Capitolo 7

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La luce non fece altro che farsi spazio nell'immenso cielo, mentre l'arancio dell'alba era già mutato in azzurro intenso.
Sammil se ne andò, aveva altro da fare, come biasimarlo.

Decisi di andare a casa mia, facendo la strada tutta a piedi.

Un ottimo modo per passare del tempo.

Oltrepassai i muri e li vidi ancora addormentati nel letto matrimoniale. Erano così immobili, come se il tempo si fosse fermato anche per loro. Mancavano pochi minuti alle 7:30, ore in cui sarebbe suonata la sveglia.

La sveglia suonò e mia madre si diresse immediatamente in cucina dove con mio padre fecero colazione.
«È così strano ora che non c'è lei... oggi è il giorno» disse con occhi lucidi.
«Lo so tesoro, ma lo affronteremo insieme» anche lui non aggiunse altro, come se le parole fossero appese su un filo che non poteva afferrare.

Non si dissero nulla fin quando non si salutarono per andare a lavoro.
Mio padre era un'elettricista e lavorava per un'azienda, mentre mia madre era un'avvocato.
Fin da piccola mi aveva insegnato il vero senso del giusto e sbagliato, cose sulla legge e altre cose noiosissime di cui negli anni avevo perso memoria.

Ore 16:30

Era appena iniziata la messa per il mio funerale. Erano tutti lì, tutti i miei cugini, zii e amici dei miei.
Il parroco non si dilungò molto sul discorso "in mio onore" e fece subito parlare mia madre che aveva delle cose da dire.
«Be', non voglio dipingermi come madre perfetta, perché non lo sono mai stata, soprattutto se ti sei fatta questo... e sarei dovuta essere la prima a capirlo. Come ogni umano anch'io faccio degli errori. L'unica cosa che non rimpiangerò mai è averti amato fino alla fine e averti ricordato sempre di quanto il mio amore per te fosse forte, anche se forse... non è bastato...» furono alcune dell parole che mia madre disse tra le varie lacrime e singhiozzi. Stava soffrendo così tanto.
«Che dire, un'altra ondata di gioia e felicità, immagino» disse Sammil che comparve dietro di me all'improvviso.
«Non sei divertente, è una cosa seria e volevo esserci... soffrono così tanto.»
«Cosa pensavi? Di trovare una festa con tanto di birra e champagne con musica a tutto volume?» disse lui.
«No, ma lo sto rimpiangendo.»
«Tu della vita non hai proprio capito nulla a quanto pare.»
«No, ma ho un'idea, posso impossessarmi di un corpo e più tardi andare da loro per dirgli che sto bene?»
«Ma ci pensi a quello che dici oppure no?» disse lui sorridendo.
«Forse non è una grande idea ma vale la pena provare» poi aggiunsi: «Non ora però, voglio andarmene di qui, voglio fare qualcos'altro.»
«Del tipo?»
«Non so, ma ho un'altra idea!» dissi iniziando a guardarlo con occhi dolci, nella speranza che accettasse la mia futura proposta. Era ottima come idea.
«Smettila di guardarmi in quel modo» disse lui alzando gli occhi al cielo mettendosi abraccia conserte.
«Allora, tu hai delle fottute ali e non le usi?! Perché per non dimenticare come si fa a volare... non mi porti a fare un giro?»
«Sei seria? È questa la tua geniale idea?»
«Ovvio, ho sempre delle idee fantastiche, lo prendo come un sì.»
«Ma anche no! Non ho mai affermato il contrario.»
«Dai ti preeeeeego» dissi giungendo le mani a mo' di preghiera con i miei immancabili occhi dolci.
«Più avanti forse, non avevi detto che volevi più tempo di conoscere questo affascinante ragazzo che hai davanti?»
«Non ricordo di averlo detto, in ogni caso, forse hai ragione... e tu non avresti delle anime da accompagnare all'inferno?» dissi cambiando improvvisamente l'argomento.
«Non sono così tanto cattivo da accompagnarli tutti lì, anche se... vedere le anime prendere fuoco è molto divertente ora che ci penso» disse Sammil scherzando.
«Le anime prendono fuoco? E cosa resta poi?»
«Nulla, la loro esistenza è terminata del tutto, nessuno si ricorderà più  di loro.»
«Ma per esempio: Cleopatra, Garibaldi, Alessandro Magno, io loro so chi sono.»
«Sì, ma non è così semplice, alcune anime restano per sempre altre no. Più avanti imparerai tutto su questo nuovo mondo.»
Mise una mano sulla mia spalla.

Ci rendiamo conto gente? Mi ha messo una mano sulla spalla... ok forse dovrei smetterla con questi miei pensieri idioti.

«Sai mi piacerebbe vedere come sono l'inferno, purgatorio e paradiso. So che non posso restarci, ma solo curiosità.»
«Però puoi essere di nuovo viva.»
«Per quanto tempo posso restare in un corpo?»
«Per quanto ti pare, ma non puoi indurre il tuo corpo ospitante al suicidio o estremo dolore fisico, intendo volontariamente...»
«Perché? Non è meglio per il tuo capo.»
«Il dibbuk è ospite di un corpo, un parassita, quello che intendo è che staresti rubando del tempo al tuo ospite. Quando lo lasci, non ricorderà molto di quello successo nel tempo in cui tu eri dentro, quindi rubare una vita nel vero senso della parola. Indurre al suicidio o alla morte sarebbe sbagliato. Anche per un demone come me.»
«Non sto capendo molto.»
«È sbagliato se lo fai, è come un peccato che puoi commettere in vita, ti allontani ancora di più da lassù» disse sempre indicando sopra mentre diceva "lassù".
«Ma se non ci posso andare non mi allontanerebbe o no?» chiesi confusa.
«Non sono bravo spiegare lo so, non farlo e basta, come ti ho detto molte cose le capirai più avanti.»
«Ok, va bene, in ogni caso, perché siamo ancora qui? Tu non mi porti a fare un bel giro?»
«E tu non ti dovevi vendicare di quella lì di classe tua?» rispose lui.
«Intendi dire Vanessa?» chiesi io.
«Eh sì, tizia... quella là.»
Avrei voluto ridere, la sua espressione e il modo di gesticolare era molto divertente, ma eravamo ancora in chiesa, al mio funerale e non mi sembrava il caso.
«Comunque perché sei ancora qui? Non hai altra gente che è morta a cui prendere "l'energia speciale" e di conseguenza andare a scopare?» chiesi tutto ad un fiato.
«Ma smettila, sono da una botta e via, ma non è che faccio solo quello nella mia esistenza!» esclamò lui avvicinandosi sempre di più all'uscita della chiesa. Io lo seguii.
«Be' non si sa mai, no?»
Lui non sembrava convinto. Forse si era offeso per la mia precedente domanda.

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