Capitolo 23 non sentiamoci più

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La luce dell'alba illumina il letto disfatto e gli occhi di lei, infastidendola e svegliandola.
Non si era resa conto di essersi addormentata tra le braccia di lui.
Ed ora, guardando l'ora sul telefono che segna le 6, si rende conto che deve sbrigarsi ad andare via.
Sa che a pochi isolati c'è una fermata del bus che potrà portarla a casa.
E se si sbriga, riuscirà a prenderlo.
Si solleva dal letto, mettendosi seduta, cercando vicino al letto i suoi vestiti.
Cercando di non svegliare il ragazzo con cui ha passato la notte.
Lo guarda di sfuggita, mentre lui la sta cercando tra le lenzuola, le stesse che sanno ancora di loro.
È stata una notte passionale, che le ha donato un po' di pace, facendole dimenticare tutti i suoi pensieri.
L’ha toccata come nessun uomo ha mai saputo toccarla.
E, nonostante sia stato solo sesso, la fatta sentire amata e al sicuro.
Poiché ogni volta che finisce a letto con lui, non riesce a pentirsene.
Perché la fa sentire bene, la fa sentire libera di essere se stessa.
Infila velocemente i jeans, cercando con lo sguardo la maglia.
Ricordandosi che lui gliela tolta vicino alla porta.
"Perché sei venuta da me?"
Gli chiede a brucia pelo lui, facendola voltare di scatto.
Avrebbe preferito andare via prima che lui si svegliasse, proprio per questo.
"Avevo bisogno di sfogarmi.
E non mi sembra ti sia dispiaciuto."
Risponde, recuperando finalmente la maglietta.
Scappando dal suo sguardo con la scusa di cercare le calze.
Perché sa bene che lo sguardo di lui ha il potere di condannarlo.
"Quindi è questo che sono per te?
Un corpo da usare quando ti devi sfogare?"
Parla lui a denti stretti, maledicendo i suoi genitori a poche stanze da lì e quindi di non poter urlare.
Ma lei non vuole ancora guardarlo, come se nulla fosse, continuando a vestirsi.
"Lo sai che tra noi è solo sesso.
Lo sai oggi come lo sapevi due anni fa.
Nulla è cambiato."
Gli ripete lei, dando poca importanza alle loro notti di passione.
Perché non ammetterà mai quanto si sente bene ogni volta che si trova con lui.
Non può ammetterlo.
"Be', a me non va più bene.
Sono stanco di essere un tuo giochino.
Uno stronzo qualunque da usare mentre aspetti un altro.
Sono stanco che vieni a letto con me, per poi dirmi che sei innamorato di lui.
Non voglio più sentirmi così."
Sa bene di ferirla con queste parole.
Ma è davvero arrivato al limite.
Davvero stanco di averla tutta la notte per poi vederla scappare alle prime luci dell'alba.
Ha già sopportato questa situazione due anni fa circa, e non vuole ricadere in questo gioco vizioso.
E lei le sente bene quelle parole, le sente entrargli dentro il cuore come se fossero pugnali.
E si costringe a non mostrare quanto queste parole l'abbiano ferito.
"Allora finisce qua.
Stai tranquillo, non tornerò più a cercarti."
Detto questo afferra la borsa ed esce dalla stanza.
Senza aver bisogno di lui per raggiungere la porta di uscita.
"No, aspetta.
Non volevo dire questo."
La chiama lui, ma è troppo tardi.
Lei è già andata via, lasciandolo solo ancora una volta.
Per l'ennesima volta da quando è iniziata questa cosa, a cui non sa dare un nome.
Se ha detto quelle parole, non è per ferirla.
Ma perché voleva una reazione diversa.
Voleva che lei gli dicesse che lo ama, quanto la ama lui.
Quanto la ama lui da ben tre anni.
Si porta il cuscino sul viso, soffocando un urlo di frustrazione.
Cercando di capire come sia finito in questa schifosa situazione.
È successo tutto quella sera, quella sera di due anni fa.
A quella festa dove lui non voleva nemmeno andare.
Lei era bellissima al centro della pista, mentre ballava sulle note del reggae ton.
Nei suoi vestiti succinti e aderenti, una bellezza che ha attirava gli occhi di tutti.
Lei si vedeva benissimo che puntava ad un altro, che invece ne meno la guardava.
Al contrario di lui che la guardata, la guardata bene.
E ci ha provato in tutti i modi con lei, anche con le battute più stupide.
La serata era finita, con le menti per nulla lucide e loro due in una camera da letto.
Per poi risvegliarsi la mattina nudi e con una emicrania indimenticabile.
Dall'ora si erano visti spesso, molto spesso.
Ma incontri sempre rinchiusi in un letto che fosse il suo o quello di lei.
Bastava un messaggio di lei, una visita in piena notte e lui perdeva ogni buon proposito di resistere.
E fingere che lei fosse sua, baciando quella bocca che sa mentire.
Amando quel corpo che non sarà mai solamente suo.
Non servivano parole, era una questione fisica.
Era uno sguardo che presto diventava passione.
Fottersi solo fisicamente, lasciando da parte i sentimenti.
Ma mentre lui si stava innamorando di lei, lei dimostrava interessi solo per l'altro.
Era una relazione tossica per lui, una dipendenza da lei che gli faceva male.
Perché finché era sotto di lui, era il suo nome quello che lei urlava nei momenti di passione.
Ma poi fuori dal letto nessuna pietà, lei aveva occhi solo per l'altro.
Lui si sentiva un tossico, malato per questo amore non corrisposto.
E ogni volta che era vicino alla guarigione, lei tornava dandogli una doppia dose di veleno.
E si ritornava nel letto, senza pensare a quanto male avrebbe fatto quando lei se ne sarebbe andata.
Era più forte di lui, non poteva resistere.
Forse, non voleva resistere.
Perché quegli attimi rubati, lo rendevano felice, la rendevano sua.
La batosta più crudele è stata un anno dopo.
Quando, non grazie a lei, ha scoperto che finalmente era riuscita a conquistare l'altro.
Diventato la sua pseudo ragazza, dimenticando lo stronzo che le aveva riscaldato il letto fino a quel momento.
Ed è stato circa un anno a guardarla vicino a l’altro.
A sorridere a l’altro.
A baciare l’altro.
E’ stato immobile a guardarla, mentre dentro si corrodeva come se quelle immagini fossero acido.
Lei era uscita dalla sua vita con la stessa velocità con sui era entrata.
Senza pensare a quanto lui potesse soffrirne.
Ma si era rialzato ancora una volta.
Ancora una volta ha iniziato a dimenticarla, a disintossicarsi da lei.
Da quella passione vissuta solo tra le lenzuola.
E, grazie alla sparizione di lei, c'era riuscito.
Si sentiva guarito, pronto a ricominciare a vivere per un'altra donna.
Fino a ieri sera.
Fino a quel maledetto messaggio di lei.
- Sono ubriaca.
Apri che sono giù.-
E alla fine si è reso conto di quanto fingesse con sé stesso.
Di quanto un misero messaggio l'abbia legato di nuovo a lei.
Riaccendendo quell'amore malato che non si è mai spento.
Ma solo assopito, nascosto in profondità sotto pelle.
E le ha aperto senza pensarci su.
La baciata, ricordando quanto fosse bello posare le proprie labbra su quelle di lei.
La amata per tutta la notte, solo per poi vederla andare via.
Capendo che nulla è cambiato da quella maledetta sera a quella festa.
Si solleva dal letto, guardando fuori dalla finestra.
Guardando lei andare via, forse questa volta per sempre.
E stringe i pugni, trattenendosi dal rincorrerla e stringerla a sé, com'è successo troppe volte.
Ma questa volta non lo farà, lo deve a sé stesso.
A tutto l'amaro che ha ingoiato nel vederla di u altro.
Di un altro che sa essere ancora nel cuore di lei.
Mentre a lui dedica solo briciole da raccogliere nel suo letto.
Si allontana dalla finestra, decidendo che è giusto così.
Che è giusto dirle addio una volta per tutte.
Perché questa volta non avrà la forza di raccogliere tutti i cocci del suo cuore.
Le dice per sempre addio, senza sapere delle lacrime che lei sta versando.
Senza sapere il casino che fa scoppiare la testa di lei.
Che cammina a passo lento sul marciapiede, chiudendosi tra le braccia, cercando di nascondersi dal mondo.
Voltandosi per l'ultima volta verso la finestra di lui, trovandola vuota.
Capendo che questa volta lui non ci sarà più.
E si chiede cosa stia succedendo dentro di sé.
Come è possibile amare un altro, ma sentirsi bene nelle braccia di lui, anche se non gliel’ha mai detto.
Come non gli ha mai detti che lui è molto più di una scopata.
Molto più di uno sfogo fisico.
È stare bene, al sicuro lontano da tutti i dolori.
Perché lui c'era quando i suoi genitori si sono separati.
Lui c'era quando a scuola giravano cattive voci su di lei.
Lui c'era quando aveva bisogno di sentirsi amata.
E credeva che per lui fosse lo stesso.
Che anche per lui andassero bene questi momenti tra loro, senza mai capire che per lui era molto di più, almeno fino ad oggi.
E, dopo averlo capito, è ancora più convinta di non dirgli cosa lei provi per lui.
Quanto lui l'abbia fatta sentita amata.
Nonostante sia innamorata di un altro.
Ed è anche per questo che non si volta indietro.
Che decide che è stata l'ultima volta che ha corso da lui.
Perché non può ferire e continuare a usare una persona che gli ha dato tanto.
Una persona a cui vuole bene.
E che perciò non può vedere soffrire a causa sua.
Si allontana da lui, mettendo le cuffie alle orecchie.
Sperando che la musica copri il rumore che sente dentro di sé.
Sorride amara lei, con la musica che rimbomba nelle orecchie, fino al cuore.
Capendo quanto il karma ti sia nemico a volte.
Quanto una semplice canzone sia vera e arrivi crudele al cuore.
Come se fosse il destino a volerle fa sentire ancora di più le gambe tremare.
Quanto ci si possa rivede nelle parole scritte dagli altri.
E lui l’ha portata oltre le sue possibilità.
Amandola e facendola volare, ogni volta che lei ne aveva bisogno.
Togliendole ogni problema di dosso.
E gli ha fatto male, mentre lui gli ha dato solo bene.
E forse la dannato e la fatto penare, diventando il suo inferno.
Ed è giusto così.
Non può fargli male, non a lui che gli ha fatto solo bene.
Ed è giusto così.
Non sentirsi più.

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