i quattro pazzi

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La tranquillità non esisteva nelle turbolenze della vita di Hoseok. Ambigue vicissitudini lo strappavano dall'unico spazio tranquillo capace di regalargli l'intimità di cui aveva bisogno.

Stendendo il tappetino davanti la piccola finestra verticale del loro salotto, immerso nell'ordine volutamente ritrovato, libero dall'arte caotica di Taehyung, Hoseok tentò un riavvicinamento alla sua vera natura.

Incrociò le gambe, appoggiò il dorso sulle mani sulle ginocchia, chiuse gli occhi. La maglietta leggera scivolò sulle spalle, scoprendogli il petto, e i raggi del sole strisciarono sulla sua pelle.

Socchiuse gli occhi. La tensione dei muscoli si allentò. Il respiro smise di affaticarsi. Lentamente, molto lentamente, la mente cominciò a calciare via prima un pensiero, poi due, e infine...

«Perché sei già sveglio? Ah, sei entrato in modalità Buddha.»

Era la sua domenica mattina, necessitava del suo momento.

«Hoseok, i cereali? Li abbiamo già finiti? Ti ho detto di non usarli come patatine mentre guardi i tuoi stupidi quiz show!»

Le narici si dilatarono per espellere rumorosamente l'aria ed evitare di sbottare. «Cosa ci fai ancora sveglio? Sono le otto di mattina.» Il tono algido non distrasse Taehyung, i cui passi pesanti risuonarono avvicinandosi.

«Non ne ho idea. Hai pulito tutto, mh?»

Se fosse riuscito a entrare nella sua dimensione privata, non avrebbe scorto l'ombra di Taehyung muoversi verso di lui e, con un pizzico di fortuna, non avrebbe sentito il tonfo del suo sedere contro il pavimento.

«In altri casi odierei questa cosa, ma c'era troppo caos. Potevi svegliarmi, ti avrei aiutato.»

Hoseok sospirò: rispondergli gli avrebbe provocato solo un miscuglio di rabbia e frustrazione e sarebbe parso debole. E non perché l'obiettivo della sua vita coincidesse con l'ostentare una forza bruta e impenetrabile che no, non avrebbe mai incarnato nemmeno una corazza per difendersi, quanto per non lasciar trapelare il proprio fastidio.

«Sappiamo entrambi che non ti saresti svegliato.» Sussurrò, strizzando le palpebre per non lasciarsi distrarre dalle ombre proiettate sul pavimento. Il primo sintomo di una meditazione fallimentare. «E che non mi avresti aiutato,» perché saresti stato troppo impegnato a disegnare.

«Hai ragione. Sono un casino.»

«Sì, lo sei.»

Si pentì quasi immediatamente delle sue parole, e spalancò gli occhi per fissarli nell'espressione rilassata di Taehyung, colpita dalla luce. Coi raggi del sole, aveva la carnagione meravigliosamente ambrata. Gli sorrise, una risatina trapelò dalle labbra strette.

Esitando, con le guance rosse dalla mortificazione, Hoseok tornò nella stessa posizione di prima. Il buio era meglio degli occhi del suo ragazzo. «E' per questo che mi sono innamorato di te,» aggiunse, mormorandolo.

«Lo so,» la voce stranamente dolce di Taehyung lo fece vacillare. «Come stanno andando le audizioni per "Romeo e Giulietta"?»

L'ennesima scarica di rabbia gli trafisse il petto, che si mosse repentinamente, travolto dal tentativo di placare la propria ira. «Non mi sto preparando per "Romeo e Giulietta', ma per "Faust". Te l'ho ripetuto dieci volte.»

«Giusto, colpa mia. Vincerai sicuramente. Hai talento.»

Cosa sapeva Taehyung del suo talento? Lo aveva visto ballare poche volte e solo agli esordi della loro relazione, tre anni prima. Non aveva assistito al suo miglioramento, ne sarebbe stato capace solo se lo avesse onorato con la sua presenza ai saggi organizzati dall'accademia. Non ricordava nemmeno chi fosse Faust, di cosa parlasse!

COME SIDDHARTA INCONTRÒ TOSCANINI // sopeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora