Capitolo 10

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A causa del lavoro, un normale lavoro da rappresentante aziendale, dovetti lasciare casa mia per assentarmi cinque giorni, sarei dovuto andare a Vienna dicevano. E così feci, ci andai.
Vienna si rivelò davvero spendida città, ampi vialoni e giardinetti, magnifici edifici antichi e grattaceli. Si respirava davvero un'aria diversa, una voglia di rivincita e di vita oserei dire, il tutto corollato da poco inquinamento e un vento che ghiaccia qualsiasi cuore ardente. Il lavoro, ringraziando dio, filò liscio e dopo essermi abbuffato di goulash, birra e gnocchi di pane dovetti tornare nel mio trilocale.
Quella sera pur essendo stanco morto, decisi di andare al Vipra, sperando di incontrarla.

"Buonasera" mi salutò John affabile e sorridente come sempre
"Buonasera John"
"Cosa ti ha portato qui questa volta?"
"Ovviamente il tuo ottimo locale" dissi ridendo, cercando lei con lo sguardo
"Attacca alle 22.00 oggi, cinque minuti e arriva, sta quieto"
"Ma smettila" gli dissi, un po' a lui, un po' a me stesso.
John era una brava persona: scarpe eleganti a punta, pantaloni abbinati sempre al gilet, il quale copriva sempre una camicia bianca e una cravatta. Sorriso cordiale, naso pronunciato, occhi vispi. Un perfetto gestore da lounge bar.
Ordinai direttamente a lui, bella speranza di essere servito da lei.
"Buonasera, ecco a lei il suo Old Fashioned"
"Buonasera a te"
Non mi parlò tutta la sera, mi lasciò lì solo, nemmeno uno sguardo furtivo ricevetti, un po' triste e un po' affranto decisi che forse sarebbe stato meglio lasciarla tranquilla. Pagai, lasciai la mancia e proprio quando mi stavo infilando il soprabito, Amaya arrivò di corsa.
"Mi prendi in giro?"
"Amaya?"
"Ti sto chiedendo se mi prendi in giro"
"Non so di cosa tu stia parlando mia cara"
"Non puoi pagare un cocktail da bere 10 euro, e lasciarmene 20 di mancia"
"Non vedo quale sia il problema, la mancia la puoi tenere o dividere coi tuoi colleghi"
"No, sei tu quello che non capisce, tra noi non funziona cosi, hai capito?"
"Come vuoi tu cara" dissi uscendo dal locale.

La mattina dopo qualcuno continuava a bussare alla porta, insistentemente.

"Passate più tardi" provai a dire a  chiunque fosse.
"Apri dannazione sono io"
Riconobbi subito la sua voce
"Amaya cosa è successo?"
E la vidi, con la divisa ancora addosso, il mascara rovinato e il pianto sul viso.
"Te ne sei andato"
"Dove sono andato? Sono qui"
"Sei sparito, cinque giorni"
"Ti prego entra"
E lei piano piano cominciò a singhiozzare.
"Ti avevo chiamato.. Ma non mi hai mai risposto"
"Ero fuori casa"
A vederla così fragile mi si spezzava il cuore.
"Ti prego vieni qui"
E apri le braccia per stringerla a me.
"Non te ne puoi andare così "
"Così come?"
" Di soppiatto, senza avvertire"
"Hai ragione "
"Ora dai, vieni, torniamo a letto, dormiamo un po', ne hai bisogno"
"Sono seria, non puoi sparire così, dopo mesi che ci sei"
"Va bene...
Non ti sarai mica preoccupata per me vero?" Sospirai.
"... No, ma non farlo più "
E fu li che la vidi, non come la persona che avevo pensato che lei fosse: quella forte, esuberante creatura.
Fu lì che capi, che quella creatura era spaventata a morte, che nel suo petto era nascosto un dolore antico e una paura di perdere tutto, che la rendeva vigile e attenta.

Lei era li, a singhiozzare, mi dava le spalle per non farsi vedere, cercando di trattenersi per evitare di essere sentita. Anche in quelle condizioni pensava agli altri: pur essendo così ridotta, con il cuore a brandelli, pensava agli altri; pensava a non bagnare le lenzuola.

Mi chiesi le avessero fatto per aver ridotto una persona così, per essere costantemente vigile e aver paura di perdere sempre e combattere ogni istante.
Quante delusioni ha sopportato il tuo piccolo corpo?
Quante ferite nascondi dietro quegli occhiali?
Lei era lì, ed era mia.
Giurai a me stesso che l'avrei protetta, senza ingabbiarla. Che l'avrei supportata senza mai obbligarla, che l'avrei consigliata e mai trattata con superficialità, che mai lei si sentisse poco importante.
Le volevo dare tutto ciò che il mondo le aveva tolto.
Come sorta di ringraziamento globale, un risarcimento emotivo, per tutto quello che aveva sofferto, nella speranza che prima o poi lei me lo avrebbe raccontato.

Nel segno del capricornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora