- Chat? - la voce di Marinette è schiacciata dalla tristezza, dall'insoddisfazione. Lo nota che non sta bene, che qualcosa non deve esserle andato bene oggi, ma nemmeno lui è tanto pimpante.
La affianca sulla terrazza, passandosi una mano fra i capelli, non rispondendo al richiamo della ragazza: basta che lei gli stia a fianco per stare bene. Eppure Marinette, che ancora una volta ha perso l'occasione di dire ad Adrien dei suoi sentimenti, è un fiume in piena quella sera: deve sfogarsi con qualcuno e Alya è occupata con Nino.
- Chat. - ci riprova, spostando il suo sguardo sul gatto, che non sembra ascoltare la sua preghiera di aiuto. Lui, che è venuto nell'unico posto che ultimamente possa renderlo felice, ha litigato con il padre per l'ennesima volta.
Sono suo figlio, per la miseria, perché non mi ama?
Non risponde né al suo cervello, né a Marinette, che è costretta a tirargli la coda prepotentemente, pur di fare in modo che quegli occhi verdi si fissino sui suoi celesti.
- Ma... Marinette? - la ragazza sorride, nel verderlo un attimo confuso e con le orecchie abbassate: da quanto tempo non era stato così calmo in sua presenza?
- Che hai stasera, Chaton? - gli chiede, ignorando lei questa volta il richiamo del gatto, - Non sei mai stato così taciturno da quando ti conosco. -
Era Marinette di solito quella che si lasciava trasportare dalle emozioni, che si lasciava cullare dalle provocazioni affettuose del gatto e si faceva tirare su il morale: toccava a lei adesso, mettendo da parte le delusioni amorose, cercare di fare qualcosa.
- Ti sei morso la lingua, Chaton? - riprova ad attaccare bottone, mentre si accorge di aver intavolato una conversazione muta con sé stessa per tutto il tempo. Che lui stesse male, che non si sentisse bene? Si slancia, portandogli istintivamente una mano alla fronte, scostando un paio di ciocche bionde ribelli. Sfiora, con il suo palmo morbido, la fronte del ragazzo che si trova davanti e lui non muove un muscolo, anche se lei nota un leggero movimento della coda. Gli era piaciuto.
E per quanto non sia malato, forse ha bisogno di essere consolato lui questa volta, ha bisogno di una spalla su cui rannicchiarsi. Sposta la mano Marinette e dalla fronte va ad accarezzare i capelli di Chat Noir.
- Sono un po' giù, Marinette. - sussurra poi lui, sedendosi sulla ringhiera.
- Come mai? -
Non risponde, non vuole intavolare una conversazione troppo personale o troppo triste. È venuto lì perché vuole essere felice, è venuto perchè sa che il sorriso lei glielo può regalare sempre.
- Stasera mi andava proprio di vederti, sai? - butta lui giù, lasciando che Marinette possa vedere le sue spalle rilassarsi. Ha smesso di accarezzarlo da qualche minuto, aspettando che lui fosse pronto ad aprire la bocca, per darle la possibilità di aiutarlo. Ed adesso lei sorride, rincuorata che lui l'abbia voluta cercare, che l'abbia desiderata per stare meglio. È un sorriso che Chat non può vedere, soprattutto perché poi ne sarebbe troppo fiero.
- Mi sono detto che volevo andare in un posto che sapesse di casa, così sono venuto qui. Volevo... tu mi fai stare bene. Mi fai sempre stare bene. - non sa se a parlare sia stato il gatto o Adrien, fatto sta che le parole escono veloci dalla sua bocca e non riesce a fermarle in tempo. Da quanto aveva voglia di pronunciarle?
Marinette non risponde, perché qualcosa nel suo petto sta battendo troppo veloce per pensare anche di spiaccicare una parola. Rimane titubante per un attimo, insicura della sua prossima mossa, ma alla fine si lascia trasportare: raggiunge Chat Noir da dietro e lo abbraccia, passando le sue braccia sotto quelle del ragazzo, accostando la faccia alla schiena di lui. Sa, ne è sicura, che lui può sentir battere il suo cuore. Nessuno dei due è capace di parlare, perso nella difficoltà di un rapporto incerto, impilato su un mucchio di cose non dette: perché girandoci attorno non è difficile osservare il volto e le emozioni di Adrien sotto la maschera di Chat Noir e la fragilità e l'imbarazzo di Marinette sotto quella di Ladybug.
Lo sanno, lo sentono entrambi che qualcosa è diverso: sta cambiando. Lui adesso è a casa.
L'anello, che il ragazzo porta al dito, comincia a brillare prepotente, mandando in pezzi qualcosa di unico, ma lui non si lascia spaventare. Afferra le mani di Marinette, per impedirle di andarsene e rimane lì, a godersi quella brezza parigina sul volto.
- Devi andare. - intima lei, cercando di liberarsi da quella presa intima. Adrien sorride amaramente, ma non si muove nemmeno di un centimetro: se lei è davvero innamorata, non ci saranno problemi. Lui adesso è a casa.
- Chat, per favore, ti stai per ri-trasformare. -
- Voglio stare qui con te. - sussurra poi lui, eliminando quell'ultima vena combattiva di Marinette, - Mi fido di te: guardami. -
Un fascio di luce abbaglia la ragazza, che incolla la sua faccia alla schiena di Adrien: lo sente anche lei qualcosa di familiare, qualcosa che tanto ama: l'odore, quell'odore lei sarebbe in grado di riconoscerlo anche ad anni di distanza. Chat Noir profuma di Adrien.
- Marinette, guardami. - le lascia le mani, tornando a poggiare i piedi sul balcone della ragazza, che si è chiusa gli occhi istintivamente.
- Se ti guardo, spezzerei il patto. - sussurra poi, ormai alle strette. È talmente confusa che non si accorge nemmeno del madornale errore che ha appena commesso, ma Adrien sorride dolcemente, cercando di ricacciare indietro le lacrime di gioia. Adesso lui è a casa.
- Non l'hai già rotto dicendo così, M'Lady? -
- Lo hai fatto tu, io sono ancora pulita. - punta i piedi Marinette, facendo quasi ridere Chat Noir, che approfitta della cecità della ragazza, per avvicinarsi a lei.
- Marinette, guardami. -
Apre un occhio lei, uno alla volta. Se lo trova ad un paio di centimetri, tanto che forse all'inizio non riesce a concepire di essere sulla sua terrazza con Adrien Agreste.
- Tu? - sussurra piano, portando una mano alla guancia del ragazzo, accarezzando quella pelle che tanto ha bramato di toccare e di baciare. Lui però, seguendo un piano tutto diverso, azzera le distanze fra i due volti: tocca le labbra di Marinette dolcemente, dandole un attimo di tempo per poter rispondere a quel contatto fugace, nuovo e tanto atteso.
Adesso, lui è a casa.
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Essere a casa.
Fanfiction- Mi sono detto che volevo andare in un posto che sapesse di casa, così sono venuto qui. Volevo... tu mi fai stare bene. Mi fai sempre stare bene. - non sa se a parlare sia stato il gatto o Adrien, fatto sta che le parole escono veloci dalla sua boc...