Mugugnò ad ogni frase che l’altro gli diceva.
Per qualche istante, credette di avere le allucinazioni, ma quando il suono, seppure malconcio, del marito continuava a farsi sentire, si tranquillizza, sorridendo appena.
“Almeno non dovrò usare la marmellata sulla tovaglietta per parlarti.”
Ringraziò la morfina per avergli evitato ogni dolore possibile per la risata lieve che accennò.
“Non è stata una bella esperienza.”
Avrebbe impiegato del tempo per riprendersi.
L’orgoglio nuovamente in frantumi, ma avrebbe evitato di cadere nello stato depressivo.
“Katsuki, prima di riprendere Hikari, mi concedi quell’appuntamento che abbiamo sempre rimandato?”
Non sentì la risposta a quella flebile domanda, assopendosi per gli effetti dei medicinali.
Passavano gli anni, ma probabilmente non sarebbe mai cresciuto.
Così tanto legato alle cose più semplici, che bastava trascorrere una serata in compagnia del marito per mettere ogni cosa a posto.
Probabilmente sarebbe crollato, avrebbe pianto, urlato, ma non avrebbe spento il suo sorriso: malconci, distrutti sia fisicamente che psicologicamente, ma alla fine finché uno tornava dall’altro, andava bene.Sbuffò a sua volta una risata, prima di frenarsi. Il lato destro della cassa toracica era tenuto su solo da una costa, se avesse fatto troppi sforzi, avrebbe rischiato il collasso.
Si erano impegnati per guarirlo, ma le ossa proprio non ne volevano sapere di assecondare quei quirk di cura.
Alla richiesta si stupì, voltando nuovamente la testa, vedendo le palpebre calare sugli occhi cremisi e il respiro rallentare.
Spostò lo sguardo sugli altri eroi, qualcuno ancora sveglio che li guardava.
Avrebbe accettato, ovviamente, ma non di fronte a tutta quella gente. Già era tanto che era riuscito a dire tutte quelle cose private, ci mancava solo che li vedessero tubare, anche bloccati in due letti separati.
Avrebbe sempre accettato gli inviti del marito, ogni momento passato con lui era da custodire gelosamente, anche se adesso ne era sicuro: niente e nessuno li avrebbe più intralciati.Passavano i giorni, finendo con essere spostati in un’altra stanza doppia.
Ognuno con le proprie ferite interne, non si dicevano grandi cose, oltre ai risultati delle analisi o cosa riferivano loro i medici.
La paura di aprire gli occhi ritrovandosi ancora sul campo di battaglia non lo abbandonava.
Nemmeno si spaventava degli incubi: il viso di Takano gli era impresso nella mente come se fosse stato inciso nella roccia.
Qualsiasi allarmismo avrebbe condotto gli infermieri a spostarlo di camera, in quanto avrebbe intaccato la serenità di cui aveva bisogno il primo eroe nazionale.
Una sera, di rientro, si avvicinò con la carrozzina al marito assopito, lasciandogli un delicato bacio sulla fronte.
“Sono orgoglioso di te.” sussurrò mentre gli spostava delicatamente i capelli dal viso.
Aveva dimostrato a chiunque che era il più forte, aveva raggiunto l’obiettivo che si era prefissato e aveva mantenuto quella promessa che gli aveva fatto mesi addietro.
”Torneremo a casa insieme.”
Quella specie di preveggenza era dovuta solo alla determinazione che non faceva vacillare Bakugou, e il rosso era estremamente fiero di lui.
Si mise nel suo letto, voltandosi verso l’altro.
Era così vicino, ma irraggiungibile.
Era suo marito, il padre di sua figlia, il suo eroe, ma sapeva che anche lui aveva l’orgoglio a pezzi, sapeva quanto odiasse stare in una camera di ospedale, sapeva quanto odiasse vederlo in quel letto.
Una volta usciti di lì sarebbe diventata la colla che lo avrebbe ricostruito: Bakugou sarebbe stato ancora più raggiante del sole.
Con un flebile ”Ti amo”, si abbandonò nuovamente al sonno, sperando di riuscire a dormire.Il tempo continuava a scorrere impietoso, guardandoli passare le giornate in quella stanza asettica, che puzzava di disinfettante.
I nonni ebbero il buon cuore di portare in quella stanza la piccola che continuava a crescere. Aveva iniziato a riconoscere visi e voci, sorridendo quando sentiva quelle dei genitori.
Quando finalmente uscirono da quell'odiato edificio, si diressero a casa, venendo aiutati per un primo periodo dai nonni che si alternavano per sostenerli e badare ad Hikari.
Fu solo quando riuscirono a tornare almeno a camminare, che iniziarono ad andare solo per controllare che fosse tutto a posto, quindi solo una volta al giorno per una mezz'oretta.
Bakugou si avvicinò al rosso, stiracchiandosi (senza esagerare, poiché il costato non era ancora del tutto guarito): "Finalmente un po' di tempo per noi!"
Si avvicinò al marito, poggiandogli le mani sui fianchi, decidendo per la prima volta d'essere sentimentale: "Mi sei mancato." disse rapido, quasi avesse timore di farsi sentire, come a pentirsi delle parole che erano appena uscite dalla sua bocca.
Gli poggiò un fugace bacio sulle labbra, per poi staccarsi ed imprecare sonoramente, arrossendo fino alle orecchie.
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King Riot 2 ( KiriBaku - Boku No Hero Academia )
FanfictionStoria scritta a quattro mani con YomyIsayama. Tratto da una role. Sequel di "King Riot" Bakugou e Kirishima lavorano ormai da anni con i pro heroes. Vogliono diventarlo a loro volta, ma non sempre tutto va per il verso giusto... Avvertenza: possi...