Di solito i bambini non lo sanno cosa vogliono fare da grandi.
Tutti ci passiamo a turno le stesse ambizioni (Tutti hanno almeno un amico che da piccolo voleva fare il dottore. O il veterinario. O il pediatra. O l'insegnante. O il calciatore. E menomale che a quell'età un minimo di fantasia si dovrebbe avere), condividiamo gli stessi obiettivi, finché finiamo la scuola con un voto mediocre, e quando cominciamo ad accarezzare timidamente vecchi sogni nel cassetto scopriamo che di dottori, veterinari, pediatri, insegnanti e calciatori ce ne sono già troppi. Peccato, è stato bello sognare. E a quel punto dobbiamo accontentarci di lavori che quando immaginavamo la nostra vita attuale non ci avrebbero nemmeno sfiorato l'anticamera del cervello.
Eppure, qualcuno a volte, contro ogni aspettativa, finisce per fare proprio quel mestiere nel cui ambito pensavamo non ci fosse più posto per noi, e ci chiediamo come diavolo abbia fatto. Soobin avrebbe risposto 'ma che ne so, io volevo fare l'astronauta'.
E lui l'astronauta lo voleva fare davvero. Da quando era stato in grado di camminare da solo, la sua mamma l'aveva sempre trovato ad orari improponibili con il nasino attaccato al vetro freddo della finestra, perché 'Guarda, mamma! Quella è la Luna!'. Il suo primo costume di Carnevale era stata una tuta della NASA, il suo primo regalo un telescopio giocattolo, che poi era diventato un telescopio vero quando aveva compiuto tredici anni, che poi era diventato un bel nulla, perché la sua vita aveva preso una piega decisamente diversa rispetto a quella che si era immaginato.
Un giorno, -aveva quindici anni- un signore in giacca e cravatta lo aveva fermato per strada, mentre si recava a scuola per il suo corso di fisica pomeridiano. Gli aveva detto di lavorare per un'agenzia discografica che Soobin aveva riconosciuto all'istante, e gli aveva fatto scivolare in tasca un biglietto da visita. Venti mesi dopo, stava completando il suo primo tour negli USA, e il libro di fisica avanzata era nel cassetto della sua camera, a casa, a prendere polvere.
No, non si era dimenticato della sua prima passione. Non quando, alzando gli occhi verso l'alto mentre il pullman da tour lo portava da una città all'altra, riusciva ancora a distinguere i vari corpi celesti ed ad assegnare loro dei nomi. Solo, la sua vita era finita per essere completamente un'altra. Non aveva senso concentrarsi su qualcosa che non sarebbe mai più stato parte del suo futuro. O no?
Per questo, Soobin era del tutto convinto che, a quel punto della sua vita, il contatto massimo che avrebbe avuto con un corpo celeste sarebbe stata qualche illustrazione su un sito di astronomia che visitava nell'esiguo tempo libero che aveva. Certo, lo pensò finché non trovò l'alieno nel retro dell'hotel.
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Era mercoledì, e il suo tour stava facendo tappa in Arizona. Doveva esserlo, perché aveva imparato a memoria tutte le date molto tempo prima: mercoledì ventiquattro maggio, nella sua testa, era indissolubilmente collegato a Phoenix, Arizona.
Non poteva lamentarsi: lo show era andato bene, i fan erano entusiasti come al solito, e lui si era divertito un sacco. Il giorno prima del concerto aveva anche avuto qualche ora di tempo per visitare la città: i colori predominanti erano l'arancione e il rosso, e dal balcone della sua camera d'hotel aveva un'ottima vista sul deserto. Si era ritrovato lì dopo la performance: erano le tre di notte, e dato che non poteva bere vino come le star nei film a causa della sua giovane età, si era dovuto accontentare di una lattina di tè freddo. Al limone: dopo le otto di sera, quello alla pesca perde semplicemente ogni fascino.
Soobin era seduto in balcone, ripercorrendo mentalmente ogni attimo del concerto, per cercare di ricordare se ogni fan che era riuscito ad intravedere si era divertito, se lui era riuscito ad intrattenerli a sufficienza, se aveva stonato... Nel bel mezzo di uno sbuffo perché quel cambio di tonalità gli era venuto proprio male, alzò gli occhi al cielo e sorrise: il cielo del deserto, chiaro e visibile, gli stava regalando l'immagine di una stella cadente. Non fece in tempo ad esprimere un desiderio, però, che gli divenne dolorosamente chiaro come la cometa stesse puntando contro di lui. Magari non esattamente contro di lui, ma Soobin dubitava che se un corpo celeste si fosse schiantato quindici metri più in là l'avrebbe lasciato illeso.
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aeroplani - yeonbin.
Science FictionSoobin non credeva agli alieni, e non riusciva a capire se credeva nell'amore. Word count: 4.1k