NON TI SCORDAR DI ME

310 37 11
                                    

l'inverno, a quanto pare, non pareva mai esserti piaciuto: ricordo come se fosse ieri, maledetta funzione mnemonica, quanto tu imprecassi ogni giorno, ogni fottuto secondo.

e maledivi i santi, i discepoli, le persone e chiunque passasse! certe volte, certe giornate, nascevi di nuovo solo per infastidirmi per i tuoi lunghi monologhi su quanto poco rilevante fosse l'inverno, come stagione.

« fa freddo, » borbottavi, alzando quegli occhietti che tanto amavo al cielo, « fa un freddo cane, jeno! sono stanco, fa freddo. sono arrabbiato. non voglio fare più niente. » e poi ti rifugiavi tra le mie calde braccia, sempre e solo accoglienti per te, come se la loro funzione vitale fosse solo quella di prendersi cura di quell'esserino che i tuoi genitori circa diciassette anni della tua vita avevano creato.

e maledivi anche me, perché l'inverno mi piaceva. 
mi maledivi, mentre suonavo il pianoforte; mentre mi lavavo i denti, canticchiavo una canzone alla radio e mi davi del più insensibile stronzo perché ti trattavo male.

ah, jaemin, piccolo e ingenuo che sei stato: se t'avessi odiato, per davvero, ti avrei lasciato rubarmi il cuore così facilmente, quella fredda e gelida notte d'inverno? te lo avrei lasciato fare, intendo, tutto quel casino che mi scombussolavi non dando mai pace al mio cuore che implorava pace?

in inverno si diventa un po' più pigri, eppure col nascere della stagione natalizia si dovrebbe avere un sentimento d'amore nei confronti degli altri; quello lo possedevano tutti, tranne te.

ti vidi per la prima volta nello sbocciare dei miei diciassette anni, tornavo da una serata per lo più accesa – solita cena della buon donna di mia madre e quel sacripante del compagno, io muto e zitto non potevo fare a meno di sentirli discutere su quanto fossero maledettamente simili – e tra le strade di seoul vidi una piccola anima smarrita barcollante.

sghignazzavi e ridacchiavi, e borbottavi e sussuravi, come il pazzo più folle che io avessi mai visto; a malapena ti tenevi in piedi, i tuoi capelli di un rosa pallido erano un totale caos e sulla tua testolina c'erano delle amaryllis piene zeppe di vita.

« che sciammannato, perché delle amaryllis tra i capelli? » chiesi tra me e me, e nel mentre tu t'avvicinasti, ti diedi una spallata. eri odioso, particolamente con quei fiorellini tra i capelli.

« brrrr, attento! mi fai male.... » ti voltasti, e lo feci anch'io, perché ero curioso e interessato e voglioso di venire a conoscere della faccia di cazzo capace di uscire di casa con dei fiori tra i capelli ( e che ancora camminava ubriaco per strada alle due e mezza di notte, particolarmente se di domenica sera ).

na jaemin, sperai non l'avessi mai fatto. cazzo, jaemin, e ancora oggi me ne pento. e quei maledetti fiori, quasi più maledetti di te, mi fiorirono nello stomaco, quasi facendomi venire un conato per il bordello che mi creasti, anche solo con un cazzo di sguardo.
na jaemin, e sperai non l'avessi mai fatto: sembravi un innocente cucciolo ferito, anche se sapevo bene quanto fosse eristico quel tuo comportamento eppure il mio cuore non poteva fare a meno che battere forte.

« non ti– non ti scusi? mi hai fatto male alla spalla, brutto idiota. » un piccolo broncio era sul procinto di nascere sul tuo dolce volto, e me ne andai, prima di poterlo vedere.
perché eri solo uno sconosciuto, e a rendermi così era stato sicuramente il japanese slipper che avevo bevuto qualche ora prima ( ma, almeno, a differenza tua, sapevo reggerlo bene l'alcool ).

e che fosse per qualche stupido evento mistico, per il karma perché avevo trattato male il vicino qualche tempo prima, ma il giorno dopo ti ritrovai in classe mia.
eri nuovo, na jaemin? che sfortuna, pensai, proprio a me era capitato, soprattutto perché tu decidesti di sedere al mio fianco; perché non andasti dagli altri? chiunque ti voleva.

APPASSIVANO AMARYLLIS SUI CAPELLI DI NA JAEMIN, nominDove le storie prendono vita. Scoprilo ora