14. Piacere di conoscermi?

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8 mesi dopo essere uscito dall'ospedale...

«Sei pronto Shawn?»

Osservai per l'ultima volta la stanza a dir poco spartana, quella che era stata la mia casa negli ultimi mesi. Il mio cuore accelerò i battiti nel momento in cui pensai a ciò che avrei dovuto affrontare nell'immediato futuro.

Mesi prima, quando ero appena arrivato alla clinica, i momenti che riuscivano a infondermi una briciola di ottimismo, che mi facevano tirare un respiro di sollievo, erano stati talmente pochi che, nel giro di qualche giorno, ero arrivato alla conclusione che non ci sarebbe stato nulla da fare per me e che il mio destino fosse ormai segnato. Pensavo che nessuno sarebbe riuscito a riempire neanche una piccola parte del vuoto che sentivo, ad assistermi nel compiere anche solo un passo, un battito del cuore, qualsiasi cosa che potesse far diventare un po' più sopportabile l'inferno che stavo vivendo.

Forse ho sbagliato a pensare di aver superato la parte più difficile. Perché non riesco a togliermi di dosso la sgradevole sensazione che il peggio debba ancora arrivare?

«Sono pronto tanto quanto lo posso essere in una situazione del genere.» Provai a camuffare il mio nervosismo con una risata, che vacillò. In fretta aggiunsi: «Hai chiamato un taxi per me o dovrò aspettare che Phillip finisca il suo turno?»

Mi trovavo ancora seduto sul letto, alzai lo sguardo verso il mio nuovo "amico" che, invece, era tranquillamente appoggiato allo stipite della porta, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. La sua posa emanava una serenità che invidiai fino a rodermi dentro. Visto che, d'ora in poi, non sarebbe più stato il mio terapeuta, ''Richard Foehn'' si era guadagnato egregiamente quel titolo e molto altro ancora, perché era riuscito a conquistare anche il mio rispetto. Quel pover'uomo aveva dovuto sopportarmi per tre, occasionalmente anche quattro volte alla settimana ed era stato al mio fianco per diverse ore di seguito quando avevo avuto le crisi peggiori. Una cosa era certa: negli ultimi mesi dovermi restare accanto era qualcosa che non avrei augurato nemmeno al mio peggior nemico. Beh... forse tranne a Liridon.

Furono mesi terribili, in molte occasioni i ricordi tanto potenti, avevano minacciato di strapparmi il cuore e di condurmi alla pazzia. In certi momenti mi sentivo come se fossi stato sepolto vivo in luogo innominabile, ero morto, ma per una stupida ragione, che non riuscivo ancora a comprendere, il mio cuore aveva continuato a battere. Richard, insieme agli altri dottori e infermieri che mi avevano seguito, aveva continuato a insistere, dicendomi che il peggio sarebbe passato, ma all'inizio non fu facile convincermi. Non meritavo la guarigione. Mi sentivo completamente svuotato, come se la mia anima fosse stata prosciugata da tutte le cose buone che avevo vissuto; solo il senso di colpa, la rabbia e la delusione nei confronti di me stesso regnavano prepotentemente. Tutto mi faceva male, era come se il mio corpo venisse costantemente lacerato, poi ricucito, solo per essere trucidato di nuovo. Avevo ricordato tutto, non mi era stato risparmiato nessun terribile dettaglio, anche se avevo provato con tutto me stesso a estirpare il dolore e le emozioni.

Il confine dell'amore - Un Romanzo bestseller New AdultDove le storie prendono vita. Scoprilo ora