Capitolo 21

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Presa con gioia la brocca piena d'acqua, Yoongi andò subito a portarla a Venere. Ma neppure con questo poté rasserenare il volto infuriato della dea. Anzi, minacciandolo ancora di volerlo sottoporre a prove più gravi e più crudeli, con un ghigno infausto, la dea l'apostrofò così:

"Ormai devo proprio credere che sei un grande mago capace di vere stregonerie, se hai potuto fare con tanta bravura quello che ti ho ordinato! Ma adesso, bambolino mio, ti resta un altro ordine che dovrai eseguire: prendi questo vasetto"

e glielo porse

"e vai all'inferno, proprio nella stessa dimora infernale dello stesso Orco. Quando sarai là presenta il barattolo a Proserpina e dille:

'Venere ti prega di mandarle un po' della tua bellezza, almeno quanta ne serve per una sola breve giornata. Perché quella che aveva l'ha tutta consumata e finita per curare il figlio ammalato'. E vedi di non fare tardi, perché devo mettermela sul viso prima di andare all'assemblea degli dèi".

Allora Yoongi si accorse di essere arrivato all'estremo della sfortuna, e capì che lo si mandava apertamente alla morte. Veniva costretto ad andare coi suoi stessi piedi sino al Tartaro e presso gli dei Mani.

Senza indugio si avviò verso una torre altissima, con l'intenzione di buttarsi giù dalla sua cima. Quella le sembrava la via più breve e più facile per arrivare all'inferno. Ma improvvisamente la torre cominciò a parlarle in questo modo:

"Disgraziato! Perché vuoi ammazzarti buttandoti giù? Perché senza reagire

ti lasci sopraffare da questa terribile ma anche ultima prova? È chiaro che, se la tua anima si sarà separata dal corpo, te ne andrai dritto nel profondo

Tartaro, ma di là poi non potrai tornare per nessuna ragione. Quindi ascoltami. Non lontano di qui si trova Sparta, una bellissima città dell'Acaia.

Ai confini di essa devi cercare un promontorio di nome Tenaro, che si trova in un luogo nascosto e fuori mano, Lì si apre una spaccatura che porta al

regno degli Inferi, e attraverso le sue porte spalancate si intravede un cammino inaccessibile. Tu supera la porta e avviati per quella strada. Arriverai attraverso questo cunicolo alla reggia dell'Orco. Ma non dovrai andare in quelle tenebre a mani vuote: porta in entrambe le mani una focaccia d'orzo impastata con vino e miele, e mettiti in bocca due monetine. Quando avrai percorso buona parte di quella strada destinata ai morti incontrerai un asino zoppo carico di legna, con un mulattiere, anch'egli mal messo, il quale ti pregherà di raccogliergli un po' delle fascine che gli cadono per la via. Tu non dargli retta e senza rispondere

passa oltre in silenzio. Poco dopo giungerai al fiume dei morti, il cui traghettatore è Caronte, che chiede per prima cosa il prezzo del passaggio, poi

con la sua barcaccia di cuoio rappezzato traghetta i passeggeri nell'altra riva. Anche tra i morti è viva l'avarizia! Caronte infatti, che è l'esattore dell'in-

ferno, un dio certamente molto grande, non fa nulla per nulla. Perciò anche il povero quando muore deve provvedersi dei soldi per il viaggio, perché se non si presenta coi soldi in bocca non gli danno neppure il permesso di crepare. A questo laido vecchio darai una delle monetine che porti in bocca, ma fai in modo che la prenda lui stesso con la sua mano. Poi, quando starai attraversando la lenta corrente, vedrai un vecchio morto galleggiare nell'acqua: ti tenderà le braccia scarne, pregandoti di accoglierlo dentro la barca. Tu però

non lasciarti prendere dalla pietà, che non è consentita laggiù. Passato il fiume incontrerai poco più in là alcune vecchie intente a tessere una tela, che ti chiederanno di dargli una mano: ricordati che non puoi fare neanche questo. Tutte queste cose, è necessario che tu lo sappia, sono tutti tranelli di Venere allo scopo di farti lasciare una delle focacce che avrai in mano. E non credere che

questa delle focacce sia una cosa di poco conto, perché se ne perderai anche una sola non ritornerai mai più alla luce. Infatti c'è un enorme cane, un mostro con tre teste enormi, che con i suoi latrati assordanti rintrona le orecchie dei morti

terrorizzandoli, anche se non può far nulla, e in tal modo fa la guardia alla soglia e al nero atrio di Proserpina, e custodisce la vuota dimora di Dite.

Così senza difficoltà giungerai dinanzi a Proserpina. Essa ti accoglierà con benignità e cortesia, anzi ti inviterà perfino a sedere e ristorarti con

un buon pranzo. Tu però siediti a terra, mangia un tozzo di pane nero che chiederai in elemosina, poi riferisci il motivo per cui ti trovi lì, e preso in

consegna quello che ti verrà dato prendi la via del ritorno. Placa nuovamente il cane con quell'altra focaccia, dài l'altra moneta all'avaro traghettatore e, ripassato il fiume, ripercorri lo stesso tragitto dell'andata, e tornerai a rivedere questo coro di stelle celesti. C'è un'ultima raccomandazione, ed è la più importante: non aprire e non guardare dentro al vasetto che porterai, e comunque non essere troppo curioso riguardo al tesoro di divina

bellezza che è nascosto lì dentro".

Così la torre profetica mise fine con queste parole alla sua funzione d'oracolo.

Yoongi non indugiò: andò verso la porta Tenaria, fornendosi delle monetine e delle focacce, secondo le istruzioni ricevute, e si calò nel cunicolo che porta agli Inferi. Superò senza parlare l'asinaio zoppo, diede la monetina al barcaiolo, non diede retta al morto che galleggiava, spregiò le insidiose preghiere delle tessitrici, placò con l'offerta di una focaccia il cane rabbioso e orrendo, e così poté introdursi nella dimora di Proserpina. Una volta giunta là non volle servirsi della morbida seggiola, e non accettò i cibi squisiti che le venivano offerti dalla dea,

ma si sedette per terra ai suoi piedi, e mangiando il suo pane nero riferì la richiesta di Venere.Prese subito il vasetto che Proserpina aveva riempito e rinchiuso senza farsi vedere, poi offrendo al momento giusto la seconda focaccia chiusela bocca al cane che latrava, diede quindi la seconda monetina al barcaiolo e risalì dagli inferi con passo più disinvolto di prima.

Così tornò e si prostrò ad adorare la luminosa luce del giorno. Ma sebbene avesse fretta di portare a termine il suo compito, fu presa da una temeraria curiosità.

"Come potrei"

disse

"essere così sciocco da portare la divina bellezza senza servirmene neppure un po', magari per rendermi più bello agli occhi del mio amante?".

E così dicendo aprì il vasetto.
Dentro però non c'era proprio niente, e neppure l'ombra della bellezza! C'era solo del sonno, un sonno infernale e proveniente davvero dallo Stige, che appena liberato dal coperchio lo assalì: una densa nebbia si diffuse per tutte le sue membra e si impadronì di lei. Yoongi cadde a terra e stramazzò in mezzo alla strada, proprio nel posto dove aveva posato il piede. E così restò là a giacere

immobile, simile in tutto a un cadavere sepolto nel sonno della morte.

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