Nacqui in un giorno imprecisato, quelli della nostra gente non danno nome ai giorni. Tutta la mia infanzia, di cui non ricordo la durata, la trascorsi nei giardini delle ville di nostro padre. Non ricordo neanche che facessi prima di appassionarmi alle pozioni, non è che ci fossero così tante cose degne di nota. Probabilmente giocavo con le mie cugine, tessevo vesti che buttavo, tanto ne avevamo tanti di vestiti, o parlavo insieme alle mie zie, su che cosa non ricordo, non penso che ci fosse qualcosa di quelle ville di cui parlare per più di un giorno.
Oltre a quei giardini, per me, non esisteva nient'altro. Sapevo che esistevano altri luoghi oltre alle nostre ville e creature oltre a noi, ma non li avevo mai conosciuti, e noi della nostra specie tendiamo a concepire solo ciò che conosciamo. Quei giardini, però mi bastavano. Mangiavo, bevevo e dormivo, non c'era molto altro da fare.
La prima volta che vidi il mondo esterno era perché Violta voleva comprarmi un balsamo per i capelli. Esisteva un orientale, Ajatashatru, questo era il suo nome. Era un erborista, ma non uno qualunque. Un erborista un po' speciale. Nessuno aveva mai dato nome a quelli come lui. Non era un mago, non aveva abbastanza abilità magiche. Non era uno di quei sacerdoti che predicava miracoli, non doveva servire nessun dio per estrarre la linfa. Non era neanche un semidio, non aveva un destino abbastanza interessante. Era solo un mortale, che, come altri che avrei conosciuto, era nato con il dono di accedere alle piante proibite alla sua specie. Preparava intrugli, con la massima ambizione di ringiovanire la pelle. Mia madre, mia zia e Violta si recavano spesso da lui, per perfezionarsi. Viveva a poco tempo dal nostro giardino, lui aveva una villa, ma a me sembrava una baracca, abituata com'ero ai nostri giardini.
Il suo aspetto era diverso dal nostro. La sua pelle era più scura ed i suoi occhi erano strani. Il suo sguardo era privo di luce, di energia. Due linee chiare decoravano il viso. La pelle sotto gli occhi pendeva molle. Piccole pieghe sulla pelle del viso che non avevo mai visto prima. Il grasso era distribuito eterogeneamente sul corpo: lo stomaco era gonfiato sotto la tunica, ma i polsi erano sporgenti come quelli di mia madre.
Ci accolse sorridendoci, e ci fece accomodare nel suo salone, circolare, con le pareti ripiene di mensole ripiene di fiale. Ogni liquido aveva una sua sfumatura di colore propria, ogni fiala aveva una forma propria. Non avevo mai visto una sala così priva di luce, le pareti erano bianche, ma non del nostro bianco lucente, di un bianco sporco, tanto che a me sembravano due colori diversi.
Due donne ci accolsero, ci diedero dei calici di oro opaco pieni di vino che noi rifiutammo. Si erano inchinate al nostro cospetto. Erano esili, degli stecchini, con i polsi deboli e sottili e i capelli e il viso pieni di cenere. Tremavano al nostro cospetto, avrei voluto prendere i vassoi per liberarle dal loro peso. Quando il loro padrone le congedò, se ne andarono lente, ma febbrili.
Le pozioni sembravo brillare. Era l'unica cosa che mi ricordava casa, nonostante le avessi viste poche volte. La loro lucentezza era familiare. Ajatashatru ci chiese cosa volessimo.
"Qualcosa che mi faccia dimagrire le gambe" rispose mia zia.
"Come vuole, mia signora. Ho tante pozioni che facciano dimagrire le gambe, scelga quella col colore che preferisce, mia signora" le disse Ajatashatru. Prese dalle mensole alcune fiale, ognuna con colore e forma diversa. Quella che mi piaceva di più era quella con il liquido bianca, dello stesso bianco lucente delle nostre ville. Mia zia scelse proprio quella.
Se spalmò la pozione sulle gambe, già magre. Per i primi secondi, non successe niente. Poi, lentamente, le gambe persero volume. Le guardavo, un secondo prima erano più grosse, il secondo dopo erano più magre. Proprio come facevano gli dei, di cui nei nostri banchetti si parlava spesso, Ajatashatru aveva cambiato un corpo. E da lì nacque il mio interesse verso l'arte delle pozioni.
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Dei e mortali
FantasyNel mondo di Laniur, giovane dea, gli esseri come lei, perfetti ed eterei, vivono in luoghi dove i dolori, le fatiche e le morti non esistono. Le giornate passano immerse nel caldo del sole, una uguale all'altra. Ma persino la perfezione, il potere...