dal drago, ovviamente. Cosa ci fa qui?»

Mi voltai, frugando con lo sguardo tra gli alberi: «Non mi ha rapita» protestai. «Anzi, piuttosto direi che mi ha salvata.»

«Può sentirci» sussurrò la prima voce.

«Dove siete?» chiesi.

«Davanti a te.»

Assunsi un'espressione interrogativa. «Davanti a me? Io non vedo proprio nessuno.»

«Be', concentrati.»

«Sempre più pigri, questi esseri a due gambe.»

Due salici crescevano al ridosso del sentiero, ma non c'era traccia di forme di vita animate, ammesso che i miei due interlocutori non fossero proprio loro: la nonna raccontava che i salici si insinuavano nelle menti di chi sapeva ascoltarli, con lo scopo di fornire consigli preziosi per intraprendere il giusto cammino. Anche se alle volte si limitavano a elargire commenti piccati su chi gli passava davanti.

Mi avvicinai e sfiorai la corteccia di quello che spuntava a destra.

«Giù le mani, mi fai il solletico!»

Ritrassi le dita con uno scatto. «Scusa.»
Fare il solletico a un albero non era mai rientrato nelle mie intenzioni, davvero.

«Se sei la ragazza rapita dal drago» riprese l'altro, «credo sia opportuno che tu sappia cosa abbiamo notato poco fa».

«Di cosa state parlando?»

«Due macchie nere, verso mezzogiorno. Stavano volando in direzione della montagna.»

Soppesai l'informazione, le palpebre socchiuse, finché un'unica parola mi attraversò la mente: «Arok». O, in ogni caso, draghi del Palast. Ormai sapevo cosa aspettarmi. «Grazie.» Diedi loro le spalle e iniziai a correre.

«Cerca di non farti mangiare!» li sentii gridare.

Mi lanciai per la strada maestra e gli alberi ai lati del sentiero traslarono in un pastoso agglomerato di tonalità verdi. Sbucai dalla boscaglia, giusto in tempo per scorgere, su un rialzo poco più in là, tre grossi rettili che si ergevano ritti gli uni di fronte agli altri.
Sventolai il braccio per richiamare l'attenzione del mio compagno: «Flynn!».

BAZAL'TGOROD | Città di basalto (Vol. I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora