Prologo

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La palazzina di appena cinque piani che si erigeva al numero civico diciasette di quella stradina periferica della città di Bologna aveva davvero poco di invitante.
Il prospetto era stracolmo di crepe; l'intonaco, di un sbiadito colore giallo limone ormai tendente al grigio-smog, era venuto a mancare in più punti nel corso degli anni, lasciando che si intravedessero larghe porzioni di mura grezze. I balconcini erano piccoli, di cemento, e le finestrelle, sparse qua e là senza un apparente ordine sulla facciata, erano abbastanza strette e lunghe.

Il cielo era cupo, colmo di nuvoloni grigi che minacciavano di sciogliersi in un acquazzone da un momento all'altro, rendendo ogni cosa in quella stradina ancora più angusta e fredda allo sguardo.
Non c'erano raggi di sole a restituire riflessi illusori di bellezza: sembrava che il giorno stesse cedendo il passo alla notte, concludendo tristemente quella giornata, e invece erano appena le due del pomeriggio.

Alessandro si guardò attorno, notando che il negozietto che ospitava un'agenzia immobiliare sino al mese precedente, quando aveva preso in affitto il suo appartamento, era andato in fallimento. La vetrina che si apriva al fianco del portoncino del palazzo era già abbastanza impolverata e desolata, come se la fine dell'attività avesse segnato anche la conclusione dell'esistenza di quel posto.
Nella strada erano presenti un paio di attività commerciali, per lo più negozietti a conduzione familiare e palazzi bassi, come quello in cui si trovava la sua nuova casa; tutti dai colori resi più o meno delle stesse, tetre sfumature a causa dell'inquinamento.

Il giovane afferrò i manici del vecchio borsone che teneva vicino ai suoi piedi, terminando la sua contemplazione del luogo, seguendo Caterina dentro il palazzo: la ragazza, una sua vecchia amica, gli aveva tolto le chiavi di mano subito dopo essere scesi dall'auto con la quale erano giunti lì, più eccitata di lui all'idea di vedere l'appartamento pronto per essere abitato. Le uniche cose che ancora mancavano in casa le teneva Alessandro con sé nel suo borsone.

Caterina si lasciò scappare un urletto carico di emozione, si volse verso l'amico facendo tintinnare le chiavi, mentre il portone d'ingresso si chiudeva alle loro spalle. Alessandro la vide fare l'ennesimo saltello e i capelli sembrarono animarsi intorno al suo viso, assecondando i movimenti del corpo, dando l'impressione che si agitassero come una piccola onda marina, a causa del loro sgargiante colore blu.
La giovane prese a salire di corsa le scale, arrivando velocemente sul pianerottolo del secondo piano. Alessandro la seguì poco entusiasta, in vero spaventato dall'indole iper-critica della sua amica. La conosceva da troppo tempo per non sapere che, anche nel migliore dei casi, avrebbe trovato almeno cento cose da rimproverargli per la scelta che aveva fatto: soprattutto perché non l'aveva voluta con sé nel fatidico momento in cui aveva firmato il contratto d'affitto.

-Oh mio Dio!- esclamò Caterina, facendo tintinnare ancora le chiavi tra di loro nel tentativo di recuperare quella giusta per aprire la porta di casa.
-La smetti di comportarti come una gatta in calore?- la punzecchiò Alessandro, già infastidito dalla manifesta, e a suo dire, esagerata allegria dell'altra.
-Che c'entrano le gatte in calore? Non ho mica voglia di scopare con te! Sono solo contenta-
-Troppo...- borbottò il giovane.
-Perché sai che hai fatto una gran cazzata?- lo punzecchiò lei, inarcando un sopracciglio e Alessandro scosse la testa.

-È solo un appartamento, Caterì. Un posto dove venire a dormire-
-È un passo importante per te-
-Ho già avuto una casa in affitto e tu non mi sembravi altrettanto entusiasta, allora-
-Perché vivevi in una fogna con gente di merda- Alessandro si strinse nelle spalle, senza contestare quanto lei aveva detto. -Questa volta sarà diverso. Sarai da solo. Puoi fare quello che ti pare! Persino portare uomini senza che...-
Il giovane fece uno strano verso con la bocca, interrompendo il flusso di parole dell'amica: afferrò le chiavi che quella continuava a far oscillare davanti al proprio viso, le diede una spallata e la oltrepassò aprendo la porta di casa.
-Ehi!- protestò Caterina.
-È solo un posto per dormire. Non ci porto nessuno-

NEVER ENOUGHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora