Hunt for revenge

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E' Incredibile come certe esperienze ci possano cambiare. Un attimo prima ce ne freghiamo e facciamo tutto non pensando alle conseguenze e un attimo dopo siamo esattamente il contrario. Peccato però che a questo ci si pensa dopo che tutto quello che non avremmo mai voluto che accadesse, accada. E' frustrante pensare a quanti sbagli si sarebbero evitati se ci si fosse comportati diversamente, ma la vita è fatta anche di questo, che ci piaccia o no, non possiamo cercare di evitare tutto quello che può farci stare male. Queste parole sono abbastanza consolatorie per qualcuno che ha subito un grave trauma nella vita, ma io, seppure le abbia appena scritte, non ci credo molto. A dire la verità, ora penso che queste parole siano l'ultima cosa che serve a qualcuno dopo che la sua vita sia stata distrutta da qualcosa, sono completamente inutili e ti fanno sentire ancora più male. Ma ovviamente le persone che non hanno passato la stessa cosa che hai passato tu, questo non lo capiscono e pensano esattamente il contrario, lo so perchè anch'io la pensavo così. Ma ora capisco cose che prima non capivo e so cose che prima non immaginavo nemmeno che esistessero. Ora ho deciso di raccontarle, di scriverle su questo foglio bianco facendo finta di avere qualcuno che mi scolti accanto a me.

Quel giorno di sei anni fa, me lo ricordo come se fosse ieri. Erano le cinque del pomeriggio e io mi stavo preparando per andare all'ennesima festa con la mia compagnia del liceo. Era sabato e a casa c'erano tutti: mia madre, mio padre e la mia sorellina più piccola di me di cinque anni. Erano tutti al piano di sotto, in soggiorno, che guardavano un film mangiando pop-corn e ridendo. Li sentivo dalla mia camera che si divertivano, ma a me non importava essere lì con loro, per me era più importante pensare a cosa avrei indossato o a come mi sarei fatta i capelli. Loro lo sapevano questo, mi conoscevano bene e si vedeva il loro dispiacere quando io rifiutavo di andare al centro commericiale assieme a loro o di andare a mangiare una pizza. Pensavo che ormai ero troppo grande per passare del tempo con la mia famiglia e che dovevo invece passarne di più con i miei amici. Litigavo spesso con i miei per questo, ma a me non importav a ciò che pensavano, non mi importava che credessero che io fossi crudele e immatura, che io non dovessi rispondere male e che per loro stessi dventando una persona spregevole, no, a me non importava. Mi importava solo di riuscire ad andare a quelle dannate feste del liceo ad ubriacarmi e trovarmi un nuovo ragazzo, che poi avrei mollato.
Stavo lì, davanti all'armadio disperata perchè non trovavo nulla da mettermi.
Poi squilla il telefono. Era Lana, la mia migliore amica.
-Tempismo perfetto, stavo quasi per chiamarti!- le dissi entusiasta.
-Anche tu sei in piena crisi da "non ho un cazzo da mettermi?"-
-Ci sono dentro fino al collo! Tu hai qualche idea?-
-Secondo te perchè ti ho chiamata, bella?!-
risi. Intanto avevo acceso lo stereo con della musica metal ad alto volume. -Forse questa mi farà venire qualche idea.- dissi buttandomi sul letto.
-Oh, parole sante, bambina. Senti, che ne dici di uno scambio? Io ho qui un fantastico tubino che ti starebbe d'incanto e tu invece hai quel favoloso minidress che ucciderei per indossarlo!-
-Mh, interessante. Ma poi che faccio se il tubino mi fa sembrare uno schifo? Sarei fottuta mentre tu te ne staresti lì felice con il mio abito.-
-Oh, no, ti assicuro che questo ti sta bene, credimi. Al limite scegli qualcos'altro, tanto abbiamo la stessa taglia!-
-Ok, affare fatto. Tra un quarto d'ora sono da te.-
-Ok, a fra poco!-
Quindi presi una borsa e ci misi dentro il mio minidress nero. Quel vestito lo mettevo quasi a tutte le feste, era diventato il mio simbolo. Piaceva a tutti e chiunque incontrassi mi diceva che mi stava bene, soprattutto i ragazzi, a cui però non fregava niente del vestito ma di quello che lasciava vedere, che era parecchio. Non mi sono mai lamentata del mio corpo, soprattutto in quel periodo, ne andavo fera, avevo tutti le curve al posto giusto, le gambe snelle e la pancia piatta. Me ne vantavo moltissimo, lo consideravo il mio punto forte, infatti indossavo solo abiti che non lasciavano assolutamente nulla all'immaginazione. Se l'abito non era scollato e non faceva vedere le tette, allora avevo la gonna a livello inguinle o la schiena completamente scoperta e il sedere ben in vista. Dicevo sempre: "se hai un bel corpo, vuol dire che sei fatta per essere messa in mostra", con quel tono snob e superficiale da "io sono la più bella e nessuno è alla mia altezza". Ora mi odio per essere stata così.
Comunque, scesi le scale e andai verso la porta d'uscita.
-Io esco.- dissi e uscci, ancora primna che mia madre o mio padre mi chiedessero dove stessi andando e quando avessi intenzione di tornare.
La casa di Lana era a dieci minuti dalla mia, quindi la raggiungevo facilmente a piedi. Appena arrivata, Lei mi aprì la porta e mi diede un abbraccio per salutarmi. Era sola a casa, i suoi genitori erano via e non sarebbero tornati prima dell'indomani mattina. Lei era figlia unica e io la invidiavo per questo. Le dicevo sempre che era fortunata a non avere una sorellina pestifera che le rubava sempre il bagno o che la disturbava quando stava al telefono. Non capivo che Kimberly, mia sorella, voleva solo stare un po' di tempo con me a giocare o a divertirsi, per me voleva solo darmi fastidio.
-L'hai portato?- mi chiese impaziente.
Io lo tirai fuori dalla borsa e feci un grosso sorriso. -Eccolo!- esclamai.
Lei fece un urlo di felicità e mi portò in camera sua a farmi vedere il tubino.
-Eccolo qui. Niente male eh.-
Mi diede in mano un abitino aderente verde militare con lo scollo a cuore e un'allacciatura a lacci sul dietro che proseguiva fino a poco sopra il sedere.
-Wow!- esclamai. A me piaceva sul serio, anche se era un abito che chiunque etichetterebbe come "vestito da troia", era uno stile che a me piaceva. Lo indossai e mi calzava a pennello, lo trovavo anche comodo (già, "comodo") e metteva in mostra tutto quello che volevo fosse messo in mostra.
-Tel'avevo detto io che ti starebbe stato d'incanto!- mi disse Lana entusiasta.
Io sorrisi, felice. Poi ci truccammo. Lei si mise un po' di ombretto nero brillantinato sulle palpebre e un quintale di mascara e raccolse i suoi lisci capelli neri in una treccia in parte. Io invece mi misi una tonnellata di eylayner, come ero solita fare, che metteva a risalto i miei occhi verdi, con un rossetto bordeaux sulle labbra e tenni i mei capelli rossi e mossi sciolti che mi cadevano sulle spalle proseguendo fino alla linea del girovita e feci cadere la mia frangia sulla fronte. Mettemmo entrambe un paio di tacchi vertigginosi, ovviamente non potevano mancare, e verso le otto passò Brayan, il nostro affascinante amico, a prenderci con la sua macchina.
-Wow, sempre più fiche voi due eh?- disse lui squadrandoci da capo a piedi.
-Che ti aspettavi Brayan!- esclamò Lana salendo sul sedile posteriore.
Io mi sedetti su quello anteriore. -Allora, come ti vanno le cose Brayan?- dissi provocandolo con lo sguardo.
-Oh, adesso benone!- rise.
-Dai andiamo a questa dannata festa!-
Poi partimmo e andammo verso una villa che apparteneva alla famiglia di un ragazzo del liceo che aveva approfittato dell'assenza dei suoi genitori per organizzare un mega party, con tanto di piscina e ampio giardino. Non conoscevo nemmeno quello sfigato, quello che importava era divertirsi ed essere stata invitata.
Quando arrivammo era già pieno di gente. Ce n'era da tutte le parti e tutti avevano o una bottiglia di birra in mano o un bicchiere con dentro un cokteil. In giardino c'era un DJ che metteva della disco music ad alto volume e tutti ballavano. Parecchia gente era già ubriaca, qualcuno si imboscava dietro i cespugli con una ragazza a "divertirsi" e altri erano in piscina a fare i cretini tuffandosi o a limonare con qualche altra ragazza. C'era chi era in costume o anche chi si spogliava nudo, ma per quanto possano essere sconvolgenti tutte queste cose, io c'ero ormai abituata e mi fiondai subito a prendere una bottiglia di birra. Tutta contenta la aprii e con un sorso ne feci fuori quasi metà.
-Hey bellezza, ci vai giù pesante.- Un ragazzo mi si avvicinò e mi mise un braccio attorno al collo sussurrandomi quelle parole nell'orecchio. Io risi e lo guardai. Lo trovai carino.
-Beh, viva l'alcol!- risi.
-Vieni, balliamo.- mi disse facendo uno sguardo provocatorio. Io ricambiai con lo stesso sguardo, bevvi l'ultimo grosso sorso di birra, finendo quasi la bottiglia, e andai con lui. Il mio modo di ballare era molto provocatorio, mi muovevo con movimenti lenti e sensuali, mi strusciavo contro di lui davanti e dietro mentre cacciava le sue mani liberamente sul mio corpo. Poi le mise sul mio fondo schiena e mi sollevò e lì ci infilammo entrambi la lingua in bocca. Non dico nulla per giustificare il mio comportamento da puttana, invece ammetto che non ero del tutto ubriaca e che desideravo farmi quel ragazzo, anche se non sapevo chi era, mi bastava che fosse fico. Dopo il lungo bacio, lui mi trascinò in un angolo e mi mise contro il muro.
-Dio quanto sei sexy, ti voglio!- mi disse, poi cercò ancora di baciarmi, ma io lo fermai.
-Hey, piano Speedy Gonzales!- risi, -Non permetterò al tuo giochino di toccarmi.- il mio tono era serio ma il mio sguardo era furbo. Per quanto possa essere stata così spavalda, non permettevo mai a nessuno di toccarmi oltre. Per fortuna avevo la coscenza di non fare la troia fino in fondo. Mi piaceva provocare i ragazzi, ma bensì io mi lasciassi così andare con dei tipi come il ragazzo di quella sera, non significava che mi piacessero. Il mio tipo di ragazzo era esattamente l'opposto, sapevo bene che i ragazzi festaioli che trovavo in discoteca o alle feste volevano solo il sesso, quindi, sebbene io non li sopportassi, mi comportavo in quel modo per poi, sul più bello, scaricarli. E fu così che feci anche quella sera. Quel tipo continuava ad insistere, facendo arrivare la mia pazienza al limite. Allora fui costretta ad usare le maniere forti per togliermelo di dosso, così lo colpii nelle parti basse e lui si accasciò a terra. Io me ne andai soddisfatta di avergli dato una lezione. Mi piaceva divertirmi, ma non arrivavo a certi punti.
Mi diressi dinuovo verso il bancone e chiesi al barista un bicchierino di Vodka. Poi il mio cellulare squillò. Guardai chi era e comparve il numero di casa. Feci un'espressione scocciata e riattaccai. Poco dopo però squillò dinuovo. Decisi di rispondre, anche se con malavoglia. Non mi avevano mai chiamata due volte di seguito, se riattaccavo capivano di lasciarmi in pace, ma stavolta sembravano insistenti.
-Pronto?- dissi sgarbatamente.
Dll'altra parte rispose Kimberly, con respiro affannoso. -Alex!- disse. Il suo tono aveva una nota di terrore, allora cominciai a preoccuparmi. -Kimberly, che c'è?- chiesi seria.
-Alex, devi venire subito, aiutami per favore, vieni subito!-. Il suo tono era basso, quasi bisbigliava. Le sue parole furono seguite da un pianto e lì capii che era successo qualcosa di grave.
-Ok, Kimberly, sto arrivando, ma che è successo?!-
-Devo andare, o mi troveranno. Vieni presto, ti prego!- riattaccò.
-Kimberly? Kimberly! Oh, dannazzione!-

Andai da Brayan e gli dissi di darmi le chiavi della sua auto, lui non volle, ma io gli urlai addosso, così fu costretto a darmele. Andai verso la macchina e partii, cercando di fare più in fretta possibile.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 26, 2015 ⏰

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