non spaventatevi, non sono pazza

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Sabato sera, ore 22:30.
Era di nuovo lì. Guardava dritto negli occhi il suo riflesso nel piccolo specchio del bagno, con un coltello stretto nella mano destra. Le lacrime scendevano copiosamente, calde e leggere come dolci carezze, che in quel momento di dolce non avevano niente, percorrendo le sue rosee guance e cadendo dentro al lavandino di fronte a lei. Sembravano non avere alcuna intenzione di fermarsi, ma lei non singhiozzava, non era lei che lo voleva; un movimento involontario che lei non poteva fermare. Restava lì impalata, con lo sguardo terrorizzato e vuoto, come se non fosse davvero presente, come se non si fosse resa conto che tutto quello che stava vivendo non era un sogno, un mondo diverso da quello in cui viveva. Sembrava che non le importasse nulla di dov'era, cosa stava facendo, o perché, mentre controllava con gli occhi sbarrati quel riflesso così diverso da lei, così calmo, misterioso e malvagio da mettere i brividi, senza alcun segno di pianto, di preoccupazione, d'ansia; era perfetto. Restava lì, rispondendo al suo sguardo con un'occhiata maligna e penetrante, e nonostante destasse così tanta paura, restava comunque bellissimo. E lei era come incantata, con gli occhi fissi su quel riflesso che non riusciva a riconoscere come suo
-Fallo- il riflesso parlò, come se avesse vita propria -A nessuno importa niente di te, e saranno tutti più contenti una volta che l'avrai fatta finita
Aveva una voce bellissima, dolce come quella di una bambina, ma autorevole e sicura come quella di un dittatore. Il suo tono era rassicurante, incalzante, convincente, ma comunque inquietante.
-Avanti, Giuliana forza!
La ragazza restò immobile a fissare lo specchio, incosciente.
-Non vali niente, e lo sai. Chi dovrebbe preoccuparsi della tua morte? Sappiamo entrambi che è la cosa giusta da fare. Il mondo andrà avanti anche senza di te. Sei sempre stata una delusione per tutti, motivo di infelicità; perché continuare a far soffrire il mondo, se la soluzione è così semplice?
Ad ogni frase l'eco che si propagava tutto attorno a lei diventava sempre più forte e ripetitivo; quelle parole la schiacciavano, la soffocavano, la stavano imprigionando e per quanto sapesse che non erano, non potevano essere vere, cominciava a temere che nascondessero comunque un briciolo di verità.
Era davvero bravo; oh, sì, se lo era. L'aveva quasi convinta che l'unica possibile soluzione a tutti i suoi problemi fosse la morte, che non valeva la pena vivere facendo soffrire chi la circondava, le persone che amava.
-Avanti, Giuliana, prendi quel cazzo di coltello e falla finita!!
L'immagine nello specchio stava iniziando ad alterarsi: si era avvicinato con fare minaccioso al vetro sottile che divideva i due mondi, come se volesse oltrepassarlo, superare quel fragile e quasi insignificante ostacolo e finirla con le sue stesse mani.
Giuliana strinse saldamente il coltello nella mano. Sembrava un burattino, comandato a bacchetta da un Mangiafuoco che non aveva neanche bisogno di minacciare di bruciarlo. La aveva in pugno. Il riflesso sogghignò.
-Così, brava...
Poggiò delicatamente il coltello sul petto, continuando a fissare quegli occhi castani che non potevano essere suoi, con la stessa espressione terrorizzata, con lo stesso viso completamente rigato di lacrime tanto da sembrare un fiume in piena, senza capire cosa stava facendo.
Poi finì tutto. Tornò il silenzio, quel silenzio che tanto odiava; Giuliana ritornò in sé, prendendo un'enorme boccata d'aria, come se fosse stata sott'acqua troppo a lungo. Appena si rese conto di quello che era successo, lasciò cadere l'arma il più lontano possibile da lei, cercando di non pensare a cosa aveva rischiato per l'ennesima volta.
Rimase per un po' ad osservare il coltello, come se temesse che potesse magicamente iniziare a volare e trafiggerla, poi alzò lo sguardo verso lo specchio: quel riflesso maligno che fino a pochi istanti prima l'aveva quasi convinta a suicidarsi era scomparso. Al suo posto c'era l'immagine di una giovane donna in lacrime, esasperata e stanca, e con tanto bisogno di aiuto.
- Perché...- sussurrò ad un tratto rivolta al suo riflesso, come se si aspettasse una risposta, la voce tremante ed esausta - Perché fai così?
Alzò la voce, ma niente. Silenzio assoluto.
- CRISTO SANTO, PERCHÉ?!! RISPONDIMI!! PERCHÉ CONTINUI A CERCARE DI ROVINARMI LA VITA??!!!- stavolta fu lei ad arrabbiarsi; le lacrime avevano ripreso a colarle dai suoi poveri occhi stanchi. Non ricevendo nuovamente alcuna risposta, non ci vide più dalla rabbia, e fracassò il vetro dello specchio col pugno più forte che riuscì a dare, per poi piegarsi sul lavandino a piangere disperatamente, scivolare lentamente in terra e stare con la schiena contro la vasca e la testa poggiata al muro, a consumare tutte le lacrime che aveva per poi addormentarsi lì.

Pezzi di una storia che non finirò maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora