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Buli Buli camminava avanti e indietro sul vialetto immerso nella nebbia.
Il mantello porpora, evidentemente troppo lungo, raccoglieva da terra tutte le foglie cadute dopo il suo atterraggio. Ogni tanto si fermava, scuoteva il mantello e giù una litania di santi.
Poi riprendeva nervoso, incapace di stare fermo, raccoglieva altre foglie e giù un’altra litania, questa volta di madonne.
“Eccomi, eccomi..... mi scusi tanto, non potevo resistere”
La voce stavolta era quella giusta, Alexa era tornata al suo posto di lavoro.
“Ma cazzo!” urlò Buli Buli, “potevo essere già morto intanto che tu eri a cagare!!”
“Ha ragione, ma da un po’ ho questa intolleranza che....”
“Basta! Mi ha già raccontato tutto l’altra stordita! Per mezz’ora filata! Mentre sono in missione!”
“Si sì, ha perfettamente ragione, ma se non correvo in bagno la facevo qui sulla sedia.... sa, era molto molle....”
“Bastaaaa!” sbraitò il comandante, “non mi interessa se era molle, puzzolente, di che colore o altro riguardo alle tue defecazioni! Dimmi piuttosto dove mi hai mandato! Le armate di Gurmon erano schierate alle porte di Milano, pronte a entrare in città. Si può sapere dove mi hai mandato?”
“Allora, lei dal mio gps risulta essere a Tinello del Bosco, in provincia di Udine.”
“E come ci sono finito qui?!”
“Ehm, proprio nel momento in cui stavo inserendo i dati nel trans-cellula ho avuto quell’attacco di cui le parlavo e probabilmente ho sbagliato qualcosa....” riprese Alexa in imbarazzo.
“sicuramente hai sbagliato qualcosa, che non succeda mai più! Le truppe del nemico avranno già conquistato mezza città, reinserisci le coordinate e mandami nel posto giusto stavolta!”
Intirizzito fino nelle ossa Buli Buli era sempre più nervoso, fece qualche profondo respiro, pronto ad essere trasferito.
Il trans-cellula era un’invenzione del suo amico Bosh, un geniaccio che lo seguiva fin dai tempi del liceo. Ogni settimana se ne usciva con qualche nuova trovata. Armatura, casco, orologio trasmettitore con 40 funzioni (tra cui l’utilissima carta igienica da campeggio), tutte sue ideazioni. Solo il mantello non gli era venuto benissimo. Era perfetto nel volo, gli consentiva acrobazie superbe, ma a terra si sentiva un po’ come un albatro, goffo e impacciato. E anche il trans-cellula aveva qualche problema (gli creava sempre una forte nausea che a volte passava solo dopo ore), nonostante fosse un’affare davvero utile, tanto che i nemici avevano tentato più volte di rubarlo: con quella macchina in loro possesso non ci sarebbe stato eroe in tutto l’universo che avrebbe potuto sconfiggerli.
Invece le armate di Gurmon, decise a eliminare l’umanità per impossessarsi dell’acqua (elemento così legato alla vita e assente, ormai, da qualsiasi galassia), erano lente e pesanti, facilmente rintracciabili nei loro spostamenti. Per ora era riuscito a contenerli proprio per questa loro caratteristica.
Si preparò al trasporto cellulare, ritto col mento alzato, le braccia distese ai fianchi.
Sentì il caratteristico formicolio alle tempie e vide le parti del suo corpo smaterializzarsi una ad una, fino quasi a perdere i sensi.
Aprì gli occhi, che questa volta vennero abbagliati dal sole.
Finalmente poteva dare sfoggio di tutta la sua potenza.
Sfoderò la spada e si mise, al solito, nella posizione di difesa.
Si guardò intorno. Sabbia, solo dune di torrida sabbia.
Alzò il braccio e prima che potesse dire qualcosa la voce di Francesca proruppe come un tuono in una tempesta estiva: “Ehm, sono ancora io Signor Buli, Alexa si è dovuta assentare ancora qualche minuto”.
Il Capitano rimise l’arma al suo posto e si sedette sconsolato su una roccia.
“Che vita di merda.......”