Bianco betulla

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Ansimai silente alla luce del primo crepuscolo ramato, mentre il vento freddo e tagliente che aveva caratterizzato la nottata si apprestava a sfumare nella brezza più leggera di quella che sarebbe stata una fresca giornata di metà ottobre.

Un ultimo grillo lontano stava iniziando ora a frinire, mentre gli uccelli, incredibili per varietà di colori e forme, si alzavano finalmente dai loro nidi, ormai vuoti dei nidiacei che affamati urlavano gli strazi del loro piccolo stomaco nella stagione estiva.
L'erba ancora umida della rugiada mattutina, ultimo lascito di una notte particolarmente fredda, mi accarezzava i piedi nudi e vulnerabili, solleticandone leggermente la pelle.

Come poteva essere così? Come poteva essere avvenuto davvero?
Era da giorni ormai che me lo chiedevo, sempre cercando di evitare domande o giudizi, ma ancora non ero arrivato a trovare quella strana ed assurda risposta che tanto disperatamente cercavo.
Fino ad ora solo poche persone lo avevano saputo... e sarebbe stato meglio non lo avessero mai fatto.
Mi incamminai lentamente sul prato imperlato, con movimenti pazienti ed una tristezza straziante dentro.

Una leggera folata di vento freddo sfiorò l'erba, lambendo ogni cosa fino alle cime delle querce immense e degli alti castagni che imponenti coprivano la visuale dinanzi a me.
Mi fermai a guardare quel bosco enorme e variegato, le foglie ocra, ambrate e cadmio, assieme a quelle poche che erano rimaste di un pallido verde legnano o cinabro, sventolavano stanche sulle cime dei rami, mostrando in tutta la loro senilità il crescere prossimo della stagione autunnale e la vicinanza imminente dell'inverno, mentre i grandi tronchi si innalzavano robusti a toccare il cielo e formare decine di imponenti archivolti tra loro.
Come poteva esserci davvero qualcosa di tanto grande, di tanto enorme, di tanto meraviglioso?
I miei pensieri divagavano, mentre io rimanevo lì, fermo, immobile sul prato umido.

È davvero possibile che io sia così?
La risposta continuava a sfuggirmi testarda, e tutte le volte che mi sembrava di avvicinarmi abbastanza da poterla vedere, da poterla tastare, essa scappava veloce oltre l'orizzonte, timida e crudele, ed io, se ciò era possibile, rimanevo con ancora meno risposte di quando avevo cominciato a cercarle.
Mi sembrava che tutto fosse inutile, insensato, ed io mi sentivo stanco, tremendamente stanco.
Ricominciai a mettere un piede avanti l'altro, con movimenti flemmatici ed automatici, inoltrandomi tristemente tra quelle enormi colonne lignee che reggevano un tetto bronzeo puntellato di blu zaffiro nei punti in cui si intravedeva, tra una foglia e l'altra, il cielo limpido della prima mattinata.
Come potevo essere ciò che ero?
Cercai di pensare, cercai di concentrarmi, cercai di isolare la mia mente stanca, ma mi risultava impossibile.
Pensai alla causa di tutti questo, pensai a quell'unico particolare che mi stava ora rovinando la vita.
Se solo non lo avessi mai notato, se solo non ci avessi mai dato importanza...

Ma stavo divagando, ed appena me ne accorsi cercai di ricompormi stringendomi nelle spalle e concentrandomi sui miei piedi, che lenti e costanti avanzavano nudi sul fogliame ramato, poggiato delicatamente sul erba di un lucido color limetta.
Tutto era avvolto in una leggerissima nebbiolina plumbea, che dava un'aria di tristezza e solitudine a quell'infinita distesa di alberi, a quell'immensa distesa di vita.
Odiavo pensare, e lo odiavo perché non ne ero capace: per quanto mi impegnassi non ero mai riuscito a pensare molto a lungo su questioni importanti. Finivo sempre col distrarmi e divagare coi pensieri, mentre dovevo prendere grandi decisioni e fare il sunto di quanto avevo provato e vissuto.
Ed ora non era differente.

Lontana, a levante, l'immensa sfera porpora del sole si levò oltre l'orizzonte, alzandosi pesantemente verso la volta celeste, mentre ad occidente le ultime stelle del dilucolo si spegnevano malinconiche.
Sentii il baratro che avevo dentro allargarsi e spingere per uscire, ma ricacciai indietro le lacrime che sentivo nascere nel profondo della mente e continuai a passare da un albero all'altro.
La strada che stavo seguendo cominciò a salire impercettibilmente, formando un leggerissimo pendio sulla cui cima un raggruppamento di betulle chiare e snelle si stagliavano verso l'azzurro del cielo, ora più indaco.

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