«Allora ci sei, Autore!» esclamò la ragazza, vedendo l'oggetto del suo interesse comparire sulla soglia. Sapeva che lo avrebbe trovato lì, in quegli ultimi giorni Henry non aveva messo il naso fuori casa neanche per sbaglio, tutto preso da un attacco di ispirazione fulminante. O almeno, così aveva sentito dire da Lucy, Jacinda e Roni e proprio quel discorso l'aveva spinta a raggiungere l'appartamento 815 per assicurarsi che il suo proprietario fosse ancora un essere umano e non fosse stato assorbito dalla scrivania. Ma la prima volta che aveva suonato il campanello non aveva ottenuto risposta e neanche la seconda. Eppure, Ivy era certa che fosse in casa ed era rimasta lì davanti, in attesa che la porta si aprisse. Aveva dovuto attendere altri dieci minuti e suonare il campanello una terza volta ma alla fine, Henry era comparso dall'altra parte della porta, aprendole giusto in tempo per evitare che si congelasse.
«Ehi, Ivy, che ci fai da queste parti?» Non capitava spesso che qualcuno venisse a trovarlo, tantomeno la figlia di Victoria Belfrey, constatò Henry tra sé. Anche se, da dopo la morte di sua madre e il loro chiarimento, si poteva dire che fossero diventati una sorta di... amici? Sì, amici era la parola giusta.
«Non ti si vede da giorni, così ho pensato di venire a trovarti... anche se me ne sto pentendo, visto il freddo che fa qui fuori... hai intenzione di farmi congelare qui o posso entrare?» sbottò imbronciata.
«Certo...vieni...entra...» biascicò il giovane, incespicando sulle parole. Le ragazze riuscivano sempre a metterlo in difficoltà: quella ragazza, poi, aveva un talento naturale, ogni volta che era con lei si trovava a corto di parole. Non era sempre stato così, le cose avevano iniziato a cambiare in maniera impercettibile subito dopo che lei lo aveva baciato quando era andato a trovarla nell'ufficio di sua madre. In quell'occasione era stato certo di essere interessato a Jacinda e l'aveva respinta costringendola ad essere razionale e mettendosi a parlare della famiglia di lei e di quella che lui aveva perduto. Settimane dopo, cominciava a non essere più così sicuro di ciò che aveva pensato: con Jacinda non facevano alcun passo avanti e si era trovato più volte a rivivere quel momento che aveva condiviso con la sua attuale ospite che nel frattempo l'aveva seguito all'interno dell'appartamento e si stava sfilando la giacca gelata.
«Hai almeno mangiato, in questi giorni? Questo appartamento è assolutamente identico all'ultima vola che ci sono stata due settimane fa!» lo apostrofò la ragazza con cipiglio severo, spingendolo ad alzare gli occhi al cielo.
«Sì, mamma, non ti preoccupare,faccio tre pasti al giorno, proprio come si deve. Anzi, sei arrivata al momento giusto: stavo per farmi la prima cioccolata calda della stagione, ne vuoi anche tu?»propose l'uomo dirigendosi in cucina e cominciando a tirare fuori un pentolino. Ivy lo seguì lentamente, continuando a tenere le braccia incrociate nel tentativo di scaldarsi un po'.
«Sì, grazie, ne berrò volentieri una tazzina. Senza panna né cannella, però».
Henry sbuffò facendole il verso: non capiva proprio niente. Che senso aveva bere la cioccolata calda senza la panna? Passi la cannella, che aveva un gusto particolare e doveva piacere, ma la panna.... Quella piaceva a tutti ed esaltava il gusto della cioccolata. Sospirò. «E poi dicono che sono io quello strano... come fai a bere la cioccolata senza la panna? Metà del gusto dipende da quella! È come voler mangiare la pasta senza formaggio o senza condimento... ti rovini tutto il piacere...»
«Io mangio la pasta senza condimento, infatti, Henry, se ben ricordi. Le poche volte che la mangio». Puntualizzò la ragazza con un mezzo sorrisetto: adorava quando si prendevano in giro a quel modo.
«Giusto, me l'ero dimenticato». Borbottò lo scrittore scuotendo la testa, mentre una mano era impegnata a mescolare latte e cacao che avrebbero a breve raggiunto il punto di ebollizione. «Ma invece di dire sciocchezze, prendi due tazze, tanto sai dove sono, ormai». Ivy annuì, dirigendosi sicura al pensile dove sapeva erano riposte le tazze: aveva visto più volte Henry tirarle fuori di lì, non era difficile ricordarsene. E, a meno di non sbagliare, lì accanto Henry doveva anche tenere i suoi biscotti preferiti. Infatti, eccoli, constatò. Anche se non le aveva detto di prenderli, Ivy lo fece ugualmente: aggiungere qualcosa di solido alla cioccolata gli avrebbe dato un po' più di energia e avrebbe favorito il suo lavoro. Lo raggiunse col bottino tra le mani, proprio nel momento in cui lui stava togliendo la cioccolata dal fuoco finendo di mescolare.
«Comunque, io non dico sciocchezze. Semplicemente ci tengo alla mia linea, tutto qui». Si premurò di puntualizzare la ragazza, posando le due tazze vicine sul tavolino.
«Ti ho già detto più volte, mi sembra, che non hai alcun bisogno di fare attenzione alla linea: vai benissimo così. Se dimagrisci ancora un po', finisce che scompari e non mi va di parlare con un fantasma. Dai, siediti, che altrimenti si fredda». La invitò, facendole un cenno e mettendole davanti la tazzina con la sola cioccolata. Ivy annuì, rinunciando a discutere, consapevole che non avrebbe mai vinto quel genere di discussione. E poi, aveva ancora freddo, qualcosa di caldo l'avrebbe sicuramente aiutata.
Nel frattempo, Henry aveva preso posto vicino a lei, riempiendo le due tazze con il cioccolato caldo e occupandosi di aggiungere alla propria la consueta razione di panna e cannella. Il calore emanato dalla tazza portò ad Ivy un po' di sollievo: la ragazza lasciò che le mani si scaldassero mentre soffiava sulla bevanda per evitare di ustionarsi la lingua.
Henry, più abituato, sorbì la bevanda senza batter ciglio.
«Allora» riprese la ragazza, posando la propria tazza «di cosa stai scrivendo? Ho sentito dire che sei stato preso da un attacco di ispirazione folgorante. Stai pensando di scrivere un nuovo libro?»
Henry posò la sua tazza, concentrando l'attenzione sulla giovane. «Forse, non lo so ancora. Per il momento mi sto limitando a buttare giù idee varie e a vedere cosa ne esce... lo trovi divertente?» domandò, notando l'espressione ilare sul viso dell'amica.
Il sorriso di Ivy si aprì maggiormente.«No, scusa, non rido per quello è che... ecco... ti sei sporcato tutto di panna non te ne eri accorto?»
«Cavolo!» borbottò Henry tentando maldestramente di rimediare. Che razza di figura stava facendo, neanche quando era un bambino piccolo gli era mai capitato... chissà cosa stava pensando lei, anche se aveva almeno la buona grazia di non dirglielo... «Ora è a posto?» la interpellò, sperando di ricevere una risposta affermativa: bastava una figuraccia.
«Mmmm... in realtà... non ancora... aspetta...». Senza pensare, Ivy allungò il braccio, indicandogli con l'indice della mano sinistra il punto preciso dove era ancora sporco di panna. Henry reagì, afferrandole istintivamente la mano e intrecciando le dita con le sue. il respiro di entrambi si spezzò: nessuno dei due aveva previsto di trovarsi in una situazione simile, non dopo ciò che era accaduto qualche settimana prima. Ivy sentiva il sangue martellarle nelle orecchie: cos'avrebbe dovuto fare, ora? La volta scorsa lui l'aveva respinta, seppur gentilmente e ora invece... che cosa gli era preso? Perché non le lasciava andare la mano? E perché era, di colpo, così vicino? Che ne era di Jacinda, Lucy e tutti i discorsi della volta precedente? Deglutì, mentre sentiva l'altra mano di Henry avvicinarsi al suo viso e portarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Henry, che stai...» provò a chiedere, ma la voce le si spezzò in gola: non era sicura di volere davvero la risposta a quella domanda. Magari stava solo sognando e se era così... allora non voleva svegliarsi.
«Non lo so... non ne sono sicuro... so soltanto che da giorni ho voglia di baciarti... ma se non vuoi lo capisco...». Ed era vero, dannazione, lo capiva maledettamente bene... anzi... come gli era venuto in mente di dirle una cosa del genere? Ok, era la verità, ma... dopo come si era comportato l'ultima volta? Aveva forse battuto la testa? E poi, perché diavolo doveva aver voglia di baciare una sua amica? Per rovinare tutto? «Io... scusa, lascia perdere, non so che mi è preso, non avrei dovuto neanche dirlo. Sono un idiota, mi dispiace, Ivy» sbottò, lasciandole di colpo la mano e rifugiandosi in cucina, cominciando a sbattere ripetutamente la testa al muro... almeno ci sarebbe stata una valida ragione per quello che gli era uscito di bocca solo pochi istanti prima.
Dal canto suo, Ivy era rimasta in salotto, seduta immobile, con il cervello bloccato nel tentativo di capire quello che era appena successo. Henry le aveva detto davvero quello che aveva sentito? Doveva essersi sbagliata, sicuramente si era addormentata e stava sognando. Si dette un pizzico forte sul braccio destro ma il dolore che avvertì fu spaventosamente reale. Ma allora... se non stava sognando doveva aver per forza capito male, giusto? Perché l'Henry che conosceva lei non le avrebbe mai e poi mai detto una cosa del genere, neanche in un milione di anni... lui era innamorato di Jacinda, lo sapevano anche i sassi... gusto? Sì, doveva essere per forza così. E probabilmente avrebbe fatto molto meglio ad andarsene prima che lui tornasse e le sbattesse in faccia quello che aveva già capito da sola. E ci provò davvero, voleva disperatamente alzarsi, ma le gambe si rifiutarono di reggerla e crollò di nuovo sulla sedia. Che sarebbe successo se se ne fosse andata senza dirgli neanche una parola? Cos'avrebbe pensato lui? Forse che lo odiava, o peggio che non voleva più vederlo... ma sarebbero state entrambe menzogne. Aveva un bisogno disperato che lui fosse nella sua vita, anche solo come amico. Aveva cercato di farsi andare bene tutta la situazione che avevano costruito fino a quel momento ed era convinta di esserci riuscita... e poi era successo quell'ultimo incidente ed ora... non sapeva più niente. Sentiva solo le parole di lui girarle vorticosamente in testa "da giorni ho voglia di baciarti... ma se non vuoi...". Da giorni... Henry aveva detto davvero "da giorni" non era diventata pazza, giusto? Trasse un profondo respiro, poggiando le mani sulle ginocchia per darsi la spinta e potersi alzare: Henry non era ancora tornato, aveva ancora tempo per... nulla. Il suo cervello si azzerò quando l'oggetto dei suoi pensieri rientrò in salotto: cosa avrebbe dovuto dire? Come avrebbe dovuto comportarsi? Se anche la sua mente avesse provato a suggerirle qualcosa, Ivy non l'avrebbe recepita: nella sua testa non facevano che susseguirsi scenari sempre più terrificanti, ipotesi apocalittiche su ciò che sarebbe potuto accadere in quella stanza di lì a poco.
«Ehi... credevo fossi uscita...» esordì Henry, insicuro quanto lei su come gestire quella situazione. Nell'ultimo periodo tra lui e Ivy non facevano altro che generarsi malintesi e situazioni imbarazzanti e cominciava ad esserne realmente stufo: perché non potevano avere un tranquillo rapporto d'amicizia come le persone normali? Ok, se doveva essere sincero forse l'amicizia di lei non era esattamente quello che voleva ma insomma...
«Sì, io... forse farei meglio ad andarmene... ti ho disturbato anche troppo...» borbottò la ragazza avvicinandosi alla porta d'entrata. La mano di Henry entrò nel suo campo visivo nel momento in cui si posò sul suo polso per impedirle di uscire.
«Ivy, aspetta.. per favore, io... » Henry fece per parlare, ma la sua ospite sollevò una mano, nel tentativo di arginare una possibile giustificazione.
«Non importa, Henry, davvero... è tutto a posto. Faremo finta che non sia successo niente. È la cosa migliore per tutti. E non preoccuparti, non dirò niente a Jacinda» concluse, mentre la mano tentava di sfilarsi dalla presa del ragazzo. La stretta di lui, però, di colpo, divenne più salda, non dolorosa solo... come se non volesse lasciarla andare. non in quel momento, almeno.
«Cosa c'entra Jacinda, adesso? Perché la tiri in ballo?» l'espressione di Henry a quelle parole era talmente confusa che Ivy credette seriamente di essere stata catapultata in un mondo alternativo, dove sua sorella non esisteva e lei poteva desiderare l'uomo di cui era innamorata senza il timore che qualcuno la etichettasse come cattiva e rovina famiglie. Ma ovviamente, così non era: il segno rosso lasciato dal pizzico sul suo braccio ne era una prova inconfutabile.
«Io... io non lo so, non so neanche cosa sto dicendo... probabilmente non ha senso... forse tutti questi ultimi minuti non lo hanno...» perfetto, era andata in panico e stava sragionando, ora Henry avrebbe pensato che lei fosse fuori di testa. Invece, l'uomo intrecciò le dita alle sue, delicatamente, spingendola a sollevare il viso e guardarlo negli occhi.
«Allora parlo io, adesso, posso? Ascolta, io... non avrei mai pensato di comportarmi in questo modo, non l'avevo calcolato, non dopo il modo in cui ho perso la mia famiglia, ma... ho imparato a conoscerti e in questo periodo mi sono ritrovato a pensarti spesso. Non so se significa qualcosa, non so se mi innamorerò di te in futuro o chissà cosa. Di certo so» continuò, prendendo un respiro profondo, come a volersi dare coraggio «che non c'è nessuna Jacinda, non più. Avrei voluto che ci fosse ma la verità è che... non ha funzionato e ad essere sincero va bene così. Non è a lei che ho pensato continuamente in queste ultime settimane, non è lei che desideravo rivedere e non è con lei che vorrei provare ad uscire per vedere se può funzionare...»
Ivy sbiancò, mentre la mano scivolava via dalla stretta di Henry, allentatasi quando lui stava parlando: non poteva davvero intendere...
«Io non so esattamente cosa provo per te» continuò Henry interrompendo il corso dei pensieri della ragazza «forse sei solo un'amica o forse no... non lo capisco. E quindi, ecco... mi piacerebbe uscire con te qualche volta, se ti va...»
«...per... capire se potremmo essere... qualcosa?» Ivy non credeva alle sue orecchie e non aveva il coraggio di essere più precisa nel timore di stare fraintendendo tutto e fare una pessima figura con l'unico uomo di cui le importava veramente ma... l'espressione sorridente che si era dipinta sul volto d Henry lasciava poco spazio ad ulteriori dubbi. E le sue parole successive confermarono la sua incerta supposizione.
«Beh.. sì... è quello che sto cercando di dire.. più o meno... se ti va, ecco...» borbottò imbarazzato Henry guardandosi le scarpe, improvvisamente divenute interessantissime.
Il sorriso di Ivy le illuminò il volto: non avrebbe mai creduto che sarebbe successo veramente e invece... Henry le aveva davvero appena chiesto... Chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro, incapace di creder che tutto stesse davvero accadendo.
«Henry, io... certo che mi va di uscire con te... io...» si interruppe, mordendosi la lingua: non gli avrebbe ricordato quello che era successo qualche settimana prima, non era da lei distruggersi ogni possibilità prima del tempo. Avrebbe proceduto lentamente e provato a vedere come si sarebbero messe le cose. E chissà magari...
«D'accordo, allora. Senti ti va di farmi compagnia anche per cena? Magari ordiniamo una pizza o qualcosa de genere» propose lo scrittore accingendosi a raccogliere le tazze con la cioccolata ormai fredda.
«Volentieri».
Due ore dopo, Ivy era di nuovo sulla soglia, in attesa che Henry, che aveva rifiutato qualsiasi altra opzione, la raggiungesse per riaccompagnarla a casa. Quella prima serata era volata e Ivy sperava che ce ne sarebbero state molte altre. A lei l'idea non dispiaceva affatto e sembrava che Henry fosse del suo stesso avviso.
Se fino al giorno prima le avessero detto che una semplice cioccolata avrebbe cambiato la situazione tra lei ed Henry avrebbe dato del pazzo a chiunque si fosse permesso di affermarlo. Invece, mentre le luci di Seattle scorrevano veloci sotto i suoi occhi, Ivy si trovò a ringraziare silenziosamente chiunque avesse inventato quella bevanda che aveva spezzato la tensione tra loro e li aveva avvicinati. E lei non lo sapeva ancora, ma nel corso degli anni successivi quella stessa bevanda avrebbe suggellato i loro momenti più importanti: il loro primo bacio (a cui contribuì sei mesi dopo), la loro prima volta, la pubblicazione del nuovo romanzo di Henry, la loro decisione di convivere, fino alla decisione di sposarsi e alla scoperta di stare per diventare genitori. Mancavano ancora un paio di mesi ala nascita della bambina e i coniugi Mills erano seduti sul divano, accanto al fuoco, godendosi un momento di assoluta pace, tra le mani una tazza di cioccolata.
«Sai... se qualcuno mi avesse detto anni fa che la cioccolata sarebbe stata così importante per me oggi, gli avrei riso in faccia. Invece... si può dire che è merito di una cioccolata se siamo insieme, no?» sorrise Ivy, appoggiandosi meglio a suo marito.
Henry la strinse sorridendo «Hai ragione, tesoro. E sono sicuro che la nostra piccola Audrey l'amerà quanto noi».
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Cioccolata galeotta
FanfictionNon so esattamente cos'è uscito da questa storia, non dovrebbero esserci incongruenze, io ci ho provato, dopo un sacco che non scrivevo. Niente di pretenzioso, una semplice shot su Henry e Ivy in una normale giornata invernale...e su una cioccolata...