Erano ore che quegli strani ragazzi incappucciati continuavano a ballare, cantare e suonare, e ormai la testa di Bea sembrava stesse per scoppiare.

Era seduta per terra appoggiata ad un albero sotto la stretta sorveglianza del ragazzo dagli occhi verdi che era seduto su un tronco a qualche metro da lei.

Il broncio non spariva dal volto della giovane che se ne stava seduta li sotto con le gambe e le braccia incrociate con uno sguardo indagatore e assolutamente impassibile.

Dentro di lei stentava a credere che tutto quello che aveva intorno fosse vero, ma preferiva questo allo sposare un perfetto sconosciuto, l'unico per cui le dispiaceva era il fratellino, che sperava avrebbe avuto un futuro migliore, perché si.... lei non aveva intenzione di tornare a casa sua. In quei giorni passati sull'isola si era resa conto che la vita da nobile cittadina londinese non le si addiceva per nulla e che per nulla al mondo ci sarebbe ritornata.

Si era resa conto di non amare davvero la sua vita e di non avere un vero rapporto con la sua famiglia. Guardando quei ragazzini ballare e cantare insieme, uniti ad ogni costo, aveva capito cosa significasse davvero essere parte di una famiglia anche se nessuno le aveva ancora mai parlato o rivolto la parola per paura di mettersi contro il loro capo, che per qualche strano motivo, pareva essere stranamente protettivo con lei.

Il giovane Pan si era rivelato essere l'esatto opposto di colui che Beatrice raccontava nelle sue fiabe.
Infatti egli non era per nulla dolce, amichevole, felice e sprizzante di gioia, anzi, perennemente arrabbiato e nervoso con il mondo.

In quella che le pareva una settimana aveva ucciso due sperduti, così chiamava i suoi seguaci, solo perché avevano avuto il coraggio di rispondergli a tono.

"Ciao"
La voce di un ragazzo la risveglió dai suoi pensieri.
Il giovane avrá avuto si e no 17 anni, aveva i capelli neri e arruffati e gli occhi chiari.

"Ehm, ciao?!" Rispose più come se fosse una domanda. "Non hai paura che Pan ti polverizzi?" Chiese

"No, dopotutto dovrai pur fare qualcosa, da quando sei arrivata non fai altro che pulire le capanne, cucinare e infine stare seduta qui sotto, stai scavando un fosso ormai!"disse divertito.
E come poteva dargli torto, Pan l'aveva praticamente costretta a fargli da serva.

"Comunque io sono John" si presentó porgendole la mano che lei strinse a sua volta.
"Credo tu sappia chi sono quindi..." il ragazzo annuì sorridendole poi le chiese
"Qual è la tua storia?"
"Beh, per sommi capi la mia famiglia voleva farmi sposare uno sconosciuto spocchioso con l'accento francese"

"Bella storia, io invece ero lo schiavetto personale di uno spocchioso aristocratico americano" raccontó lui.

"Bella storia anche la tua" commentó Bea ridendo seguita da John.

"Cosa c'è da ridere qui?" La voce del grande capo stoppó improvvisamente le risate dei due.

John si alzó per guardare negli occhi il suo superiore per poi andarsene con un cenno della testa.

Pan prese il suo posto incominciando a parlarle.

"Vedo che hai già fatto amicizia, ti consiglio di stare attenta, non è per nulla affidabile" disse guardando il ragazzo che gli aveva appena lasciato il posto per andare a ballare con gli altri.

"Beh, per ora mi è sembrato il più gentile e simpatico, quindi se come dici tu dovesse rivelarsi inaffidabile gli starò alla larga, ma fino ad allora scordati che io smetta di parlargli" rispose lei.

"Fino ad allora farai quello che ti dico io e quindi non gli parlerai più" la guardò con uno sguardo infuocato e le sopracciglia aggrottate lasciando intendere che quello fosse un ordine che per quel momento Bea preferì rispettare, quella sera era particolarmente stanca e non le andava di peggiorare la situazione. Per cui si alzò e inizio ad addentrarsi nella foresta.

"Dove credi di andare ragazzina" la fermó  il ragazzo.

Bea peró non si fermó nemmeno per guardarlo continuando per la sua strada e sussurrando un "a fare un giro" che Peter a stento riuscì a sentire.

Quella ragazza lo faceva imbestialire ogni giorno che passava ma dentro di lui c'era un qualcosa che lo frenava ogni volta dal farla fuori. Di solito non aveva scrupoli, non gli importava nulla del destino degli altri se non il suo, ma con lei era diverso.
Non riusciva a spiegarselo, ed era questo che lo faceva davvero andare fuori di testa. Qualcosa dentro di lui si stava risvegliando, e lui pur non ammettendolo aveva una grande paura.
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Bea camminava tranquillamente per il bosco, non curandosi di ricordare la strada del ritorno.

Intorno a lei si sentivano rumori e versi di ogni tipo, ma stranamente non aveva paura, anzi, le sembrava di averli sempre sentiti.

Quei versi che ai bambini sperduti risultavano un campanello d'allarme, a lei per qualche strano motivo rilassavano.

Ad un certo punto un fruscio più forte e vicino degli altri la fece fermare.

Si guardò intorno cercando di capire da dove venisse quel rumore, dopotutto era notte fonda e li intorno era pieno di alberi e cespugli.

Girando su se stessa, a qualche metro da lei, intravide due grandi occhi ambrati che la guardavano. A seguire un ringhio e poi quegli occhi iniziarono ad avvicinarsi sempre di più mostrando poi una creatura maestosa quanto pericolosa.

Era una tigre enorme, completamente nera  con delle strisce leggermente più chiare, gli occhi del colore dell'oro fuso e delle zanne lunghe e dorate che essa mostrava continuando a ringhiarle contro.

Lei indietreggiò lentamente cercando di non far infastidire la bestia.

"Calma micione, adesso me ne vado" gli disse alzando le mani.

La tigre ringhiò più forte facendo immobilizzare la ragazza dalla paura.

"Ok, va bene, sto ferma"
La tigre le si avvicinó annusandola e girandole intorno mentre lei cominciava a sudare freddo.

Ad un tratto la creatura smise di ringhiare e iniziò a strusciarsi su di lei.

Bea, stupita da quello che era appena successo iniziò ad accarezzare l'animale le cui strisce cambiarono colore diventando dorate.

"Vedo che hai conosciuto Chrysos" la voce di Pan la fece respirare per qualche secondo finché non si rese conto di cosa realmente le avesse detto.

"Che gentiluomo, mi hai mandato una tigre addomesticata come guardia del corpo" disse Bea ironicamente continuando ad accarezzare la tigre.

"In realtà no, quella tigre é uno degli esseri più mortali che esistano sull'isola e detesta sia me che i bambini sperduti, e di conseguenza dovrebbe odiare anche te"

Provó ad avvicinarsi, ma la tigre glielo impedì ringhiandogli contro e mettendosi davanti alla ragazza.

"Davvero interessante, ma io non ti faccio ritornare all'accampamento con quella tigre mangia sperduti" disse il ragazzo indicando la tigre che continuava a guardarlo male.

"Calma Chrysos" gli ordinó Bea.

La tigre la guardò e poi si sedette al suo fianco smettendo di ringhiare, ma continuando a guardare Pan in un modo truce.

"Se ti obbedisce così puoi rientrare, ma guai a te se ci attacca, soprattutto per tuo ordine. Ora muoviti, domani avrai molto da fare" l'espressione cambió subito diventando severa e a tratti purosa.

Bea poteva vedere nei suoi occhi una nube nera che sembrava risucchiare tutto al suo interno e questo la intimoriva più di quanto credesse.

Arrivarono all'accampamento, i bimbi sperduti erano ormai rientrati nelle loro tende, per cui non c'era pericolo che qualcuno vedesse la tigre e almeno questo rassicurava Bea.

Peter l'aveva lasciata sotto un gigantesco albero dicendole che quello sarebbe stato il suo rifugio per la notte, tanto ormai aveva una guardia del corpo e gli animali selvaggi non si sarebbero nemmeno avvicinati a lei, o almeno era quello che le aveva detto il ragazzo pochi minuti prima.

"Beh Chry, ci toccherà dormire qui per un bel po'" la tigre si distese permettendo così alla ragazza di appoggiarsi al suo folto e caldo pelo dalle striature d'oro.

NEVERLAND- Seconda stella a destraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora