"...La bambina sull'albero si affacciò dai rami e guardò in basso con aria incuriosita: i suoi lunghi capelli rossi si confondevano con il caldo colore delle foglie autunnali e queste lasciavano intravedere il volto piccolo e paffuto. I grandi occhi vitrei e pungenti come ghiaccio mi fissavano imperterriti, senza spostarsi per un secondo. Non sembrava affatto timida o tanto meno in imbarazzo, anzi, aveva un'aria allegra e stranamente travolgente, mostrava un dolce sorriso accogliente, che pareva essersi posato lievemente sulle sue rosee guance facendosi spazio tra il mare di lentiggini..."
Quell'immagine era assolutamente indescrivibile.
Solitamente è difficile emozionarsi per una ragazza come me: una di quelle serie e mature, che sembrano essere perennemente circondate da una grande muraglia che le distacca, in un certo senso, dal mondo esterno. Chiuse in se stesse e prive di emozioni, incapaci di sognare o di immaginare cambiamenti straordinari capaci di travolgere intere vite. Nessuna speranza per il futuro, nessuna aspettativa, nessuna aspirazione, nessun cambiamento: una di quelle persone che vedono la vita come se fosse scritta in un grande copione che non può essere altro che rispettato, letto seguendo le parole, riga per riga, lettera dopo lettera...
Ma quella bambina, su quell'albero, in quel parco, proprio in quella tiepida giornata autunnale aveva cambiato qualcosa in me. Fu come se l'immagine di quella piccola creatura di appena sei anni si fosse proiettata ed impressa nella mia mente come un fulmine, e fosse rimasta li, come una cicatrice, che sbiadisce col tempo e può essere dimenticata, ma che comunque rimane, sempre.
Sinceramente riconosco di non essere mai stata una persona poi così speciale: tutti all'asilo, da piccola, mi davano della pazza, lunatica. Me ne stavo sempre sola in un angolo a disegnare per i fatti miei e, dato che non parlavo con nessuno, tutti credevano che io fossi una persona acida. Anche le maestre cominciarono a preoccuparsi per la mia salute: "Qui i bambini sono soliti giocare tra di loro signora Grace...sua figlia Amanda si comporta in modo strano e personalmente temiamo per la sua salute e per quella degli altri bambini..." ripeteva ogni volta l'insegnante dell'asilo. Mia madre allora rispondeva che io ero semplicemente di poche parole e che col tempo sarei cambiata, ma così non fu. Il personaggio che ormai interpretavo si era impresso nel mio stile di vita, così continuai a comportarmi in modo freddo, fino a quando non mi consigliarono di ritirarmi dall'asilo. Sinceramente parlando la figura della bambina acida mi stava a pennello; per me era quasi divertente interpretare quella parte e onestamente ho sempre pensato che mi appartenesse e che ero fatta per diventare così, ma tutto ciò mi piaceva perchè mi consentiva di vedere le cose sotto un'altra luce, un altro aspetto.
I miei genitori sono sempre stati molto vivaci ed affettuosi con me: da piccola cercavano sempre di farmi ridere raccontandomi storie buffe o imbastendo scenette di bassa qualità, tentando di modificare il più possibile il mio carattere e cercando di addolcirmi in qualche modo. Ma poi capirono che non c'era verso per cambiare quella che ormai era la mia natura, così lasciarono perdere e da allora mi accettano per quello che ero veramente.
Penso quindi di aver ereditato il mio carattere da mia nonna Rose. Purtroppo non ho mai avuto l'occasione di conoscerla bene: all'età di cinque anni, quando morì, i miei genitori mi avevano spiegato che la nonna si trovava in cielo, facendo sorgere mille domande nella mia piccola mente. Allora speravo sempre che venisse a trovarmi qualche volta da lassù,magari facendomi una grande sorpresa o portando qualche pensierino per la famiglia. "Cosa ci vorrà mai per fare un saltellino dalle nuvole?" pensavo sempre arrabbiata ed annoiata di aspettare. Poi,all'età di otto anni capì che nonna Rose non sarebbe mai venuta a portarmi un regalo, ma lo accettai comunque; almeno potevo smettere di aspettarla e mettermi l'animo in pace.
L'unica cosa che ricordo della nonna è che amava leggere, soprattutto le poesie. A dieci anni i miei genitori mi consegnarono un piccolo pacchetto con un grande nastro giallo sopra dicendomi che, effettivamente, un regalo da parte della nonna lo avevo ricevuto. Accanto al fiocco era posizionato un piccolo bigliettino:
"Alla mia piccola Ammy, perchè tu possa diventare una donna forte e colta come lo era tua madre. Spero vivamente che questo piccolo regalino possa tornarti utile più avanti, in futuro. E ricorda: le parole sono il dono più importante che possiedi, fanne buon uso.
Ti voglio bene piccola mia,
Nonna Rose."
...CONTINUA...
Margherita Giletto