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«Sophia?»

«Vivian?»

«Dove sei? È la terza volta che provo a chiamarti», la voce di Vivian era leggermente infastidita.

«Sì scusami, ma sono al centro commerciale con i bambini e qui c'è una gran confusione.»

Vivian si sedette sul divano a gambe incrociate cercando di controllare il tremore della voce. Non era colpa di sua sorella se stava così, non poteva prendersela con lei.

«Ti disturbo?» chiese facendo un respiro profondo.

«Certo che no. Che succede?»

Vivian sentiva la musica del centro commerciale e James che litigava con Ava per qualcosa di apparentemente importantissimo. Si sentì in colpa per averli disturbati. Sophia aveva così pochi momenti liberi per stare con la famiglia.

«Non mi sento molto bene», disse comunque. «Ho dei dolori al basso ventre. Come delle fitte.»

«Il bambino si muove?»

«Certo che si muove, non so cosa diavolo stia combinando là dentro.»

«Si prepara a nascere, cosa vuoi che faccia? Hai contrazioni?» chiese Sophia paziente e professionale.

«Cosa intendi per contrazioni?»

«Vivian quante volte mi hai fatto questa domanda?» Era un tono divertito quello che sentiva? Lei era terrorizzata e sua sorella aveva anche il coraggio di fare dello spirito.

«Tante, ma è il mio primo figlio, scusa se non capisco cosa sta succedendo.»

«Devi stare tranquilla. Più ti agiti e più peggiori la situazione.»

«Peggiorare? Cosa c'è di peggiore dell'idea di dover partorire?»

«Un migliaio di altre cose che ora non ho proprio il tempo di star qui ad elencarti.»

«Mi dici cosa devo fare?» Vivian era sull'orlo delle lacrime.

«Te l'ho già detto: metterti tranquilla. Prova a dormire un po', oppure fa' un bagno caldo.»

«E se invece fosse il momento?»

«Aspetta di esserne sicura e poi chiama Daniel.»

«Non voglio farlo preoccupare per niente. Ci manca solo che mi reputi un'isterica primipara.»

«Hai sentito l'ostetrica?»

«No.»

«Allora chiamala.»

«Ma tu sei mia sorella!»

«Sì, e sono un'infermiera specializzata in geriatria. Direi che siamo un po' lontani dal far nascere i bambini.»

Calò il silenzio. Vivian respirava sempre più a fatica, le girava la testa e aveva la vista annebbiata.

«Mi stai liquidando?» si sfogò su Sophia. «Ti do fastidio? Tanto tu che ne sai, vero? Hai fatto un cesareo, bello sforzo!» urlò sull'orlo dell'isteria.

Sapeva di essere ingiusta e crudele, e sapeva anche che tanto sua sorella non perdeva mai la pazienza.

«Chiama l'ostetrica e fammi sapere», rispose Sophia e interruppe la conversazione.

Vivian guardò il pancione che sembrava impazzito. Il bambino continuava a muoversi formando onde e buchi e rigonfiamenti strani. «Ti prego, non adesso. Non sono pronta.»

Era terrorizzata all'idea del dolore che avrebbe dovuto affrontare. E non le importava un accidenti di tutto quello che le avevano spiegato al corso preparto. O meglio, non ricordava una parola su respirazione e posizioni. Quel bambino doveva passare attraverso la sua vagina in un modo o in un altro.

Un dolore acuto alla base della schiena lo fece sobbalzare.

«No! No! No!» cominciò a piangere. Afferrò il telefono e cercò il numero dell'ostetrica. «Kate!» urlò appena rispose.

«Sei un po' agitata o mi sbaglio?»

«Sto morendo di paura.» Con lei Vivian poteva essere sincera.

«Dimmi cosa succede.» Pratica, accomodante, tranquilla.

«Il bambino è irrequieto», cominciò a dire. «E non mi sento bene, non so come spiegartelo. Ho il panico!»

«Hai contrazioni?» Perché tutte le chiedevano delle contrazioni?

«Non lo so. Ho appena avuto una fitta forte alla schiena, può essere una contrazione?»

«Potrebbe esserlo. Sei vicina alla data presunta, il tuo corpo si sta preparando. È una fase.»

«Fase? Preparando? Non scherziamo!»

«Potrebbero volerci giorni», cercò di tranquillizzarla.

«Sei sicura? Perché non sono pronta. Per niente.» Vivian si toccò il pancione cercando di regolare il respiro. Stava facendo la figura della stupida, per fortuna Daniel non la vedeva in quello stato.

Si sentiva un'idiota perchè stava facendo perdere tempo a Kate che sicuramente era in servizio. «Che devo fare?» decise di chiedere infine. Se la sarebbe sbrigata da sola.

«Per prima cosa stare calma. Se continui ad agitarti il tuo corpo non capisce e peggiori la situazione. Il parto è una cosa naturale. La tua mente al momento non ci serve. Le paure sono tutte tue, il bambino sa cosa deve fare. Devi solo lasciare alla natura fare il suo corso. Distraiti e non pensarci.»

La faceva troppo facile. Cosa avrebbe dovuto fare da sola a casa il trentuno dicembre per distrarsi dal presunto inizio del travaglio? Uscire a fare una passeggiata col rischio di partorire per strada?

«Se le fitte continuano, cerca di monitorare con quale frequenza. Se stai bene e non ci sono fatti allarmanti puoi rimanere a casa fino all'ultimo. Ti ripeto potrebbero volerci ancora dei giorni, non lo possiamo sapere con certezza. Se per caso, invece, vedi sangue o ti si rompono le acque..»

«Potrebbero? Io stasera sono fuori a cena..» quasi urlò Vivian di nuovo sconnessa dalla realtà. Davvero avrebbe potuto allagare il pavimento del ristorante davanti alla ex moglie del suo compagno? Che razza di idea stupida aveva avuto Daniel a volerla trascinare nella fossa dei leoni. Già aveva rovinato un matrimonio, se avesse rovinato anche la cena l'avrebbero messa alla forca.

«Se ti si rompono le acque vai in ospedale», continua Kate come se Vivian non l'avesse interrotta.

«Cercherò di distrarmi», disse Vivian. Sapeva che sarebbe stato impossibile.

«Guardati un film, fatti un bagno caldo, leggi un libro. Aiuta.»

«Il bagno caldo l'ho già fatto stamattina», precisò.

«Molto bene.»

«E se mi si fossero rotte le acque nella vasca e non me ne fossi accorta?»

«Te ne saresti accorta. Fidati del tuo corpo», spiegò Kate. «E del tuo bambino.»

«Grazie», Vivian scoppiò a piangere. «Sei così gentile. Io sono orribile, una disperazione. Dovrei essere felice, c'è gente che darebbe il mondo per essere nella mia situazione e io invece penso solo a me stessa. Perché non mi mandi al diavolo?»

«Perché altrimenti dovrei cambiare lavoro. Per me è una missione, un piacere, è la mia vita.»

«Se qualcosa non va posso chiamarti?»

«Io sono in reparto, adesso, sto facendo un turno extra. Ma se posso ti rispondo volentieri.»

Quando terminarono la conversazione Vivian rimase in piedi, in mezzo al salotto, asciugandosi le lacrime. Si diresse verso la cameretta del bambino. Improvvisamente si sentì meglio. I dolori sembravano essere passati e i movimenti del bambino erano molto più tranquilli.

«Ecco bravo, così va meglio», disse Vivian ad alta voce. «Rilassati e fatti una dormitina, che dopo non sarà più la stessa cosa.»

Erano nove mesi che lo ripetevano anche a lei. 

LA NOTTE DEI BUONI PROPOSITIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora