Sono qui.

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Il viaggio verso scuola era stato avvolto da un surreale silenzio, nessuno dei due aveva voglia di conversare o di mettere la radio. Gli unici suoni che interrompevano il silenzio erano il ruggito del motore e i loro respiri incostanti.

Edoardo spense la macchina e si girò ad osservare Eleonora. Era chiaramente sconvolta, vederla così lo stava uccidendo. Voleva farla sentire meglio, davvero, ma il non sapere come lo mandava fuori di testa.

Era chiaro che stesse succedendo qualcosa, qualcosa che lei gli stava nascondendo, ma non voleva farle pressione. Era ancora emotivamente fragile dopo ieri e forzare qualsiasi informazione avrebbe potuto causarle un altro attacco d'ansia. Era distante ma non si stava comportando in modo freddo nei suoi confronti, anzi, era sensibile al suo tocco, appoggiandosi al suo palmo quando le accarezzò la guancia.

"Ehi", disse lui, con voce dolce, "vai, o sarai in ritardo". La guardò sorridendo, sperando di riuscire ad illuminare almeno un pò la sua mente annebbiata.

Nonostante la frustrazione nel non sapere cosa stesse succedendo, lui era lì per lei. Le aveva lasciato i suoi spazi – quando ne aveva avuto bisogno – ma voleva che sentisse che lui era li per supportarla, senza però sopprimerla. Ed era tutto ciò che poteva fare.

La seguì con lo sguardo mentre entrava a scuola. Quando poi non riuscì più a vederla, il suo sorriso svanì, e al suo posto comparì un'espressione preoccupata.

Ogni volta che chiudeva gli occhi, Edoardo vedeva il viso di Eleonora quando il giorno precedente le si era avvicinato. La pelle pallida, le borse sotto gli occhi, le labbra screpolate e i capelli spettinati. Non riusciva a cancellare quell'immagine dalla sua mente. Poteva ancora vederla mentre crollava tra le sue braccia, piangendo e lottando per respirare. Per la ragazza era sicuramente un periodo molto stressante, magari legato proprio all'episodio radiofonico che stava preparando. O era forse qualcosa legato alla sua famiglia? O era la loro relazione a renderla nervosa? Magari, Silvia aveva scoperto tutto e questo aveva causato un po' di tensione nel suo gruppo di amiche.

Dopo aver parcheggiato meglio la macchina – non poteva di certo lasciarla nel bel mezzo del cancello della scuola – Edoardo si unì ai suoi amici. Federico lo aveva cercato per tutta la mattinata, chiedendogli dove fosse finito e lui non gli aveva mai risposto, troppo preso dal prendersi cura di Eleonora.

"Dove cazzo eri?", domandò Fede, nell'esatto momento in cui il riccio comparì davanti a lui. Salutò il suo migliore amico come sempre, ma con la mente era perso nei suoi pensieri.

"Ero da Eleonora".

Martucci sorrise compiaciuto, inarcando le sopracciglia, ma Edoardo lo ignorò. Il sesso era l'ultima cosa che gli veniva in mente in quel momento. Non è che non volesse essere vicino ad Eleonora in quel modo, solo non voleva costringerla a fare nulla. Non c'era fretta.

"Va tutto bene?" Federico si accigliò, notando lo sguardo preoccupato sul volto di Edoardo. Non era da lui questo comportamento.

Edoardo scrollò semplicemente le spalle. Non voleva preoccupare il suo migliore amico né, tantomeno, rivelargli i problemi di Eleonora. Dubitava che la ragazza volesse che Federico – o chiunque altro – venisse a conoscenza del suo attacco d'ansia e del suo mental breakdown. Non si era sentita abbastanza a suo agio per aprirsi con suo fratello, figuriamoci con qualcuno che non era nemmeno suo amico.

La sua risposta non aveva convinto Federico che però non insistette. Conosceva bene il suo amico e sapeva che se avesse avuto bisogno di parlargli, sarebbe andato a cercarlo.

"Quindi, chi ci sarà da Chicco venerdì?"

Edoardo gli fu grato per questo cambio di conversazione.

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