Le strade di Roma

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CAPITOLO I: LE STRADE DI ROMA.

Giugno, prima settimana a Roma.

Andree non ne può più di camminare sotto il sole cocente della città eterna. Ha mandato via l’autista venti minuti prima, perciò deve cavarsela da sola. Continua ad andare avanti e indietro, sbagliando strada, fino a quando decide di fermarsi all’ombra. Si sistema il capello di paglia in modo da proteggersi meglio il viso dal sole. Tornare a Roma è una pessima idea, lo sapeva sin dall’inizio, ma le suppliche del padre l’avevano fatta cedere. Certo, sua madre l’aveva avvertita che non sarebbe stato facile, ma lei aveva fatto di testa sua perché quella città era comunque parte della sua vita. Allunga la mano nella borsa e resta delusa nello scoprire di aver consumato l’intera bottiglietta d’acqua. Entra nel bar più vicino perché con quel caldo ha bisogno di qualcosa di fresco.
“Buongiorno. Cosa posso servirti?” chiede la barista con un sorriso.
“Salve. Vorrei una limonata fredda, grazie.”
Mentre aspetta al bancone, Andree si guarda intorno e nota un gruppo di ragazzi che ride rumorosamente.
“Ecco qua.” La richiama la barista, e le porge un bicchiere con un ombrellino fucsia sul bordo.
“Grazie mille. Pago con la carta.”
Andree inserisce il codice della propria carta quando il gruppo di ragazzi si avvicina alla cassa.
“Quanto paghiamo?” domanda uno di loro. La barista batte cassa e mostra loro lo scontrino.
“Sono ventidue euro e settanta centesimi.”
“Okay. Raga, sganciate i sordi!” strilla un ragazzo biondino, sigaretta dietro l’orecchio e t-shirt con la stampa di un teschio sopra.
Andree non riesce a mascherare una risatina, quei ragazzi sono davvero dei selvaggi. Quello alle sue spalle, occhiali da sole e tatuaggi in bella mostra su collo e braccia, si tasta le tasche dei pantaloni.
“Anticipate pure per me, poi ve li do.”
“Seh, ce dai sto’ cazzo, Moriconi!” lo rimprovera l’amico spingendolo. L’attimo dopo la limonata finisce sulla camicetta di Andree, che ripone sul bancone il bicchiere ormai vuoto. Il ragazzo che le è caduto addosso si volta con espressione mortificata, togliendosi gli occhiali per rivelare due occhi spalancati.
“Scusa! Mi dispiace. Non volevo.”
Andree sorride, in fondo non è successo chissà quale disastro.
“Non importa. Sono cose che capitano. Sai, finalmente ho l’occasione per buttare questa camicetta che non mi piace più.”
Il ragazzo si rilassa e si lascia scappare un sorriso.
“Posso almeno offrirti qualcos’altro da bere?”
“Aspe, mo’ hai detto che non c’hai i sordi!” gli ricorda l’amico, quello che fa i conti. Andree ride per l’imbarazzo del ragazzo, pertanto si alza e indossa di nuovo il cappello.
“Grazie per l’offerta, ma non è necessario. Sto bene così. Piuttosto restituisci ciò che devi ai tuoi amici.”
Andree esce dal bar dando un’ultima occhiata divertita al gruppo, e dopotutto questa mattinata non sta andando poi così male.
Niccolò la guarda andare via con la faccia da ebete, immobile con la mano in tasca, un sorriso ancora abbozzato sulle labbra. Aggrotta le sopracciglia quando Adriano gli dà una spallata.
“Oh, caccia i sordi, tirchio.”

Andree sospira per l’ennesima volta dopo aver imboccato ancora la strada sbagliata. Cinque anni lontana da Roma e ha già dimenticato i percorsi principali.
“Non è possibile!” dice a bassa voce, esasperata.
Indietreggia per tornare da dove è arrivata e, mentre si volta, va a sbattere contro qualcuno. E’ il ragazzo del bar.
“Scusami, non ti ho proprio visto. Ero sovrappensiero.” Dice Andree con un sorriso timido. Il ragazzo scrolla la testa e liquida le scuse con un gesto della mano.
“Dovremmo smetterla di incontraci così. O meglio, di scontrarci.”
“Sì. – dice lei – Hai ragione.”
“Comunque, lui è Niccolò!” grida un ragazzo a pochi passi da loro. Il diretto interessato si gira verso l’amico per fargli un gestaccio, poi torna a guardare la ragazza e tende la mano.
“Io sono Niccolò, piacere.”
Lei gli stringe la mano con una forte presa.
“Io sono Andree, piacere mio.”
“Andree? Non sei italiana.” Osserva lui, e si accende una sigaretta.
“Sono italo-francese. Ti dispiacerebbe darmi un’informazione?”
“Chiedi pure.”
Andree avverte l’odore di fumo che le pizzica il naso, però si avvicina lo stesso a lui per mostrargli la mappa della città sul cellulare.
“Sapresti indicarmi la strada per Via del Corso? Mi sono persa.”
“Nic, dobbiamo andare! Facciamo tardi!” lo richiama l’amico.
“Noi stiamo andando proprio da quelle parti. Se ti va, ti possiamo accompagnare.” Propone Niccolò con tono gentile. Andree, sebbene incerta, annuisce perché non può tardare oltre.
“Sì, va bene. Grazie.”
Niccolò si sposta di lato per farla passare come un gentiluomo. Certo, un gentiluomo coperto di tatuaggi e con una maglietta della Fila.
“Ragazzi, lei è Andree. L’accompagniamo in Via del Corso.”
“Allora noi ce ne andiamo. Buon lavoro!” dice il biondino, e insieme ad altri due amici si allontanano.
“Per la cronica, io mi chiamo Adriano.”
Andree gli stringe la mano ridendo per il tono pretenzioso con cui si è presentato.
“Andree, piacere.”
Sobbalza quando sente la mano di Niccolò sulla schiena, è un tocco leggero e galante.
“Da questa parte, madame.”
“E’ ‘mademoiselle’, in quanto sono ancora nubile. ‘Madame’ si usa con le donne sposate, o con le donne di una certa età a prescindere dal loro stato.” Precisa Andree aggiustandosi la borsa sulla spalla.
“Che figura de merda.” Commenta Adriano trattenendo una risata. Niccolò getta il mozzicone a terra, troppo imbarazzato per guardarla, e si limita ad annuire.
“Scusi la mia ignoranza, mademoiselle.”
Andree gli mette la mano sulla spalla e gli sorride raggiante, non c’è ombra di turbamento nel suo sguardo.
“Ti perdono per avermi dato della vecchiaccia.”
Niccolò rallenta il passo per accendersi un’altra sigaretta mentre Andree e Adriano camminano, e si sofferma sulla ragazza. Ha i capelli neri lunghi fino alle scapole e con una frangetta perfettamente pettinata, i grandi occhi scuri sembrano gentili, e dalle sue labbra rosee viene fuori un italiano macchiato da un appena accennato accento francese. Indossa colori pastello, gonna azzurrina e camicetta rosa, e un cappello bianco di paglia che la fa sembrare una ragazza d’alta società in vacanza.
“Oh, datti ‘na mossa, ché sennò il boss ci licenzia per davvero.” Dice Adriano, e Niccolò si affretta a raggiungerli.
“Di che stavate parlando?”
“Raccontavo ad Adriano del mio bizzarro compagno di volo che mi ha parlato del suo gatto per tutto il tempo.” dice Andree, e non smette di sorridere.
“Continua a raccontare, la strada è lunga.”

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