Capitolo 1

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*ELISABETH POV*
Mi trovavo di fronte un magnifico paesaggio incontaminato da creature fantastiche come folletti, fate, minotauri, streghe, maghi e...gufi portanti oggetti bizzarri. Non so perché ma vidi anche delle persone dai volti conosciuti, anche se non mi importò più di tanto. Girandomi per continuare ad osservare ciò che mi circondava notai un gufo venire verso la mia traiettoria e, quando si trovò a pochi metri da me, lasciò cadere una lettera ai miei piedi. La raccolsi. Notai che era caratterizzata da una busta color sabbia e possedeva al suo centro un sigillo color rossastro che chiudeva ermeticamente il contenuto. Continuai ad esaminarla attentamente e, dopo poco, decisi di aprirla; sfilai delicatamente il contenuto notando che era leggermente bruciata ai lati, vi era scritto qualcosa sopra. Iniziai a leggere e...
Driin!!

≪Tempismo perfetto cara sveglia eh! Certo che tu ed i sogni non andate affatto d'accordo!≫-esclamai.

Strisciai fuori dal letto e mi precipitai, come mio solito, al mio carissimo e fidato bagno. Feci i miei bisogni e mi avviai in cucina per bere qualcosa. ≪Buongiorno.≫-dissi. ≪Buon dì amore, fai colazione oggi?≫-chiese mia madre mentre impugnava il manico della padella che, a mio parere, conteneva qualche pietanza a dir poco eccezionale. ≪No, mi bevo un succo e vado a lavarmi. Sai, non vorrei fare tardi a scuola≫-risposi. Presi un bicchiere e vi versai il succo alla pesca. Dopo aver bevuto posai tutto e mi avviai nuovamente al bagno o, per meglio dire, al cesso.

Mi feci una doccia veloce, andai in camera e mi vestì, mi misi un paio di jeans neri, la felpa dell' Hard Rock color rosso sangue che presi a Londra,un paio di calzini e indossai i miei fidati anfibi. Mi pettinai i capelli dal colore castagnino raccogliendoli in una treccia alla Katniss Everdeen, misi un filo di mascara per valorizzare i miei occhi color cinereo (color grigio, tendente al celeste). Infine indossai una giacca,presi lo zaino e uscii di casa.

Il freddo vento di Novembre si faceva sentire, ovviamente colpendo la mia faccia favolosa perché giustamente dovevo prendermi il raffreddore, costringendomi ad abbottonare la giacca. Mentre camminavo per strada udii una voce chiamarmi da dietro. Era una voce familiare, profonda e delicata, potevo riconoscere quel timbro tra mille individui

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