Buon Natale, Amber

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Caro diario,
non riesco a credere che sia già passato un anno. È di nuovo Natale. Riesco quasi a percepirlo nell'aria, lo vedo ovunque intorno a me, e non sono ancora uscita dal mio dormitorio! Stamattina l'ho sentito arrivare. Mi è sembrato quasi di vederlo: un ometto allegro che saltava con spensieratezza ai piedi del mio letto, strappandomi dal sonno, portando con sé un alone di festa, lo indossava proprio come se fosse un mantello. "No, signor Natale, lasciami dormire ancora un po'!", ho provato a dirgli, ma non c'è stato verso. Mi sono alzata. Il pavimento era freddo sotto i miei piedi nudi, ma ho stretto i denti fino a farli scricchiolare e mi sono costretta ad andare avanti. E così eccomi qui, seduta dietro questa vetrata che non lascia intravedere altro che bianco. La neve è ovunque, quasi non riesco più a distinguere i contorni delle cose. Il Lago Nero è ghiacciato. Il gelo mi attanaglia le viscere. L'odore dei dolci natalizi arriva al mio naso arrossato, è così buono... e i canti di Natale, oh, i canti di Natale! Che melodie soavi, che magici suoni che odo!
Odio tutto questo.
Lo odio con tutto il mio cuore. Detesto il giorno di Natale più di ogni altra cosa, perché questo è il giorno in cui sono stata abbandonata. Sono passati dieci anni, li ho contati io stessa, dieci lunghi anni di pianti, urla inascoltate. I dieci anni peggiori della mia vita.

Una lacrima solitaria solcò la guancia di Amber. Era sola. Poteva finalmente concedersi un istante di debolezza e nessuno l'avrebbe vista. La lacrima si staccò dal suo volto come una goccia di pioggia si stacca dalla sua foglia e cadde sulla pagina del vecchio diario. Ecco come l'aveva ridotta, la sua famiglia: una scolaretta lagnosa con un diario come unica compagnia. Si vergognava di quello che era diventata. Un tempo si sentiva amata, sapeva perfettamente qual era il suo posto nel mondo. Ma quel tempo era volato via,le era sfuggito tra le dita e non aveva potuto fare niente per impedirlo. Maledetto quel giorno, quel Natale di dieci anni prima in cui li aveva persi per sempre. Non erano cattivi, di certo avevano avuto le loro ragioni, ma lei non era mai riuscita a perdonarli per quello che le avevano fatto. I suoi genitori, così si facevano chiamare. Ma possono davvero essere considerati genitori se non ci pensano due volte prima di lasciare una bambina indifesa nel bel mezzo di Diagon Alley e poi andare via? Amber non ne era più tanto sicura. Con il passare degli anni la sua fiducia si era affievolita, fino a spegnersi come la fiammella di una candela. Ora che quella candela si era spenta, il suo cuore aveva freddo. Un freddo da cui non poteva ripararsi perché era dentro di lei. Eppure aveva conservato la loro fotografia. Non era riuscita a farne a meno, era la sua più grande debolezza. Allungò la mano e afferrò la cornice appoggiata al centro del suo comodino. Erano anni che non la toccava, infatti era sporca e impolverata. Passò il dito sul vetro e il volto di sua madre emerse dal grigiore della polvere. Le sorrideva. Era così bella... da piccola aveva sempre sognato di diventare come lei, una volta cresciuta. Non aveva funzionato. Oh, cosa avrebbe dato per vederla un'ultima volta! Solo una, per dirle addio. Prese la bacchetta e la puntò sulla fotografia.
«Tergeo!» esclamò.
La polvere sparì di colpo. Aveva sempre avuto un certo talento per gli incantesimi di pulizia. Avrebbe preferito non essere una schiappa in pozioni, cosa che le sarebbe stata molto più utile, ma si accontentava. Osservò il volto benevolo di suo padre, la sua testa che si muoveva leggermente da una parte all'altra. Lo faceva sempre, ma Amber non aveva mai capito come mai. Da bambina la divertiva guardarlo, le ricordava un orologio a pendolo. Anche lui le mancava più di quanto le costasse ammettere. Dicono che a Natale tutti i desideri si avverano, ma allora perché dopo tutto quel tempo passato a desiderare di rivederli era ancora sola? Lei voleva solo riabbracciarli. Niente di più. Ma non poteva, perché l'avevano abbandonata a Diagon Alley, dieci anni prima.
Sospirò e si asciugò le lacrime. Impose a se stessa di indossare qualcosa di carino, sebbene non fosse affatto in vena di festeggiamenti, e nascose accuratamente il vecchio diario sotto il materasso per evitare che qualcuno lo trovasse. Non dovevano assolutamente scoprire che i suoi genitori non erano morti da eroi nella Seconda Guerra Magica, come aveva fatto credere a tutti, ma l'avevano abbandonata come un cane. Era una Serpeverde, lei, aveva un onore da difendere!
Uscì dal dormitorio. Sarebbe stato meglio trovarsi qualcosa da fare, nell'attesa che quel triste giorno finisse.
Hogwarts era deserta. Tutti erano tornati a casa per passare il Natale in famiglia, quell'anno. Tutti tranne lei. Anche le sue amiche se n'erano andate. Anche loro l'avevano lasciata sola, ma Amber sapeva bene che non era colpa loro: avevano il diritto di passare il Natale con i loro cari, loro che ne avevano la possibilità, così si limitò a nascondere a se stessa quanto le facesse male tanta solitudine in un giorno come quello. Andava tutto bene. Sì, doveva essere così. Lo aveva ripetuto così tante volte che aveva finito per crederci. Dopotutto, era Natale, no? Non poteva essere triste, era contro le leggi del Natale, e se c'era una cosa che amava fare più che odiare il Natale, quella era seguire le regole. Conclusione: quel giorno sarebbe stata allegra, proprio come tutti gli altri giorni. Anche se lei era Amber Marten, la ragazza abbandonata.
Vagare per il Castello di Hogwarts le era sempre piaciuto. Era la sua casa, il suo mondo, e c'era sempre qualcosa di divertente da fare. Aveva sempre avuto un debole per le avventure, per questo ogni volta che aveva un po' di tempo libero si cimentava nell'esplorazione dei passaggi più segreti di Hogwarts, immaginando di essere alla ricerca di un tesoro. Quella mattina scoprì un cunicolo situato dietro una minuscola Natura Morta, una di quelle che sembrano fatte apposta per passare inosservate. La galleria era stretta tanto quanto il ritratto che le faceva da ingresso, infatti fu costretta ad abbassarsi per passare. Il ritratto si chiuse alle sue spalle appena entrò nel cunicolo, ma lei non aveva paura, non ne aveva mai. Quando arrivò alla fine del tunnel, una luce fortissima la investì, ferendole gli occhi. L'avrebbe riconosciuta ovunque: la Sala Grande. Si guardò intorno, disgustata: c'era neve anche lì, cadeva a fiocchi dal soffitto, scivolando sinuosamente verso il basso, in una danza soave. Le candele erano tutte accese, dalla prima all'ultima, nonostante non ci fosse nessuno a parte lei nell'enorme sala. I tavoli erano coperti di pietanze dall'aspetto squisito, c'erano così tanti piatti che non si riusciva neppure a intravedere la superficie di legno. In fondo, oltre il tavolo degli insegnanti, troneggiava un albero di Natale tempestato di palline, così alto che non si riusciva a vederne la punta. Amber non riuscì a fare a meno di chiedersi come avessero fatto a decorarlo tutto e di pensare che forse, in fondo, non era poi così brutto.
Ai piedi dell'albero c'erano decine di pacchetti accuratamente incartati, come ogni anno. Non si disturbò nemmeno a guardare, sapeva che anche quell'anno nessuno si sarebbe preoccupato di farle un regalo. Ormai se n'era fatta una ragione, sapeva cosa pensavano gli altri di lei: "è un'orfana, quella lì!" "È debole, instabile, una da evitare!" e grazie tante. Quel pensiero la irritò al punto che si alzò, sistemandosi la cravatta e ripulendosi dalla polvere, e raddrizzò la schiena, in un atteggiamento altezzoso che assumeva quando voleva dimostrare qualcosa a se stessa. Si voltò senza guardarsi indietro e fece per andarsene. Tutte quelle decorazioni erano soffocanti e fin troppo natalizie per i suoi gusti. Era sul punto di spalancare la porta della Sala Grande quando successe qualcosa di molto strano, persino per gli standard di Hogwarts: come in un sogno, un grande pacco regalo dorato discese lentamente davanti ai suoi occhi rimanendo lì, a mezz'aria, come se le stesse chiedendo di essere aperto. Amber si guardò intorno nel tentativo di capire da dove provenisse quel pacco, ma era sicurissima di essere sola. Non poteva essere per lei, ma allora perché era proprio davanti ai suoi occhi? Lo sfiorò appena, come se temesse di vederselo sfuggire tra le mani da un momento all'altro, poi acquistò un po' di sicurezza e lo afferrò a due mani. Un nome apparve sulla carta sotto il suo tocco. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi quando lo lesse. Non poteva credere ai suoi occhi. Cercò di non illudersi, non voleva altre false speranze, ma non riuscì a fermare un sorriso che già increspava le sue labbra: era il suo nome. Il suo nome! Rimase a fissare il regalo per un tempo che parve interminabile, cercando di decidere cosa farne. Quella carta dorata attirava i suoi occhi come una calamita. Non si era mai davvero resa conto di quanto fosse bello quel colore. Aveva paura di aprire il pacco. In quegli anni aveva imparato a temere le sorprese, perché sono quelle, che ti uccidono. Sempre, belle o brutte che siano.
Eppure c'era una forza invisibile che la invadeva, e faceva sempre più fatica a reprimerla. Alla fine la lasciò andare. Le sue mani si mossero da sole, sciolsero abilmente il fiocco in cima alla scatola e strapparono via la carta. Un regalo... per lei! E chi l'avrebbe mai detto? Guardò nel pacco e il sorriso le morì sulle labbra: era vuoto. Qualcuno aveva deciso di prendersi gioco di lei. Sentì una forte sensazione di collera crescere in lei; lasciò cadere la carta dorata ormai ridotta a brandelli che ancora stringeva tra le mani e lanciò il pacco più lontano possibile, arrabbiata e frustata. Ci era cascata! Era stata un'idiota, e questo non era da lei. Si erano presi gioco di lei! Non riusciva a capacitarsene. Strinse i pugni e raccolse di nuovo la scatola, capovolgendola e agitandola nella speranza di trovare qualcosa. Non l'avevano ingannata, si rifiutava di accettarlo. Nessuno inganna Amber Marten. E infatti ecco apparire, sul fondo della scatola, un biglietto che la giovane strega non aveva notato prima. Sentì una scintilla di speranza riaccendersi dentro di lei e riscaldare il suo animo. Lo prese tra le mani, un po' timorosa, e lo aprì. Il suo atteggiamento era chiaramente sulla difensiva, come se temesse di rimanere delusa di nuovo.
Sul biglietto c'erano scritte solo due parole in una calligrafia fitta e frettolosa: "sii forte". Sul retro c'era un disegno. Amber lo osservò attentamente, girandolo in tutte le direzioni, e non impiegò molto a capire che si trattava di una mappa. Non era molto precisa, ma si riconoscevano chiaramente i luoghi principali di Hogwarts. Al centro, nascosto in mezzo a un'intricata rete di linee, era stato segnato un punto. Poteva sembrare una semplice macchia d'inchiostro, ma Amber sentiva che era lì che doveva andare. La ragazza strinse quel pezzo di carta a sé come se fosse una corda a cui aggrapparsi, come se fosse la sua ultima speranza di salvezza, gli occhi pieni di gratitudine. Non attese un secondo di più. I suoi piedi scattarono, corse come non aveva mai fatto prima, salì le gradinate di pietra due gradini alla volta, senza curarsi del pericolo di scivolare o cadere in una delle numerose trappole che quei gradini amavano tendere quando si andava più di fretta. Adesso vedeva il mondo sotto una luce completamente diversa: aveva ricevuto un regalo! Fu impressionante l'effetto che quella semplice consapevolezza sortì su di lei. Quasi si dimenticò di odiare il Natale. Non si era mai resa conto di quanto fossero belli i festoni che decoravano il castello. Era troppo impegnata a detestarli per vederli davvero; ma il Natale era arrivato anche per lei, per la prima volta dopo tanto tempo, e la sua anima fredda e avvizzita sentì quella sensazione un po' ingenua e un po' infantile che chiamiamo spirito natalizio. Le piaceva. Ormai era inutile continuare a negarlo.
Perché non si poteva amare e odiare il Natale allo stesso tempo?
In men che non si dica, la strega arrivò al punto indicato sulla mappa. Era solo un Gargoyle... perché l'avevano mandata lì? Cercò a lungo un indizio, un qualsiasi segno, un mattone spostato che potesse indicare un ingresso, un passaggio... niente. C'era solo quella grossa statua dall'aspetto grottesco, adornata da una ghirlanda di pungitopo proprio come tutte le altre, il che la rendeva ancora più bizzarra. Si sedette a gambe incrociate, fissando il biglietto tra le sue mani senza vederlo davvero. Cosa aveva sbagliato? Doveva per forza esserci qualcosa, ma non riusciva a risolvere quel rompicapo da sola, e non c'era nessun Corvonero a cui avrebbe potuto chiedere aiuto. Ma non poteva arrendersi, era fuori discussione. Si morse l'interno della guancia finché non sentì il sapore del sangue.
«Cosa devo fare?» sbuffò, esasperata.
Nell'istante in cui formulò la domanda, qualcosa si mosse. Sollevò lo sguardo. La statua di era mossa, ne era sicura. Aveva cambiato posizione!
«Amber?» disse una voce, e la ragazza fu sorpresa di scoprire che proveniva dal Gargoyle. «Amber Marten?»
«Sono io» rispose la ragazza con decisione.
«Ti ho aspettata per anni... ora sei finalmente pronta a sapere».

Caro diario,
Non ho mai dimenticato quel giorno. È allora che il Natale è diventata la mia festa preferita in assoluto. Il Gargoyle non mi ha mai raccontato il vero motivo per cui i miei genitori sono andati via, ma a quel punto non m'interessava più. Avevano pensato a me... non mi avevano dimenticata. E forse un giorno torneranno. Ancora non mi sono abituata a questa perenne attesa, ma sento di essere cambiata. Ho scoperto che la speranza è più forte di qualsiasi dolore, di qualunque paura. Sono forte, proprio come volevano loro. Adesso so che i miei genitori non mi hanno abbandonata, hanno solo tentato di proteggermi. E so anche che ogni anno, il giorno di Natale, pensano a me. Che decorano un albero con delle palline fatte di ambra in mio onore. E anch'io penso a loro, mentre decoro ogni angolo del dormitorio con le decorazioni più natalizie che riesco a trovare. Devo recuperare tutto quello che ho perso in quei terribili dieci anni della mia vita che ho vissuto nella menzogna. Qualche anno fa mi sarei sentita una stupida a dar retta alle parole di un Gargoyle, ma ho capito che diceva la verità. È quello che mi dice il mio cuore, e mi fido di me stessa più di chiunque altro. "Mi fido di Amber Marten". Bella frase, dovrei considerare l'alternativa di scriverla sul muro della mia Sala Comune, prima di andarmene. Per una volta nella mia vita voglio trasgredire le regole. Non riesco a credere di essere al settimo anno! Se i M.A.G.O. andranno bene, questo è il mio ultimo natale a Hogwarts... cosa farò poi? In pratica vagherò senza meta alla ricerca di un impiego come esploratrice da qualche parte. Non è semplice fare carriera in questo campo nel Mondo Magico, ma io non mi accontento. O quello o niente. Sarò un'esploratrice, e ogni anno, a Natale, canterò canti di Natale e decorerò qualunque cosa con neve finta e palline di vetro. Lo farò per loro. Per non dimenticarli. E un giorno, magari, potrebbero anche tornare...

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