Capitolo 7

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CAPITOLO 7

Tre mesi.
Sono tre mesi che Peeta vive praticamente qui.
La sera striscia nel mio letto e al mattino mi ritrovo avvolta tra le sue braccia. Probabilmente mi sente urlare ed agitarmi, durante la notte, in preda alla disperazione.
Poi ci alziamo e cerchiamo di tenerci occupati. O almeno è ciò che ci ha suggerito di fare il dottor Aurelius, durante la sua ultima telefonata.
Io vado a caccia e Peeta cucina.
Da quando c'è lui, vedo Sae la Zozza molto meno; di tanto in tanto vado a trovarla con la scusa di portarle qualche scoiattolo.
Torno ad usare arco e frecce, ma non è facile. Se prima erano come estensioni naturali del mio corpo, ora li sento estranei.
Per ora mi accontento di abbattere qualche uccello da uno stormo in volo o di un coniglio di fortuna rimasto intrappolato da uno dei lacci che posiziono.
I boschi mi fanno ancora un certo effetto, ma ogni giorno che passa va meglio. I ricordi che hanno visto quei luoghi continuano ad annebbiarmi la testa e, quando lo fanno, cerco di mettere a fuoco le immagini. Così posso imprimerle nel libro delle memorie.
Peeta mi aiuta. Quando non c'è una foto della persona di cui stiamo raccontando la storia, la vita, gli affetti, lui ne fa un disegno.
La sua mano scivola veloce da una parte all'altra.
Prima traccia linee precise e subito dopo riempie spazi vuoti, creando piccole ombre.
E ogni colta che stacca la matita dal foglio, è come se quell'immagine possa prendere vita da un momento all'altro.
L'aria sta cominciando ad essere più calda e la neve che prima intralciava le strade si è ormai completamente sciolta.
Faccio lentamente ritorno al Villaggio dei Vincitori.
Nessuna delle case che lo compongono è illuminata. Nessuna tranne la mia.
Haymitch starà sicuramente dormendo - affiancato da un coltello ben affilato- e Peeta sarà intento a preparare la cena. Oggi ho fatto più tardi del solito; ormai i buio si sta impossessando di tutto ciò che mi circonda.
Mi accorgo subito della porta aperta.
Peeta avrà dimenticato di chiuderla? Impossibile.
E poi il peggiore dei pensieri.
Sarà andato nei boschi a cercarmi? D'altronde è già capitato altre volte. Quando mi ha riportato a casa, svenuta. Ma ora è diverso.
Il sole è calato da un pezzo e senza illuminazione è un'impresa capire dove si sta posando il piede.
Mi sento soffocare.
Prima di concludere altre ipotesi infondate, precipito in casa, urlando il suo nome.
-Katniss-. Sento la voce di Peeta. -Sono qui-
Mi viene incontro allarmato. -Cosa è successo?-
-Perché la porta era aperta?- chiedo a mia volta, ignorando la sua domanda.
-Ho dimenticato il pollo nel forno.. si è bruciato.. e dovevo far arieggiare. Ma cosa...-
Improvvisamente tutta l'adrenalina che era in circolo nel mio corpo scompare lasciando spazio ad un tremendo tremolio.
Con un violento sospiro, mi accascio su una sedia e avvero Peeta mettermi una mano intorno alle spalle, per sorreggermi.
-Non immagini minimamente la paura che ho avuto. Credevo che fossi là- dico, puntando il dito in direzione dei boschi.
E' come se fossi, ancora una volta, nell'arena. Quando non ricevevo più alcun segnale da Peeta e quel colpo di cannone sparò. I morsi della notte. Faccia di Volpe.
Il cuore mi batte all'impazzata e sono costretta a lottare contro me stessa per impedire alle lacrime di uscire a fiotti.
Peeta sgrana gli occhi, inorridito.
-Non volevo.. io..- balbetta.
-Non fa niente- dico, per tranquillizzarlo. Per tranquillizzarmi.
Mi accompagna in camera e, ancora vestita, mi stendo sul letto.
-Vado a mettere la cena in frigo. Arrivo subito.- dice Peeta, avviandovi verso la porta.
La mia mano scatta a chiudersi intorno al suo polso. -Non andartene-.

Mi appoggio su un gomito, per guardarlo meglio.
E' ridicolo, ma conto i secondi in cui riesco a resistere senza toccarlo. Nemmeno un minuto intero.
Provo un dolore nelle punta delle dita, che può essere alleviato soltanto toccandolo.
Gli scosto una ciocca di capelli biondi dalla fronte e seguo il contorno delle palpebre, immaginando quali sogni si rincorrono dietro di esse.
Scendo piano fino ad arrivare alla bocca. Con il pollice gli sfioro delicatamente le labbra e sento il suo respiro, caldo, sulla pelle.
La mia mano torna a muoversi e a posarsi sul petto. Sento i battiti del suo cuore.
Non so perché ma mi sento sollevata. Avevo bisogno di sentire che è vico che è qui vicino a me.
Metà della mia vita è stata spazzata via, ma l'altra metà è con Peeta; lo e sempre stata.
All'improvviso un dolore quasi insopportabile mi attraversa lo stomaco.
E' tutto sbagliato.
Il fatto che lui sia qui, che io sia così vicina.
Dovrei semplicemente allontanarmi dal suo corpo addormentato, girarmi dall'altra parte; ma non lo faccio.
Invece accorcio la distanza tra i nostri visi e premo le mie labbra sulle sue.

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