Prologo

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Oggi

-E' solo una vittima Patrick!-, urlò Sebastian vicino al letto vuoto di una stanza ospedaliera –Cosa c'è in più? Cos'hai fatto? Cosa ti ha fatto?-, si avvicinò a me, prendendomi per il colletto della camicia azzurra. Quella che mi tolse lei, quella che profumava ancora di vaniglia. La sua preferita, la mia preferita.

-Non è solo una vittima.-, mi dimenai amareggiato, ma rimasi composto –E' speciale, ha qualcosa in più che la rende così...bella.- sorrisi, guardando di lato. Dormiva su un fianco, dandomi le spalle. –Ama la musica, l'azione, sorride poco e arrossisce. Arrossisce tanto e sempre, con due aloni rossi proprio sotto gli occhi, mentre tremola per non mostrare ciò che prova. Si sottovaluta ed è molto insicura, ma è forte al tempo stesso. È tutto, tutto perfettamente montato e incarnato da un angelo.- lo guardai negli occhi, sicuro di me –Ama, ama come solo lei sa fare. Ti tocca, nel cuore, sulle guance, fra i capelli. Ti illumina, si illumina, crea quel poco che manca sempre ad una donna. E ora l'ho distrutta, come in passato, lei non è perduta, ma la state allontanando da me, con cattiveria e, lei, sta impazzendo.-

-Hai distrutto una semplice ragazza. Cosa dovevamo fare? Va contro il protocollo e tu lo sai. Ma sei testardo, stupido e maledettamente intelligente. Hai trovato l'amore in qualcosa di instabile, ed è per questo che vi abbiamo allontanati.-.

Intanto, chiusero la porta della camera di lei dopo esser entrati in quattro o cinque. Feci per girare la maniglia, per correre da lei, per vedere come stesse, per parlarle. Volevo risolvere, amarla di nuovo, più forte di prima, più che mai.

Nessuna mi aveva veramente preso, aspettato e intrigato come fece lei. Nessuna mi aveva messo davanti così tanti ostacoli, così tanti divieti. E io stavo al suo gioco, la rincorrevo e l'avevo presa, era mia. La piccola signora Ross, la mia piccola signora Ross. Sospirai e, con difficoltà, uscii dalla stanza vuota per avviarmi alla porta di fronte. La sua voce, così per i sospiri, era come vita per me, ne sentivo la necessità, ne avevo bisogno.

-Raccontaci, cosa ricordi di tuo padre?-, domandò duramente Sarah, alla mia piccola. Chiusi gli occhi, scommetto che anche lei sta facendo in questo modo, per fuggire e per ricordare allo stesso tempo.

-Non così.- sussurrai col volto contro la porta. Non avrebbero ottenuto più di qualche parola o frase. Respirai profondamente, concentrandomi sulla sua flebile voce.

-Papà era semplice, non amava strafare, soprattutto se con me. Uscivamo i pomeriggi e andavamo a fare un giro per i parchi della Florida o facevamo qualche viaggio per l'America. Io e lui amavamo viaggiare e l'idea che la mamma abbia...- singhiozzò, era così fragile -...Non mi sorprende però, mamma non ha mai amato papà. Lui, invece, amava lei. Potete contarci, a mamma interessava solo l'eredità, non l'amore o le attenzioni di papà.- respirò profondamente –L'ultimo ricordo che ho con papà è di una partita a Monopoli. Ma mamma entrò arrabbiata e iniziarono a litigare, tanto da mandarmi nella stanza a fianco, per non farmi sentire.-

-Tieni Lilith.- parlò Lee, probabilmente le diede un fazzoletto o dell'acqua.

-Grazie agente.- bisbigliò teneramente –Sentii che parlavano di una ricevuta... qualcosa che riguardava anche l'ex marito di mamma e il suo avvocato... di una cosa come 600.000$... non capii molto, in realtà, non me ne intendo di queste cose.-

-Grazie mille Lilith.- si mossero gli altri nella stanza –Per qualsiasi cosa, puoi chiedere a me o a Lee.-

-La prima volta c'era anche Rox, c'ero anche io.- sussurrai distrutto, appoggiando una mano sulla superficie fredda della porta chiara. Come si fa a ripartire da zero.

-Una domanda l'avrei, forse due.- fermò Sarah nella stanza, so che non ha mai amato la compagnia di Lee. Gli altri uscirono, ma rimasi ad origliare.

-Lui come sta?- domandò, probabilmente guardando in basso a destra, come sempre. Io sorrisi ampiamente.

-Sta bene, è sempre il solito Patrick Rox.- ridacchiò Sarah.

-Non sono sempre il solito Rox, non senza di lei.-

-Grazie.- sussurrò –Ringrazi tutta l'unità per il lavoro che sta svolgendo, è molto importante. Per qualsiasi cosa, io sono sempre nella 12 bis.- starà sorridendo, starà pensando a quell'esclamazione stupida ma tenera allo stesso tempo.

Poco dopo, uscimmo dall'ospedale e andammo al SUV posteggiato nel grande parcheggio. Presi il posto dietro, nella speranza di riuscire a dimenticare quelle sue parole. Volevo dimenticarla ancora un altro po', scordarla ancora, per perderla più facilmente, per perdermi più lentamente. Nell'auto c'era un silenzio assordante e la musica alla radio non aiutava di sicuro. I discorsi fra Sebastian e Will erano privi di fondamento e non mi interessavano, Amanda e Sarah parlavano di qualcosa su un programma televisivo e io, semplicemente, non avevo voglia di parlare. Il mare della Florida, azzurro e infinito, si mostrava davanti ai miei occhi del medesimo colore. C'era gente in spiaggia e sorridevano tutti, sia in acqua che fuori, sia amici che...innamorati. Tutto ritorna alla piccola Lily. Avrei voluto urlare, abbastanza da far sentire agli altri cosa provavo e che dovevano farmi tornare da lei. Ma, con difficoltà, devo stare alle scelte del procuratore.

-Patrick poi vai a casa.- concluse Sarah, io mi voltai allarmato.

-Non serve, sto bene.- mentii, non stavo per niente bene –Torno a lavorare in ufficio.-

-No Rox, poi torni a casa.- mi guardò dallo specchietto retrovisore –Prenditi un paio di giorni di riposo, stai palesemente male, avrai un filo di febbre.-

-Sarah evita.- esclamò Smith –E' palese che lui stia male, anche lei stava male e l'abbiamo visto. Ora non girarci attorno, andrà a casa e rifletterà sui trascorsi. Il procuratore deciderà poi in seduta.-

-Hai ragione Amanda. Sarah non devi starci tanto su.- Lee intervenì –Eravate molto carini comunque.-

-Abbastanza da stanziare per primo l'idea di dividerci.- sospirai, guardando fuori –Non ci hai mai appoggiati Lee, non sdrammatizzare così.- e si spense il discorso.

Quando giunsi a casa, mi limitai a prepararmi per la notte e andare a letto. Non è mai stato un luogo importante per me, la casa dico, ma per lei si. Questo posto, caratterizzato da cinque stanze, l'ha amato fin dalla prima volta, facendolo apprezzare anche a me. Lo mettevo pure in ordine. Passai delle notti intere con lei, senza mai trascurare il suo spazio o i suoi desideri. Guardavamo le stelle dalle grandi finestre che c'erano in camera da letto, scherzavamo e ridavamo per ore, per istanti. La guardavo dormire sotto la luce lunare e sorridere appena pacioccavo uno dei suo ricci castani, quando la accarezzavo o la stringevo di più appena si accoccolava a me, sprofondando nel mio petto. Era tutto così intenso, nelle mille sfumature di semplicità e di profondità che potesse avere. Era perfetto perché era lei a renderlo così. La ragazza, amava sentire la mia voce prima di addormentarsi. Amava sentire parole dolci mentre si addormentava, sentire cose fini e con una punta di spensieratezza magari.

Red Love: Patrick Rox & Lilith WhiteWhere stories live. Discover now