Capitolo 19 . Ottobre 2017

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Tommaso, bisognava dirlo, non era mai stato in un ristorante di classe. Non ne aveva mai avuto il motivo, del resto. Eppure, si trovò a pensare mentre Greta davanti a lui fissava con aria interessata il bicchiere di vino quasi vuoto che aveva in mano, era contento di essere lì, con quella stupida giacca che Lorenzo gli aveva fatto comprare e quelle stupide scarpe lucide.

Si sentiva come a una festa in maschera. Una festa in maschera collocata in un ristorante chic con lampadari di cristallo, troppe posate e soffitti così alti da far venire le vertigini. Greta, invece, gli sembrava davvero bella, con addosso una camicetta elegante, color blu petrolio, e il polso decorato da un braccialetto dorato. Erano quasi a fine cena e si erano letteralmente rimpinzati fino alla morte con tutto il ben d'Iddio che si erano trovati davanti. 

"Ho come l'impressione di star per avere un bambino - disse Greta - Avrei dovuto ordinare anche il dolce?"

"Chiamalo Giovanni."

"Il dolce?"

"No, il bambino." 

Greta parve molto offesa, alzò le sopracciglia e mise il broncio "E' una lei, comunque."

Rimasero a guardarsi per qualche secondo, poi scoppiarono entrambi a ridere.

Tommaso aveva come l'impressione che chiunque, guardandoli da fuori, avrebbe semplicemente voltato la testa e se ne sarebbe andato pensando che sembrassero due cerebrolesi. E non avrebbe avuto torto, perché era da tutta la sera che non facevano altro che interrompere la loro conversazione, guardarsi negli occhi e iniziare a ridere dal nulla come i più disturbati degli adolescenti. 

Un cameriere ben vestito e impettito li raggiunse, un piattino per mano, e gli diede il dolce. Effettivamente Tommaso stava per esplodere, ma nessuno gli avrebbe tolto quella fetta di torta. Mangiarono in silenzio, e quando ebbero finito, si trovarono entrambi a tossicchiare nervosamente e a non guardarsi negli occhi.

Tommaso non era il tipo che si innervosiva a causa delle donne, o degli uomini. Non lo era mai stato. Eppure si sentiva le mani sudate.

"Dici che, uhm, dovremmo andare?" chiese Greta, con un mezzo sorriso.

"Beh, il cibo è finito. Vuoi anche il caffè per caso?"

"Che? Ah, no, va bene così."

Tommaso aveva realizzato già da un po' di provare qualcosa per Greta. E all'improvviso si sentiva un quattordicenne al suo primo appuntamento. Gli piaceva parlarle, adorava averla attorno, sentirla parlare, per tutto il tempo in cui era stata via non aveva voluto altro che averla vicino a sé. Si sentiva quasi intimidito. Come potesse sentirsi intimidito da una ragazza più bassa di lui di una quarantina di centimetri era un mistero, ma così stavano i fatti.

Andarono a pagare, lui provò a insistere per offrirle la cena ma finirono per dividere il conto a metà. Uscirono fuori, nell'aria invernale, e iniziarono a camminare. Tommaso aveva una quarantina di pensieri che, in contemporanea, gli frullavano in testa. Doveva fare qualcosa, invece sentiva di starsi facendo trascinare passivamente la situazione. Se non avesse fatto qualcosa avrebbe soltanto riaccompagnato Greta a casa e sarebbe finita lì. Non voleva che finisse così, decisamente no.

Voleva... fare qualcos'altro. Normalmente era un esperto nell'arrivare al qualcos'altro ma normalmente non gli importava di qualcuno come di Greta.

"Senti,- disse, sentendosi però esitare - posso parlarti di una cosa?"

E ora? Di cosa voleva parlarle esattamente? Di quello che sentiva. Che cosa sentiva? Ansia, per la maggior parte. Non era quella la conclusione a cui sarebbe voluto arrivare a voler essere onesti.

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